Cultura

Giorgio Bertani, editore indipendente e candido ribelle

Giorgio Bertani, editore indipendente e candido ribelleGiorgio Bertani

Scaffale Tra biografia e ritratto politico, il libro e il docufilm «Verona city Lights» di Marc Tibaldi, per Milieu. Un’esperienza che ha attraversato storia e cultura dei movimenti sociali tra ’68 e ’90

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 9 dicembre 2020

Candido e polemico, proletario e antifascista veronese, intellettuale e organizzatore politico-culturale Giorgio Bertani ha dato il nome a una delle case editrici indipendenti che ha ispirato la cultura e la mentalità dei movimenti sociali tra il 1968 al 1990. Basta sfogliare il catalogo della Bertani editore contenuto nel bel libro-ritratto curato da Marc Tibaldi, Giorgio Bertani editore ribelle, per Milieu edizioni (pp. 143, euro 16,90) e guardare il docufilm allegato al libro Verona city Lights, diretto dallo stesso Tibaldi. Qui sono raccontati la vita e i pensieri in una Verona, e in un paese, molto diversi ma non del tutto estranei a quelli in cui viviamo.

ALCUNI TITOLI danno l’idea del modo in cui Bertani è riuscito a creare una casa editrice innovativa, militante e di grandi ambizioni culturali a livello europeo. È stato l’editore dell’opera di Dario Fo e Franca Rame con Mistero Buffo o Tutta casa letto e chiesa il cui debutto avvenne nel 1977 alla palazzina Liberty occupata a Milano. Grazie a un accordo con l’editore francese Maspero e al lavoro editoriale di Franco Rella e Alberto Tomiolo, il catalogo di Bertani è un viaggio alla scoperta del pensiero critico europeo, in particolare francese. I libri di Deleuze e Guattari in particolare, di Derrida e la riscoperta di Bataille sono stati pubblicati a Verona. Nell’impresa editoriale di Bertani c’è stato spazio per l’intervento militante con materiali che oggi potrebbero sorprendere per la radicalità.

C’è il classico di Che Guevara La guerra di guerriglia che ha fatto, per così dire, scuola; Formare l’Armata rossa curato da Luciano Della Mea e La guerriglia nella metropoli con prefazione di Jean Genet scritto dal gruppo Baader-Meinhof della Rote Armee Fraktion. Nella tessitura della grammatica del pensiero e dell’azione compiuta da Bertani con la sua casa editrice c’è stato spazio per l’inchiesta ecologista Seveso. La guerra chimica in Italia, per la critica al mito della star nella musica, Dylan s.p.a. e la genealogia delle forze dell’ordine in Italia in Polizia 1860.1977 di Gianni Viola. Inoltre emerge un filo rosso che lega l’inchiesta dei gruppi operai della Torino di Gramsci e dei Quaderni Rossi di Raniero Panzieri alla controinformazione di Operai e padroni alla Fiat di Pino Ferraris.

ALL’INSTACABILE attività di editore, e libraio, Bertani ha associato il ruolo di megafono dei movimenti italiani. Questo aspetto è stato evidenziato da Primo Moroni nel volume Geografia della rivolta (Dinamopress). C’è un libro elettrico che illustra perfettamente questa tensione politica dell’editore non priva di rischi a quel tempo. È stato tramandato per generazioni, il titolo è Bologna marzo 1977 fatti nostri, firmato da «autori molti compagni» tra i quali il fisico Carlo Rovelli, veronese e allora studente a Bologna; gli scrittori Enrico Palandri e Claudio Piersanti; Maurizio Torrealta poi autore e giornalista televisivo.

IL RACCONTO di Tibaldi si muove tra biografia e ritratto politico e non va inteso solo come una ricerca di archivio. È un saggio storico su un modello di creazione, organizzazione e distribuzione delle culture e dell’editoria indipendenti al tempo dei monopoli editoriali e distributivi. Quella dell’editoria indipendente non è una storia lineare, ma limitata e sempre in emergenza economica. Talvolta ha aspirato a creare una contro-società dotata di istituzioni culturali autonome. In un momento come il nostro di subalternità, ma non di mancanza di culture critiche, questo libro rivela la persistenza di un punto di vista che si è strutturato al tempo delle radio libere o dell’uso autonomo dei media anche sociali. Bertani è uno degli esempi di questa storia.

IL LIBRO ESPRIME una tonalità malinconica che non si limita a piangere l’utopia perduta e coltiva la possibilità di liberarsi da proibitivi rapporti di potere. È l’intenso racconto di Antonio Moresco sui suoi anni veronesi, contenuto nel libro, ad offrire una chiave di interpretazione: «Dove sono finiti quei ragazzi che si gettavano allo sbaraglio, donne e ragazze in fiamme? – si chiede lo scrittore – La vita è un drammatico esordio, è in atto, non è già data una volta per tutte». Nel lockdown socio-interiore in cui ci troviamo siamo in molti ad attendere un nuovo esordio.

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