L’ambientazione è immersa fin da subito in una patina letteraria, romantica, dove si staglia la figura di Jacob Störr (Gijs Naber), capitano olandese di marina mercantile. È la versione cinematografica di «La storia di mia moglie» di Milan Füst (1988-1967), celebre scrittore ungherese dalla vita complicata, candidato per questo romanzo al Nobel per la letteratura nel 1965, un romanzo amato dalla regista Ildiko Enyedi fin dall’adolescenza e che per almeno trent’anni ha cercato di portare sullo schermo. Si avverte nella struttura del film (in concorso a Cannes lo scorso anno) il desiderio di rispettare il testo, senza tralasciare nessun risvolto, in una prospettiva storica e una tensione quasi pedagogica di educazione sentimentale, stemperata dal più classico degli intrecci cinematografici, la storia dell’incontro tra lui e lei. Tutto comincia con un emblematico mal di stomaco, «il male del marinaio» come suggerisce il cuoco di bordo, situazione emotivamente umoristica che consiglia vivamente il matrimonio. Infatti quando giunge a terra comunica la decisione al vecchio amico Kodor, anzi scommette che sposerà la prima donna che varcherà la porta del locale.

Parallelamente, si svolge sottile e sotterraneo un altro elemento, il mondo degli affari,

IL PUNTO DI VISTA del film è sempre quello del capitano, scelta che è stata rimproverata alla regista come non abbastanza contemporanea in tempi di cambiamento di ruoli di genere. Lo spettatore ha tutto l’agio di accomodarsi in questa prospettiva che predomina ancora oggi e rende più interessante il gioco di coppia, perché la regista suggerisce come entrare in una o nell’altra prospettiva, diretta e senza mezzi termini quella del capitano, piena di punti oscuri quella della donna. L’incipit del film, sullo scorrere dei flutti oceanici sottolineare questa linea patriarcale: «Se avessi un figlio che cosa gli direi per accoglierlo in questo mondo?….gli direi del nostro vivere che cerca di controllare l’incontrollabile».

La donna che per prima varca la soglia del ristorante è Lizzy, una parigina fascinosa e sfuggente, emancipata e complessa (Léa Seydoux di Mission Impossible, di La vie d’Adèle e anche Grand Budapest Hotel di Wes Anderson), sa giocare bene, accetta il matrimonio e iniziano a scorrere i capitoletti del viaggio che di sentimentale non dovrebbe avere nulla, ma come in una scommessa va portata fino in fondo. Sono tappe da superare come «La soluzione pratica dei problemi», «Quel labirinto chiamato vita sociale» dove il capitano si inoltra con un’apparente freddezza che fa da controcampo al potere seduttivo della donna esercitato lungamente in società dove altre presenze maschili si fanno notare come accompagnatori (Louis Garrel). Il sospetto del tradimento non abbandona il capitano, la gelosia comincia ad essere la sua vera compagna, corrosiva e senza tregua. Parigi dove hanno deciso di andare a vivere, salottiera e intellettuale è un luogo poco adatto al rigido uomo di mare silenzioso e tutto d’un pezzo, estraneo ai giochi di società. I capitoli del racconto si snodano in successione, visitano città diverse, ruotano intorno alla perdita di controllo, al potere della sensualità, al cercare una inutile verità verso la parabola discendente del rapporto.

MA PARALLELAMENTE al gioco di coppia che lo spettatore può condurre a suo agio (il romanzo è stato paragonato a una sorta di Mille e una notte), si svolge sottile e sotterraneo un altro elemento, il mondo degli affari, che lo scrittore conosceva bene come insegnante di economia. Non sono secondarie quindi le vicende del vecchio amico Kodor che dopo aver sbaragliato gli avversari in affari è ridiventato ricco e potente (un Sergio Rubini perfetto nel ruolo). Parallelamente si racconta il capitalismo dell’epoca tra la fine della prima guerra mondiale e gli anni trenta in cui è stato scritto ed è ambientato il romanzo: il matrimonio borghese così si colloca tra i beni materiali che fanno parte di un contratto di affari, anche se sfuggono a questa logica sia l’inafferrabile Lizzy che il tormentato Jacob, due personaggi affacciati sul secolo futuro.