Gianni Amico, ritratto del grande scompigliatore
Raitre «Fuori Orario» propone da stanotte un ciclo dedicato al regista, attore, sceneggiatore, figura «mitica» per cinefili
Raitre «Fuori Orario» propone da stanotte un ciclo dedicato al regista, attore, sceneggiatore, figura «mitica» per cinefili
«Un cinema che aveva piazzato la macchina da presa nel ventre dell’affamato e che non cambiò mai angolazione», diceva Gianni Amico del Cinema Novo brasiliano le cui immagini – dal primo film di Glauber Rocha, quel Barravento (1961) di cui Caetano Veloso mai dimenticò lo shock culturale, con la prima sequenza con la barca dei pescatori neri che approda sulla costa dopo una notte di lavoro – avevano capovolto la sostanza dell’immaginario coloniale e post nel tropicalismo bahiano, in un realismo magico e antropofagico. «Quando il mare diventerà sertao e il sertao mare …»: l’utopia del Brasile che narra finalmente alla prima persona la propria storia. Lui, Amico, lo sapeva bene, appassionato di jazz – come ci dice il suo magnifico Appunti per un film sul jazz con Gato Barbieri – e innamorato del Brasile, aveva portato quei film in Italia nei primi anni Sessanta, al festival del cinema latino americano che organizzava a Genova, e nel sertao aveva girato il suo esordio bellissimo da regista, Tropici (1968) – collaborando poi con Rocha per Il Leone a sette teste (1970).
E L’INTUIZIONE – rivoluzionaria – del sincretismo culturale era la sua libertà di muoversi e costruire relazioni di vicinanza, di prossimità, di amicizia, di scambi e complicità per essere dentro al cinema, per reinventare vita, forme, narrazioni. Avventurandosi tra le «nuove onde» – forse perché era figlio di naviganti – la Nouvelle Vague francese e il New Cinema americano che fece conoscere col lavoro ai festival del Cinema libero di Porretta Terme e alla Mostra del nuovo cinema di Pesaro. Rossellini – con cui aveva lavorato in Era notte a Roma (1960), Godard vicino a quale è in Vento dell’Est (1970). E in Prima della rivoluzione, di cui è sceneggiatore, è lui che parlando col protagonista dice: «Non si può vivere senza Rossellini!». Mentre anni dopo, nel 1983, fondendo le sue passioni /ossessioni in quel laboratorio che fu l’Estate romana di Nicolini – lo troviamo tra gli ideatori di a Bahia de Todos o Sambas, l’esplosione della musica brasiliana a Roma con Caetano Veloso, Gilberto Gil, Joao Gilberto.
QUALCHE BIOGRAFIA definisce Gianni Amico «animatore culturale» ma «scompigliatore» restituisce forse con più evidenza la sua figura «mitica» per cinefili e esploratori degli immaginari di più generazioni, a cominciare dalla scommessa oggi ancora più preziosa di non parcellizzare, etichettare, specializzare. L’occasione per scoprire Gianni Amico – che nonostante la sua centralità nella nostra produzione di immagini continua a essere in disparte – arriva con l’omaggio – nel trentennale dalla scomparsa ma sotto al segno della «vita al lavoro» – proposto su Fuori orario, a partire da stanotte (Raitre, dalle 0.15) – che continuerà nei mesi successivi – col titolo Saudade de Gianni Amico – Appunti, Ritorni, Affinità elettive, curato da Fulvio Baglivi con la partecipazione di Olmo e Valentina Amico, i figli di Gianni Amico, Fiorella Giovanelli, la moglie, e della Cineteca di Bologna. A aprire la programmazione sarà un intervento di Adriano Aprà (Gianni Amico, l’amico), che da storico, critico, organizzatore culturale con lui ha condiviso festival, percorsi, amici, le pratiche del «nuovo cinema» dagli anni sessanta – fu «Cinema&Film» la rivista fondata da Aprà a imporre Tropici come passaggio chiave per un cinema italiano di rottura. E a sua volta Amico lo sostenne nella realizzazione del film di Aprà da regista Olimpia e gli amici (1970), protagonista Olimpia Carlisi.
SI VEDRANNO poi L’inchiesta (1971) sceneggiato insieme a Bernardo Bertolucci e col fratello Giuseppe assistente alla regia, Ritorno (1973), Il Registratore (1975), scritti insieme a Ungari, La strategia del ragno di Bertolucci e infine Le affinità elettive (1979), trasposizione del romanzo di Goethe in tre puntate. Allora si chiamavano «sceneggiati» , forse oggi sarebbe l’equivalente del «tv-movie» ma per capire il senso di questa scommessa basta il cast: insieme a una giovanissima Francesca Archibugi nel ruolo di Ottilia, ci sono attori come Veronica Lazar, Lucia Poli, Paolo Graziosi. Il teatro e le scene underground si fondono nella tv, nello sguardo mai a senso unico che è quello di Gianni Amico.
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