Giannalberto Bendazzi, Pinocchio e Sailor Moon dialogano tra saggi critici
Libri e disegni Sullo Zibaldone animato di Giannalberto Bendazzi
Libri e disegni Sullo Zibaldone animato di Giannalberto Bendazzi
Se ci si dovesse chiedere chi, oggi, sia lo studioso di cinema italiano più influente all’estero, quantomeno in aria anglofona, più che menzionare certi accademici, non sarebbe sbagliato rispondere con il nome di Giannalberto Bendazzi, autore-curatore di una storia mondiale dell’animazione in continua evoluzione (qualche anno fa ne è uscita l’ultima edizione, in inglese e poi in italiano). Con lui si ha l’esempio di qualcuno che si è occupato tanto di cinema dal vivo quanto di quello d’animazione, e che poi è riuscito a trattare questo secondo argomento attraverso una prospettiva storica in cui non è mai mancata una meticolosa attenzione a questioni poetico-linguistiche.
Zibaldone animato, volume che raccoglie alcuni saggi significativi del nostro, rielaborati per l’occasione, offre l’esempio più recente dell’acume critico di Bendazzi.
Il libro presenta interventi su alcuni casi che sono, da anni, temi ricorrenti nella produzione dell’autore. Come lui stesso scrive, nella postfazione: «Una raccolta di saggi è un’autobiografia professionale del critico. In un certo senso è anche una fonte storica sull’accoglienza di questi da parte dei lettori. Difficilmente uno studioso butta sulla carta come amor l’ispira; quasi sempre fa saggistica d’occasione dedicandosi a ciò che direttori di festival, riviste accademiche, organizzatori di convegni gli richiedono. Nel caso di questa antologia è palese che a me è stato spesso richiesto di approfondire il lavoro su Alexandre Alexeieff & Claire Parker, nonché sull’animazione italiana.» In merito, si può aggiungere che gli animatori italiani di cui Bendazzi parla nel volume sono grandi nomi come quelli di Bozzetto, Cavandoli, Manuli.
Detto questo, sarebbe poi da correggere un poco il tiro, dal momento che il libro – se autobiografia indiretta dell’autore – per chi legge può senz’altro essere qualcosa di più di una serie di studi su determinati creatori. Questo lo si può comprendere attraverso le sezioni dedicate al lavoro pionieristico dei fratelli Corradini, meglio noti come Ginna e Corra, i primi che dipinsero su pellicola. Oppure, si può prendere in esame il pezzo «In teoria, l’animazione», dove si propone una definizione del cinema animato sulla scia di quella che Dino Formaggio ha dato dell’arte. Oppure, l’excursus sull’animazione africana che Bendazzi compie nel testo «L’Africa e la sorpresa», attraverso una ricognizione delle produzioni di diversi Paesi del Continente, tra punti di forza e debolezze. In ogni caso, sono sempre poste in evidenza questioni attraverso cui è possibile comprendere il valore del cinema d’animazione in un contesto più ampio, prendendo in esame la sua origine, non postuma/derivativa ma contemporanea alla pittura astratta; la necessità di una interpretazione storica della sua evoluzione, basata sulle differenze dei contesti e la condivisione di opinioni; la possibilità di produrre nuove rappresentazioni culturali aventi tratti «tipici», come è accaduto per il western americano e la commedia nostrana.
In ultimo, una nota sulla composizione del libro. Fra gli interventi – come intermezzo – Bendazzi si è inventato una serie di scene in cui i personaggi a dialogare sono Pinocchio e Sailor Moon. Un divertimento senza pretese di interpretazioni simboliche, come lui stesso puntualizza. Bene, questi siparietti danno un tocco narrativo sopraffino al libro. Riescono a far emergere un tono ironico, giocoso e poetico che dà vitalità al discorso dello storico. In sintesi, una lezione di stile per chi si occupa di critica, d’animazione e no.
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