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Un Piano B per Salvini. Spunta l’ipotesi Welfare

Un Piano B per Salvini. Spunta l’ipotesi WelfareMatteo Salvini – LaPresse

Governo Il leader leghista inizia a considerare un'alternativa al Viminale

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 30 settembre 2022

Tra le tante grane sulla composizione del suo governo, Giorgia Meloni ha quella di Matteo Salvini che fino a un paio di giorni fa non aveva intenzione di rinunciare al Viminale, convinto che dalla postazione del ministero dell’interno avrebbe potuto ritrovare le fortune elettorali perdute e lo smalto da capopopolo. Lo fa capire con tweet allusivi che hanno ripreso a fare la conta degli sbarchi Ma sono passati cinque anni da quando utilizzò il ministero per fare campagna elettorale, e in mezzo ci sono state la pandemia e la guerra che hanno cambiato le priorità Anche per questo nelle ultime ore avrebbe cominciato a far sapere di poter accettare alternative.

Giorgia Meloni avrebbe detto di potergli dare la delega al lavoro, che potrebbe essere molto importante in tempi di crisi e carovita. Per l’economia FdI punta ancora sul Fabio Panetta, ora al board esecutivo della Banca europea. Agli Esteri potrebbe andare il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani ma si parla anche di Elisabetta Belloni. In questo caso, per Tajani potrebbe esserci la Difesa. Per la Giustizia è pronto Carlo Nordio. Giulia Bongiorno andrebbe alla funzione pubblica. Giancarlo Giorgetti potrebbe diventare presidente della Camera e Ignazio La Russa andrebbe al Senato. Perde punti l’idea di dare la presidenza di uno dei due rami del Parlamento al Pd.

La partita di Salvini si gioca sul doppio livello: ci sono i rapporti con la maggioranza di governo per gli equilibri e le cariche che verranno ma ci sono anche le tensioni interne dopo il deludente risultato elettorale. Il segretario ieri ha radunato i parlamentari appena eletti: un centinaio di persone, gruppi alla Camera e al Senato grazie alla legge elettorale sovrastimati rispetto ai numeri reali del consenso leghista. In oltre un’ora e mezza di confronto, Salvini ha istruito i suoi. Deputati e senatori, a differenza della vecchia guardia e dei presidenti di Regione, sono stati scelti soprattutto tra i fedelissimi. Anche per questo il messaggio che la comunicazione leghista lascia trapelare è in linea con le ambizioni del capo: si auspica che possa «tornare al governo per occuparsi di sicurezza e immigrazione». Ma lui stesso ha smentito che sul tavolo ci sia la minaccia di concedere soltanto un appoggio esterno all’esecutivo presieduto da Giorgia Meloni.

Non cessano i colpi ai fianchi dei suoi oppositori. Ieri Roberto Maroni ha dato seguito al suo messaggio di due giorni fa, quando aveva fatto capire di avere un nome da proporre per la leadership leghista: si tratta di Luca Zaia. Per Maroni, inoltre, Forza Italia e Lega dovrebbero superare le rispettive difficoltà unendosi in una federazione. Il presidente della Regione Veneto ieri era a Trieste. Non ha raccolto la proposta di Maroni ma quando gli è stato chiesto conto del fatto che Salvini abbia scaricato proprio sui governisti della Lega e sui presidenti di Regione le responsabilità del tracollo elettorale ha risposto sarcastico: «È dura guadagnarsi la pagnotta».

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