Giappone 1994, astrazioni hip hop
Trent’anni fa, nel 1994, nel pieno della prima diffusione popolare dell’hip hop in Europa, un’etichetta inglese fondata appena due anni prima dal londinese James Lavelle (1974), la Mo’ Wax, metteva sulla mappa del ritmo urbano nato negli Stati Uniti un paese fino ad allora poco considerato in occidente, il Giappone. La pubblicazione di Strictly Turntablized, album di DJ Krush, nome d’arte di Hideaki Ishi, nato a Tokyo nel 1962, infatti, colpì non poco il pubblico occidentale che, proprio in quel periodo, si stava appassionando all’hip hop strumentale: una serie di beat senza i controversi testi dei rapper ma in ogni caso capaci di creare un’atmosfera «dopata» – come si diceva allora – perché spesso notturna e fumosa. Non a caso, all’epoca, veniva anche definito hip hop astratto o trip hop, prima che quest’ultima definizione si legasse indissolubilmente a ritmi simili ma in media più regolari e solcati da voci, spesso femminili.
Strictly Turntablized è un disco in cui i campionamenti e gli scratch si fondono a ritmi oscuri, compresi quei loop perfetti per ciondolare la testa. Si tratta del secondo album di DJ Krush, pubblicato pochi mesi dopo l’esordio solista, Krush, ma, appunto, il primo che lo ha fatto conoscere bene fuori dal suo paese d’origine.
DUE USCITE
Gli stessi suoni cambiano da un disco all’altro: il primo ha ospiti vocali e uno stile a tratti vicino all’acid jazz, questo secondo, invece, non ha aperture a melodie, dunque per i patiti dell’hip hop di allora – spesso tenebroso e quindi molto diverso da quello sempre più pop di oggi – l’ascolto è stato ed è ancora un puro piacere. Non è un caso se dopo queste due uscite, nel terzo album, Meiso, pubblicato nel 1995, il giapponese è stato capace di radunare molti ospiti di rilievo internazionale come i rapper statunitensi CL Smooth, Black Thought e Malik B. dei Roots, ma soprattutto il talento più in vista dell’hip hop strumentale di allora, il californiano DJ Shadow – che un anno dopo avrebbe pubblicato, sempre per Mo’ Wax, Endtroducing……, un album che ha segnato la storia. Da questo periodo glorioso per il «genere» fino a oggi, il dj e produttore musicale originario di Tokyo ha suonato nei maggiori festival musicali internazionali – come Glastonbury, Coachella, Sónar, Roskilde e Montreux Jazz – e ha pubblicato una quindicina di album.
Nel suo ultimo disco, Saisei, uscito a inizio 2024, il suo stile, chiaramente, è un po’ cambiato ma alcuni tratti sono ancora riconoscibili: nei tredici brani, infatti, i ritmi hip hop, anche se interagiscono con sonorità ambient che, a volte, li mettono in secondo piano, ci sono eccome. Poi in due brani i versi di altrettanti rapper sono in giapponese perché opera dei suoi connazionali Chinza Dopeness e Jinmenusagi. Nella prima metà degli anni Novanta un altro dj e producer giapponese, DJ Honda, si era fatto notare all’estero, anche grazie alla capacità di coinvolgere, sin dal suo esordio, molti rapper importanti.
Trasferitosi negli Stati Uniti per vivere prima a New York e poi a Los Angeles, Katsuhiro Honda (1965) ha esordito nel 1995 in patria e nel 1996 nel resto del mondo con h, un album che, musicalmente, documenta bene la golden age dell’hip hop pur ospitando anche artisti di rilievo della vecchia scuola: oltre al compianto Guru dei Gang Starr, Redman e Common, infatti, tra gli altri ci sono anche Afrika Bambaataa, Kurtis Blow e Melle Mel. Sia Krush sia Honda si sono fatti notare per la qualità delle produzioni musicali costruite attorno a campionamenti soul, funk e jazz ma anche per l’abilità tecnica con cui si destreggiavano tra i piatti, soprattutto scratchando. In questa specialità ha spiccato in tutto il mondo un altro loro connazionale, molto più giovane, ossia DJ Kentaro, nome d’arte di Kentaro Okamoto (1982), nel 2002 vincitore del DMC, la più prestigiosa competizione internazionale tra turntablist (i musicisti del giradischi).
