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Gilet arancioni, Piazza del Popolo del cospirazionismo

Gilet arancioni, Piazza del Popolo del cospirazionismoGilet arancioni in Piazza del Popolo – LaPresse

Roma Centinaia di persone, molte senza mascherina, contro il «governo del terrore» che ha «inventato il Coronavirus»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 3 giugno 2020

Fossero solo gli insulti a Mattarella, ci sarebbe quasi da rallegrarsene. Il capo dello Stato, dall’alto della sua statura, non se la prenderà certo per quelle quattro parole gettate al vento di Piazza del Popolo da un vecchio generale che, come ha detto il sociologo 94enne Franco Ferrarotti, «andrebbe messo al museo». Quel che sicuramente però può turbare il presidente della Repubblica, come ogni cittadino dotato almeno di buon senso, sono le centinaia di persone che ieri pomeriggio si sono assembrate, molte senza mascherina, indossando qualcosa di arancione, tricolori alla mano (e birre, per lo più nell’altra), ad applaudire idiozie che si fa fatica perfino a ricomporre in pensieri. Il prodotto tangibile del ventennio berlusconiano trascorso all’insegna della guerra alla cultura.

«Il Coronavirus è un’invenzione»; «tantissime persone sono state ricoverate perché hanno usato troppo la mascherina» (applausi); «guai a mettere la mascherina ai bambini» (ovazione); «il respiro è sacro» (grida di giubilo). E ancora: il business dei vaccini e Bill Gates («libertà, libertà»); «i cialtroni della sinistra ex comunisti» che «vogliono diventare padroni della nostra vita» («vanno ammazzati quelli», urla qualcuno, e a guardarlo in faccia c’è da credergli); «m’hanno aizzato contro pure Vasco Rossi, i suoi compagnucci» («calma, calma», fa uno, ma è uno).

L’ex generale dei Carabinieri Antonio Pappalardo è inebriato dall’odore del popolo che lo riconosce come leader («ma se entri in politica pure te, giuro che t’ammazzo», gli urla qualcuno dalla ressa, e pure questo non scherza). «Siamo stati costretti a vivere nelle nostre abitazioni come reclusi mentre mascalzoni vendono il nostro Paese alle potenze straniere. Mussolini durante la marcia su Roma non l’ha fermato nessuno, ma a noi ci vogliono fermare, hanno fermato i nostri pullman per non farci manifestare».

Pappalardo vagheggia di «centinaia di persone fermate per non farle arrivare qui», e di «tre nostre piattaforme boicottate sulle quali non riusciamo a pubblicare neppure i video» (devono essere scarsi pure in tecnologia, oltre che in cultura generale). Al suo fianco si alternano persone che avevano già manifestato il 30 maggio con la «Marcia su Roma», piccoli imprenditori, «partite Iva», disoccupati o in cerca di «business», persone che hanno sofferto il lockdown, psicologicamente ed economicamente, o non ci hanno guadagnato a sufficienza. Tutto sommato uno spaccato simile a quello che si era manifestato con i «Forconi» sette anni fa.

Pappalardo cita «esperti internazionali» a gogo, e per farsi prendere sul serio ne presenta uno. Un «grande medico, ricercatore napoletano» che mette in fila mezze verità e intere sciocchezze allo scopo di «invertire il paradigma del terrore», perché «da medico», spiega, «la paura deprime il sistema immunitario». Rivela che sui morti da Covid è vietata l’autopsia ma che grazie ad alcuni medici che l’hanno eseguita è emersa ora la verità.

La folla è variegata, anche se i tatuaggi e le teste rasate la fanno da padrone. Tanti animalisti (soprattutto donne), no vax, «Libertà e sovranità», «Dio onore e patria», «Aspirante immigrata clandestina con reddito di cittadinanza», e così via. Il mood è da periferie, è il popolo della cospirazione. Un imprenditore edile di Teramo mostra un cartello negazionista ma indossa la mascherina: «Mio cugino si è suicidato per il lockdown, sono venuto per protestare, perché non abbiamo visto un soldo. Ero qui anche questa mattina (con le destre, ndr) ma non è che non creda al virus». L’effige di Falcone e Borsellino è la più gettonata, è il santino che li consacra dalla parte della «verità». La distanza dai grillini ortodossi non è affatto siderale.

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