Non c’erano libri per bambini a casa di Gianni Rodari né la madre, di sera, raccontava favole, lei che a sette anni era andata a lavorare in una cartiera e per tutta la vita aveva fatto a pugni con il tempo. Eppure non era un’infanzia anomala, la sua: quella penuria di libri, avventure e romanzi per sognare esistenze diverse attraversava molte stanze dell’Italia di allora, che lottava con l’analfabetismo e la scuola a singhiozzo. Così, alla fine, le favole le ha scritte lui stesso, lasciandole scaturire da azzardi linguistici, errori grammaticali, assonanze divertenti delle parole, ricordi autobiografici. INTELLETTUALE ANOMALO, bizzarramente...