Lavoro

Giorno del giudizio per la Fimer

Giorno del giudizio per la FimerPresidio operaio davanti allo stabilimento di inverter fotovoltaici

Irresponsabilità d'impresa Oggi al tribunale di Arezzo udienza decisiva per l'azienda di inverter fotovoltaici di Terranuova Bracciolini. A rischio quasi 500 posti di lavoro di una fabbrica con prodotti di qualità e buon portafoglio ordini, ma con una proprietà non all'altezza. Presentata un'offerta dal fondo Greybull, proprietario della McLaren.

Pubblicato più di un anno faEdizione del 3 maggio 2023

In ballo ci sono quasi 500 posti di lavoro fra diretti e indotto. Operai specializzati, tecnici e ingegneri di un’azienda che produce inverter fotovoltaici, in prima linea dentro la transizione ecologica ed energetica, con prodotti all’altezza delle richieste del mercato e un rispettabile portafoglio ordini. E’ così un paradosso tutto italiano che alla Fimer di Terranuova Bracciolini, nel Valdarno aretino, il Primo Maggio sia stato vissuto in una sala consiliare stipata di lavoratori e dei loro familiari, insieme ai rappresentanti dei sindacati metalmeccanici e delle istituzioni, ai consiglieri comunali e ai sindaci della zona, alla stessa Regione Toscana. Una dimostrazione di compattezza, con una sola, esplicita richiesta: liberare la Fimer dagli attuali proprietari – la famiglia brianzola Carzaniga – per permetterle di avere un futuro, dopo due lunghi anni di sofferenze non produttive ma esclusivamente finanziarie.

Anche al tribunale di Arezzo, dove lo scorso anno era stato concesso un concordato preventivo per ristrutturare l’azienda in continuità produttiva, hanno perso definitivamente la pazienza. l commissari giudiziali hanno accertato che la Fimer spa ha solo 3 milioni e mezzo di liquidità, che tra pagamento degli stipendi e dei fornitori sarebbero sufficienti a coprire meno di un mese di attività. Di qui il decreto che la scorsa settimana ha posto un ultimatum all’azienda, e cioè accettare di passare la mano all’unico potenziale acquirente che si è fatto avanti. Un nome peraltro rilevante, quello del fondo Greybull, titolare fra le tante della McLaren Applied Techonology, famosa per la sua scuderia di Formula 1.

Quella di Greybull era stata anche la scelta del vecchio cda della Fimer. Ma non della proprietà, che ha cercato di coinvolgere un altro fondo, Clementy’s, poi uscito dai radar. Risultato: oggi al tribunale falllimentare si apre una udienza decisiva, perché i giudici non hanno intenzione di dare altro tempo alla famiglia Carzaniga. O scelgono di vendere a Greybull, così da permettere la revoca del concordato preventivo, o si andrà al fallimento.

“Questa vertenza ci ha insegnato che la realtà può superare di gran lunga la fantasia”. Le parole di Alessandro Tracchi, segretario generale aretino della Cgil, rendono l’idea del clima che si respira in tutto il Valdarno. “Questi lavoratori non si meritano la situazione che stanno vivendo. Non è responsabilità loro se l’azienda è andata in concordato, non sarà responsabilità loro se dovesse fallire. Ci sono eccellenze, c’è voglia di lavorare, c’è professionalità, c’è un mercato, c’è un portafogli clienti. Questa situazione è dovuta unicamente al fatto che chi doveva governare l’impresa non è stato capace di farlo. Siamo di fronte ad una irresponsabilità d’impresa”.

Ancora ieri pomeriggio un emissario di Carzaniga ha cercato un incontro con le organizzazioni sindacali: “Gli abbiamo impedito di entrare nello stabilimento – aggiunge Tracchi – lui è quello che pochi giorni fa ci aveva assicurato che non c’erano problemi con gli stipendi, e che tutto stava andando a posto. Ma nel decreto del tribunale fallimentare è stato scritto esattamente l’opposto”.

Anche oggi, come da settimane, andrà avanti il presidio degli operai della Fimer, sia alla fabbrica che davanti al tribunale, in attesa della decisione dei giudici fallimentari. “Ogni presenza in stabilimento della famiglia Carzaniga o di qualcuno che li rappresenti sarebbe una grave provocazione”, fa preventivamente sapere la Fim Cisl regionale. “Carzaniga sta mettendo in ginocchio un’azienda che ha prospettive, e con essa un territorio intero – aggiunge Valerio Fabiani, consigliere per il lavoro di Eugenio Giani – non glielo dobbiamo consentire”.

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