Quando si è spostato in studio, Kentaro ha realizzato dei dischi che partono dall’hip hop ma spaziano tra molti generi, come la drum’n’bass, ritmo che, periodicamente, ha coinvolto lo stesso DJ Krush. Un altro produttore musicale che amava spaziare tra varie influenze è stato Nujabes, nome d’arte di Jun Seba, nato nel 1974 e scomparso nel 2010, vittima di un incidente automobilistico. Figlio di un pianista jazz e cresciuto nel periodo in cui l’hip hop conquistava mezzo mondo, Nujabes ha prima di tutto unito queste due grandi ispirazioni ma i suoi campionamenti hanno pescato spesso anche nell’immenso repertorio brasiliano, in particolare tra i brani di artisti bossa nova e MPB. Anche per questo è stato spesso accostato a un altro producer scomparso, lo statunitense J Dilla, come lui nato il 7 febbraio 1974 – caso vuole.
RUOLO CRUCIALE
Nei due album che Nujabes ha pubblicato in vita tramite la Hydeout Productions – l’etichetta che ha fondato – ossia Metaphorical Music (2003) e Modal Soul (2005), non mancano i brani strumentali ma in vari pezzi figurano sia rapper statunitensi che giapponesi (tra cui il fidato collaboratore Shing02, che gli ha reso omaggio a più riprese con un lungo tour dedicato alla sua musica). La fama di Nujabes negli anni è cresciuta in molti patiti occidentali di hip hop, tanto che il rapper di Brooklyn Joey Bada$$ nel 2013 lo ha citato nel testo di 20 Miles Freestyle accostandolo ad altri due storici artisti scomparsi: J Dilla, appunto, e Tupac. Poi nel 2020 Genius, media statunitense nato nel 2009 che si è affermato prima di tutto spiegando il significato dei testi dei brani rap, ha riconosciuto il suo ruolo cruciale nella diffusione del lo-fi hip hop con un approfondimento video disponibile anche su YouTube.
Uno degli eredi di Nujabes è considerato il polistrumentista Uyama Hiroto anche perché ha collaborato a molti brani dell’artista scomparso e ha esordito nel 2008 con l’album A Son of the Sun proprio su Hydeout Productions. In effetti entrambi hanno una forte inclinazione jazz (in Hiroto ancora più marcata, come conferma il suo ultimo disco, Breath of Love, uscito ad agosto) e i loro brani si distinguono anche per una leggera malinconia di fondo a cui è collegata una certa raffinatezza nella fusione dell’hip hop con varie sonorità. A un altro loro connazionale e membro della crew di DJ Krush, invece, è stata riconosciuta una sorta di leadership nella ricerca e nel collezionismo di vinili, qualità che gli sono valse il soprannome di «King of Diggin’»: si tratta di DJ Muro (1970), che ha iniziato come rapper per poi affermarsi come dj grazie a una serie di mixtape pieni di tracce rare e infine anche come produttore musicale (tra l’altro ha firmato la base di un brano con le voci di Ghostface Killah e Raekwon del Wu-Tang Clan, The Roosevelts).
Senza dubbio questi e altri dj e produttori musicali giapponesi non hanno avuto lo scoglio della lingua e ciò ha spianato loro la strada o quanto meno reso la vita meno difficile in occidente rispetto ai loro connazionali rapper, ma tutti gli artisti citati si sono distinti prima di tutto stilisticamente. Nel 2021 DJ Muro ha dichiarato a Wax Poetics: «Da Krush ho imparato molto su come fare la propria cosa, avere un proprio stile. Ho sempre cercato di portare con me questo concetto quando realizzo un mixtape». Ma si tratta di artisti che hanno saputo associare allo stile anche la tecnica e una forte passione.
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