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«Giulio Facchi non può essere un camorrista»

Emergenza rifiuti in Campania negli anni '90 Per Giulio Facchi, nel processo che si sta celebrando a Napoli per smaltimento illecito dei rifiuti e conseguenti danni ambientali e sanitari, l'accusa ha chiesto 30 anni di carcere. Secondo i pm, Facchi avrebbe concorso a operare, consapevolmente, una devastazione ambientale, gravida di danni sanitari, a vantaggio della camorra, senza peraltro ricavarne alcun beneficio personale come ammette la stessa requisitoria. La posizione dei vertici ambientalisti dell'epoca

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 12 maggio 2016

Siamo rimasti sbalorditi, e tuttora increduli, per le richieste di pena della pubblica accusa nei confronti di Giulio Facchi nel processo che si sta celebrando a Napoli per smaltimento illecito dei rifiuti e conseguenti danni ambientali e sanitari.

Non solo per l’incredibile entità della pena richiesta dalla Procura – 30 anni – ma per il personaggio che deriverebbe dal quadro accusatorio, per poter giustificare una simile richiesta: un personaggio che avrebbe concorso a operare, consapevolmente, una devastazione ambientale, gravida di danni sanitari, a vantaggio della camorra, senza peraltro ricavarne alcun beneficio personale come ammette la stessa requisitoria dell’accusa.

Conosciamo Giulio Facchi da molti anni e siamo francamente sbalorditi: quel personaggio camorrista e devastatore non è lui, non può essere lui.

Lo avevamo apprezzato come alacre e competente assessore all’ambiente della provincia di Milano, e proprio in virtù dell’ottima valutazione del suo operato ci apparve una scelta felice quella della sua nomina a subcommissario per l’emergenza rifiuti a partire dal 1999, nel commissariato presieduto dall’allora presidente della giunta regionale campana, Andrea Losco.

Eravamo infatti all’epoca del Commissariamento della gestione dei rifiuti in Campania particolarmente impegnati, per le responsabilità inerenti ai nostri diversi ruoli istituzionali, nelle azioni di contrasto contro la camorra così fortemente presente in quella Regione.

Nei rispettivi ruoli non abbiamo mai avuto notizie, né segnalazioni , né voci relative a rapporti intrattenuti dal subcommissario ai rifiuti Giulio Facchi con la camorra: se vi fossero stati tali rapporti almeno qualche sospetto lo avrebbero suscitato.

Non stiamo sostenendo che non vi potesse essere qualche ditta che si occupava dell’emergenza rifiuti in Campania che potesse essere infiltrata o collusa con la camorra (…). Quello di cui siamo convinti è che Giulio Facchi per storia personale, ambiente di provenienza, caratteristiche culturali e morali e per tutto ciò che sapevamo di lui, non era certo né un camorrista, né una persona che potesse cercare o intrattenere rapporti con camorristi.

Abbiamo anche potuto verificare le enormi difficoltà e le incompetenze che rendevano tanto difficile – sembravano rendere impossibile – l’uscita dall’emergenza dei rifiuti urbani in quel territorio.

Solo dopo anni di commissariamenti con limitati risultati, proprio il Parlamento trasse un bilancio critico di quella lunga fase di gestione di emergenza.

Ma allora, soprattutto durante i primi anni, era opinione diffusa, e continuò a esserlo nel Governo e nella Regione, che non si potesse fare altro che procedere ad un Commissariamento e a procedure straordinarie per cercare di togliere i rifiuti dalle strade.

E’ giusto fare una riflessione critica sugli anni di Commissariamento, ma non ci pare giusto che sia indicato Giulio Facchi quale responsabile di una gestione emergenziale risultata inadeguata e inefficace (…).

In quel primo periodo del Commissariamento, periodo dell’emergenza più acuta che fu definita allora «un’emergenza nell’emergenza», su Giulio Facchi, subcommissario deputato alla raccolta, fu caricato e scaricato il problema dello smaltimento delle centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti abbandonati per le strade di Napoli e di altri comuni della Provincia.

Se errori ci sono stati da parte di Giulio Facchi, essi vanno collocati in quel contesto di eccezionali difficoltà, hanno le dimensioni ricordate nel dibattimento processuale – 40mila tonnellate sue due milioni – e pare veramente difficile pensare che possano essere stati compiuti con dolo, e, ancor di più, nell’interesse della camorra.

Luigi Manconi, già Portavoce nazionale dei Verdi

Gianni Francesco Mattioli, già Ministro delle Politiche Comunitarie

Edo Ronchi, già Ministro dell’Ambiente

Massimo Scalia, già Presidente Commissione bicamerale d’Inchiesta su ciclo dei rifiuti

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