Internazionale

Giornalisti di Al Jazeera hackerati dal software israeliano Pegasus

Giornalisti di Al Jazeera hackerati dal software israeliano PegasusGli studi della televisione all news Al Jazeera – Malak Harb/Ap

Golfo Lo spyware prodotto dall'azienda Nso Group teneva sotto controllo gli smartphone di 36 redattori e dipendenti della tv qatariota. Secondo il monitor Citizen Lab dietro ci sono l'Arabia saudita e gli Emirati

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 22 dicembre 2020

L’Accordo di Abramo, la normalizzazione tra Israele e i paesi arabi, sta facendo emergere poco alla volta intese rimaste nascoste forse per anni. Tra queste la cooperazione tra aziende israeliane e monarchie del Golfo per la sorveglianza digitale. Grazie ai ricercatori di Citizen Lab dell’Università di Toronto, che vigila sulla sicurezza informatica, è venuto alla luce che Arabia saudita ed Emirati arabi grazie al software di spionaggio (spyware) Pegasus prodotto dall’azienda israeliana Nso Group, hanno hackerato e tenuto sotto controllo gli iPhone di 36 giornalisti, produttori, conduttori e dirigenti della tv qatariota all news Al Jazeera. Riyadh e Abu Dhabi da alcuni anni sono impegnate in un aspro scontro con il Qatar accusato di mantenere relazioni con l’Iran. E ritengono Al Jazeera, canale molto seguito nel mondo arabo, un potente strumento della «propaganda» di Doha.

Lo spyware israeliano ha permesso ai servizi sauditi ed emiratini di ascoltare e registrare conversazioni, messaggi, email, siti preferiti e molto altro di giornalisti e dirigenti della tv. L’indagine è partita dopo che erano state ricevute minacce di morte su un iPhone utilizzato dalla redazione della tv per chiamare i ministeri degli Emirati. Quindi il telefono è stato consegnato a Citizen Lab e si è scoperto che era tenuto sotto controllo, grazie a Pegasus, da operatori negli Emirati e in Arabia saudita. L’indagine, andata avanti per sei mesi, ha accertato che almeno 36 membri dello staff di Al Jazeera sono stati tenuti sotto controllo e che i contenuti rubati dagli iPhone sono stati usati in qualche caso per ricattare i giornalisti, con la pubblicazione in rete di fotografie e altri materiali.

I fondatori della Nso Group Shalev Hulio e Omri Lavie

La Apple si è limitata a comunicare di essere a conoscenza del rapporto presentato da Citizen Lab e che l’ultima versione del suo sistema operativo mobile impedisce di hackerare gli iPhone. Più di tutto ha cercato di rassicurare gli utenti affermando che il Pegasus è usato da alcuni governi solo contro particolari gruppi di persone. Parole che non tranquillizzano affatto i giornalisti, gli attivisti dei diritti umani, i dissidenti e gli oppositori di regimi e governi autoritari e dittatoriali. La Nso afferma candidamente sul sito web che la sua tecnologia è prodotta al solo scopo di «prevenire e indagare sul terrorismo e sulla criminalità per salvare migliaia di vite in tutto il mondo». Le cose non stanno proprio così. Secondo la stampa israeliana, la supervisione sull’uso del Pegasus di fatto è inesistente anche a causa di limitazioni legali e linguistiche.

La Nso è sotto i riflettori già da tempo, in particolare dalla fine del 2018 quando sempre Citizen Lab rivelò che Omar Abdulaziz, un attivista saudita vicino al giornalista Jamal Khashoggi – assassinato e fatto a pezzi nel consolato saudita a Istanbul – era stato hackerato con lo spyware Pegasus. Negli ultimi anni, riferiva qualche mese fa il quotidiano israeliano Haaretz, la Nso ha firmato contratti per 250 milioni di dollari con Bahrain, Oman, Arabia Saudita e gli Emirati di Abu Dhabi e Ras Al-Khaimah. Non fa affari con il Qatar perché il governo israeliano non lo permette. Per l’azienda il Golfo è diventato il suo mercato principale perché le disposizioni per la protezione dei dati e della privacy in alcuni paesi si sono fatte più rigide mentre re e principi arabi sono pronti a spendere fortune pur di assicurarsi questa alta tecnologia di spionaggio. E l’Accordo di Abramo faciliterà questo tipo di «relazioni di affari» e non solo per la Nso.

Le agenzie di intelligence delle monarchie che acquistano il Pegasus riescono ad accedere ai telefoni di oppositori veri e presunti entro poche ore e a esaminare rapidamente le informazioni raccolte in tempo reale. Lo spyware inoltre è in grado di «suicidarsi» se un dispositivo sotto controllo entra in cinque paesi: Israele, Iran, Russia, Cina e Stati Uniti. Lo scopo è evitare di finire nei guai con Stati che combattono e puniscono duramente lo spionaggio digitale all’interno dei loro confini, come Cina, Iran e Stati Uniti. E di impedire che il controspionaggio possa risalire alla fonte dell’hackeraggio.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento