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Giancarlo Gaeta e i «tradimenti fedeli»: la figura di Gesù nella storia

Giancarlo Gaeta e i «tradimenti fedeli»: la figura di Gesù nella storiaMarc Chagall, «Crocifissione bianca», 1938

Storia del cristianesimo «Il tempo della fine. Prossimità e distanza della figura di Gesù», da Quodlibet

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 25 ottobre 2020

Nelle pagine conclusive di Giuda, Shemuel abbandona Gerusalemme e la disperazione che incombeva su tutto, senza avere affatto chiaro il proprio futuro. Eppure, nota Amos Oz, egli avverte allora in sé una calda allegria, «come se fosse finalmente libero». Fermatosi in un villaggio sconosciuto, smessa ogni fretta, sta – e in quel sostare, recita la chiusa del romanzo, «domandò a se stesso».

Il libro di Giancarlo Gaeta Il tempo della fine Prossimità e distanza dalla figura di Gesù (Quodlibet, pp. 128, € 14,00) esige un lettore che, come Shemuel, sia stato capace di accogliere l’antico invito a fermarsi e darsi tempo – il tempo di interrogare sé stesso e quanti con più rigore e umiltà hanno prestato attenzione al proprio vivere. Quale che sia l’esito di questa ricerca assidua ed esigente della verità, essa, sostiene Simone Weil, conferirà a chi la pratica una singolare bellezza, che trattiene e spaventa a un tempo chiunque gli si avvicini.

Il libro di Gaeta tratta appunto di questa bellezza riflettendo su Gesù, certo uno degli uomini a un tempo più dolci e inquietanti della storia. La sua missione infatti, ci si dice, ha un «significato di conflitto, di contrasto violento, in definitiva di divisione tale da attraversare tutti gli assetti sociali e financo le coscienze meglio disposte»; propone una lotta «mortale» contro il Satana e le potenze mondane, poste sotto il suo incontrastato dominio.
Il detto che recita: Lascia i morti seppellire i loro morti, nella sua umana e mosaica empietà, esige appunto, tramite «una decisione per la vita e contro la morte», l’esodo dalla mondanità considerata ormai, come «creazione sociale», l’opposto del Regno di Dio.

Dunque, a ragione Gaeta insiste sui versetti che attestano l’istintivo disagio e rigetto che Gesù provoca nei familiari e nei vigili custodi della tradizione che incontra: è fuori di sé, dicono di lui i primi; è un indemoniato, dicono i secondi. L’autorità che rivendica ed esercita risulta inquietante e sovversiva, lo pone tra i pazzi, i marginali. Chi sano di mente e timorato di Dio oserebbe porre al suo interlocutore la richiesta di una resa incondizionata: o con me o contro di me? Resta l’altro volto di Gesù, tuttavia, quello del «Gesù dolcissimo», che passa facendo a tutti del bene e tutti benedicendo. Sì, consente Gaeta, ma aggiunge: beneficando e benedicendo quanti versano nella sventura, invisibili a una società che riconosce solo il prestigio della forza; a chi, posto ai margini della storia, chiede solo che non gli sia fatto del male – cosa che non è di questo mondo.

Gaeta lavora sui testi avendo chiara consapevolezza della loro stratificazione, frutto di memoria e interpretazione di quanto Gesù ha fatto e detto nelle diverse situazioni in cui i discepoli si trovavano a vivere. È proprio l’esame attento di queste successive letture a interessarlo, per ciò che, colte come tali, consentono di dire di Gesù e dei «tradimenti fedeli» (o meno) che di lui attestano, i primi dei molti che i suoi fedeli poi compiranno. Forse qui sta il punto più delicato del suo lavoro, che sembra corrispondere nei giudizi su quei «tradimenti» a un silenzio sul rapporto di Gesù, del Gesù «storico», con il Padre e di questi con i piccoli del nostro mondo.

Comunque, quella «rottura» che egli inaugura, «instauratrice» non di un nuovo ordine mondano, ma di un nuovo modo d’essere nella storia, direbbe Certeau, si accompagna alla difficoltà per chiunque la condivida di tenere insieme disincantato giudizio e viscere di misericordia, vivendo nel mondo e per il mondo senza essere del mondo – un puzzle irrisolvibile quanto fascinoso, dinanzi al quale forse merita arrestarsi e domandare a se stessi che ne sia, che ne possa venire, o da cui forse è giudizioso allontanarsi, scuotendo il capo, come dalla proposta di un pazzo o indemoniato.

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