«Un cinema che aveva piazzato la macchina da presa nel ventre dell’affamato e che non cambiò mai angolazione», diceva Gianni Amico del Cinema Novo brasiliano le cui immagini – dal primo film di Glauber Rocha, quel Barravento (1961) di cui Caetano Veloso mai dimenticò lo shock culturale, con la prima sequenza con la barca dei pescatori neri che approda sulla costa dopo una notte di lavoro – avevano capovolto la sostanza dell’immaginario coloniale e post nel tropicalismo bahiano, in un realismo magico e antropofagico. «Quando il mare diventerà sertao e il sertao mare …»: l’utopia del Brasile che narra finalmente...