Giochi renziani sulla Capitale
Roma Verso il ritiro delle dimissioni del sindaco. Ignazio Marino sta meditando di portare in Assemblea capitolina la «crisi politica» . Ma il Pd rifiuta di partecipare al voto di verifica. E a Orfini, che tenta di blindare il gruppo consiliare, il premier/segretario assicura la riconferma a commissario dem romano. Senza voto in direzione, solo via mail
Roma Verso il ritiro delle dimissioni del sindaco. Ignazio Marino sta meditando di portare in Assemblea capitolina la «crisi politica» . Ma il Pd rifiuta di partecipare al voto di verifica. E a Orfini, che tenta di blindare il gruppo consiliare, il premier/segretario assicura la riconferma a commissario dem romano. Senza voto in direzione, solo via mail
Al voto di verifica in Aula Giulio Cesare su una eventuale mozione di sfiducia al sindaco di Roma, il Pd proprio non vuole andare. Troppo pericoloso lo scrutinio segreto che potrebbe far saltare i piani renziani, troppo mortificante schierarsi dalla stessa parte di Fratelli d’Italia e del Movimento 5 Stelle, il quale non chiede altro per vedere spianata la strada verso il Campidoglio. Ignazio Marino lo sa, ed è per questo che ha preso tempo fino al primo novembre, come prevede la legge.
E ora è quasi ufficiale, visto che a lasciarlo intendere è stata ieri la fedelissima Alessandra Cattoi, braccio destro di Marino da sempre: «Il sindaco sta riflettendo e farà le opportune verifiche». Anche perché, ha aggiunto l’assessora al Patrimonio, «la questione ora è tutta politica: questo scollamento tra città e sindaco è tutto da dimostrare». E allora la soluzione che si prospetta al Pd è una sola, quella auspicata dal segretario Matteo Renzi e caldeggiata dal presidente Matteo Orfini: le dimissioni in blocco dei diciannove consiglieri dem che, come spiega al manifesto il capogruppo Fabrizio Panecaldo (vedi intervista sotto), nel caso si arrivasse ad una verifica in assemblea, usciranno dall’Aula e non parteciperanno al voto.
E a Orfini, che sta facendo di tutto per blindare il gruppo capitolino attraversato invece da pericolosi mal di pancia, è stata assicurata la proroga dell’incarico a commissario dem della Capitale. Però, confidando nelle prossime elezioni amministrative di primavera anche a Roma che il presidente dem tenterà di non farsi scippare, il premier/segretario ha spiegato che non ci sono i tempi tecnici per una riunione della Direzione nazionale e dunque il voto per la riconferma di Orfini dovrà avvenire in via telematica.
Una soluzione che fa scattare la protesta della minoranza dem: «Inaccettabile – sbotta Nico Stumpo – Con tutto quello che è successo negli ultimi mesi a Roma, ci chiedono un sì o un no con una mail? Crediamo ci sia bisogno di discutere di qualcosa e non solo di votare per via telematica. O meglio, ratificare via mail una decisione già presa… Serve una modalità collegiale nelle scelte». E siccome di commissariamenti ce ne sono anche in altre città d’Italia, Enna, Cosenza o Messina, «tra un po’ – ironizza Stumpo – arriviamo ai decreti regii…».
D’altronde la posta in gioco a Roma è molto alta. «Il Pd anziché dimostrare di operare secondo gli interessi generali e collettivi ha di nuovo anteposto i propri interessi di parte – commenta Pierluigi Sernaglia esponente di Possibile, il movimento di Pippo Civati – Orfini, e Renzi, dovrebbero avere il coraggio di ammettere che su Roma hanno innanzi tutto condizionato pesantemente l’azione dell’amministrazione eletta nel maggio 2013, e nel futuro testeranno nuove forme di collaborazione politica, proprio come accade da tempo in Parlamento come testimoniano i vari Verdini, Cicchitto, Bondi».
«Il Pd ha detto che non c’è più fiducia e per questo si è aperta la crisi che è una crisi politica – aggiunge Alessandra Cattoi – La crisi non riguarda le spese di rappresentanza del sindaco, gli scontrini sono una stupidaggine. Quindi credo servano una verifica ed un confronto».
Parole a cui subito reagisce il più renziano degli assessori, Stefano Esposito che anche ieri ha disertato la riunione di giunta, come le altre dal giorno delle dimissioni di Marino. «La vicenda delle spese di rappresentanza non è la causa in sé della crisi. Ma è solo l’ultimo di una serie di errori commessi, a mio giudizio – ha detto l’assessore ai Trasporti capitolino – più che dal sindaco da chi lo ha consigliato. Ed essendo la Cattoi la sua confidente e consigliera politica una parte rilevante di questa responsabilità ce l’ha lei».
È guerra aperta, dunque, piena campagna elettorale. Ma la data delle elezioni non è ancora certa.
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