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Gioco di specchi nella danza

Gioco di specchi nella danzaUna scena da "Reveal" – foto di Brescia & Amisano/La Scala

A teatro Tre importanti debutti alla Scala di cui una prima assoluta

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 17 febbraio 2024

Tre debutti di danza alla Scala tra cui una prima assoluta: è in scena ancora stasera e domenica con il Corpo di Ballo del Teatro il trittico di balletto contemporaneo Smith/ Léon e Lightfoot/ Valastro, un programma giocato sulle differenze di stile coreografico anche nell’approccio alla scrittura del movimento nel suo rapporto con la musica.

Scena da “Reveal”, foto di Brescia & Amisano, La Scala

Apre l’americano Garrett Smith, artista alla sua prima volta alla Scala, che rimonta per dodici ballerini del teatro, otto uomini e quattro donne, uno dei suoi pezzi di maggior successo, Reveal, nato nel 2015 per l’Houston Ballet quando il coreografo aveva 26 anni, a Milano in prima europea. È un lavoro che esplora il contrasto tra estratti di due concerti di Philip Glass, il Double Concerto for Violin, Cello and Orchestra (Parte III) e il Tirol Concerto for Piano and Orchestra (II movimento). Minimalismo esplosivo nella velocità ed energia per il primo estratto, sospesa melanconia per il secondo: una opposizione musicale sulla quale Smith costruisce un gioco di specchi tra bianco e nero, maschile e femminile, pezzi di gruppo, passi a due e passi a tre in sorprendente variazione. Un pezzo dal timbro cinematografico, luci di Michael Mazzola che rischiarano nel fumo il buio, con porte che si aprono sui protagonisti e costumi (autrice Monica Guerra) in cui il contrasto tra lo svelamento del titolo e il nascondimento di sé che convivono nell’essere umano contribuisce a portare lo spettatore in un viaggio di magnetica ambiguità. Due i cast in alternanza nelle serate, giocati su cambi di ruoli che hanno dato volto alle sfaccettature tecniche/espressive dei protagonisti. Resta impresso in apertura l’assolo-prologo minacciato da un temporale uditivo prima che parta Glass: morbido con Martina Arduino, interrogativo con Agnese Di Clemente. Nei due cast sono entrambe in bianco e in punta, prima di riflettersi nel duetto a specchio con il loro alter-ego in giacca maschile: Alice Mariani per Martina, Linda Giubelli per Agnese. Colpiscono le scivolate nello spazio del gruppo maschile, a cui si unisce la ballerina in nero, (Double Concerto), vortice in movimento a cui si contrappone l’estatica rarefazione (Tirol Concerto) del passo a due pieno di lifts con Arduino/Corrado o Di Clemente/Del Freo e il sentimentale quanto virtuosistico passo a tre. Un cammeo anche il pungente passo a due maschile in cui eccelle Andrea Crescenzi in rigido tutù nero e ginocchiere.

Coreografia da “Skew-Whiff”, foto di Brescia & Amisano/La Scala

L’AMBIGUITA’ del rispecchiarsi nell’altro, che è sempre diverso pur se riflesso in passi simili, non ha fine con Virna Toppi a contrasto con Claudio Coviello, lei in tutù, lui che appare e scompare dentro un gigantesco cappotto nero alto come la graticcia. Sofisticata la modalità coreografica con cui Smith lavora su Glass, mai didascalico negli accenti, ma ricco di variabili dinamiche: il modo migliore per danzare il minimalismo. Prima italiana per la coppia di artisti formata da Sol Léon e Paul Lightfoot. La coppia è cresciuta al Nederlands Dans Theater sotto l’ala di Hans van Manen e di Jíři Kylián, Lighfoot ha anche diretto per vari anni la stessa compagnia. Moltissime le creazioni condivise al loro arco: per quattro danzatori della Scala (anche qui i cast sono più di uno) hanno rimontato Skew-Whiff (parola che rimanda al disequilibrio), un loro hit del 1996. Tutt’altra musica per questo pezzo fulminante di comicità: 15 minuti per tre maschi e una donna accompagnati dall’ouverture de La gazza ladra di Rossini. Una sorta di presa in giro del maschio alfa, moltiplicato per tre, più preso dall’istinto che dalla abilità di essere leader, danzante con un’unica donna che forse su tutti è la vincente. Un intermezzo all’insegna del buffo, dove hanno brillato alternativamente Maria Celeste Losa e Alice Mariani (diversissime nello spirito), con Cooper, Ponce, Gramada e i solisti Rinaldo Venuti e Navrin Turnbull.

Coreografia da “Memento”, foto di Brescia & Amisano/La Scala

Simone Valastro, italiano con una carriera come ballerino e coreografo all’Opéra di Parigi dopo la formazione alla Scuola di Ballo della Scala, ha chiuso la serata con la creazione in prima assoluta Memento, musica questa volta giocata sull’alternanza di sette pezzi a firma Max Richter e David Lang ideata dal coreografo. Scenografia di grande effetto (di Thomas Mika) con due rampe, una posizionata nella buca dell’orchestra (la serata è su musica registrata), una sul palcoscenico verso il fondo. 34 i danzatori, guidati da due figure principali, Benedetta Montefiore e Nicola Del Freo, lei dal Corpo di Ballo, lui primo ballerino. Memento è un titolo tratto da un versetto della Genesi, «ricordati, uomo, sei polvere e in polvere tornerai» (memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris) utilizzato come monito per un pezzo che pur non essendo narrativo impagina nella scenografia a più piani la visione metaforica della luce che è concessa all’uomo nel suo stare sulla terra. Come se la salita dalla buca (visibile a pieno dai palchi) fosse l’inizio della visione di un ciclo vitale che scorre verso il fondo della scena per poi ricominciare.

I MOMENTI di gruppo giocano sull’unisono e sul canone (si veda Increase di David Lang), in una corsa dentro la musica che trova riposo dalla folla negli assoli, come quelli con Del Freo e Montefiore, ma anche con il seducente Saïd Ramon Ponce, o nei passi a due di Agostino con Giubelli e di Coviello con Albano. Appaiono nel pezzo, soprattutto nei momenti di gruppo, reminiscenze dello stile di scrittura di Crystal Pite e di Sharon Eyal (quell’andare in mezza punta frontale) in linea del resto con la visione di Valastro della coreografia come una conversazione post-moderna aperta a scambi, contaminazioni, derivazioni. Chiudono Del Freo e Montefiore sulla coinvolgente Simple Song # 3 di Lang, voce del soprano Sumi Jo, dall’album della colonna sonora del film Youth di Sorrentino: un passo a due di forte lirismo. Vivi applausi.

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