Giacomo Costantini e Wu Ming 2, ed ecco l’Uomo calamita
Ammanettato e immerso a testa in giù in una vasca di vetro e acciaio da archeologia industriale, l’Uomo Calamita sta per eseguire dal vivo il numero della «Tortura cinese dell’acqua» di Houdini. Il celebre «Re delle manette e della fuga» dichiarò: «Non sarò mai in grado di costruire qualcosa di più pericoloso e difficile da eseguire». Perché il circense sta per mettere a rischio la sua vita? Ce lo raccontano i suoi due autori.
Chi è l’Uomo Calamita, qual è la sua storia?
Wu Ming 2: L’aspetto vero della storia è che il fascismo, ancor prima delle leggi razziali, iniziò a legiferare contro gli spettacoli girovaghi delle etnie sinti e rom. Con le leggi razziali e l’entrata in guerra ordinò di rastrellare e concentrare tutti i circensi e da giugno del ’40 proibì i circhi. Ci sono state brigate partigiane formate esclusivamente da sinti circensi come quella dei Leoni di Breda Solini attiva nella parte settentrionale della provincia di Reggio Emilia e nella provincia di Mantova. Come ci sono stati singoli circensi che magari di giorno facevano spettacoli di strada perché non potevano piantare il tendone e di notte andavano a fare sabotaggi. A Ponte dei Marmi (Vicenza) per esempio, ci fu un eccidio dove fra le vittime ci furono 4 circensi sinti insieme ai partigiani.
Giacomo Costantini: L’Uomo Calamita è un supereroe assurdo che combatte l’assurdità del nazifascismo e della guerra. In realtà è un circense disoccupato perché il suo circo è stato sgomberato. Abbiamo creato un mito che colmasse il vuoto dei suoi superpoteri inutili. Nel suo piccolo, riesce a far paura ai nazifascisti con poteri che oltre che inutili, non si sa se sono veri. Come Wu Ming 2 basa il racconto dosando in modo raffinato ciò che è vero e ciò che diceva la gente, io in scena doso il difficile del circo e l’impossibile della magia: entrambi giochiamo su una terra di confine secondo me molto fertile per la creatività.
Giacomo Costantini è insieme a Fabiana Ruiz Diaz cofondatore e condirettore artistico del Circo El Grito nato nel 2007 e del Sic / Stabile di innovazione circense nato nel 2022, il primo centro internazionale di produzione multidisciplinare dedicato al circo contemporaneo. Artista multidisciplinare, si è formato sulla strada, che lo ha «folgorato» a 14 anni, e ha messo per la prima volta piede su un palcoscenico per uno spettacolo di danza di Lucia Latour. Nel 2001, a 19 anni, è cofondatore del Circo Metafisico, provocatorio, politico, completamente fuori da ogni logica di mercato, ispirato dall’atto poetico di Alejandro Jodorowsky. Nel 2005 entra nel Circo Acquatico Bellucci. Dal suo incontro con Fabiana Ruiz Diaz, strepitosa acrobata aerea di Montevideo, a Bruxelles, dopo aver girato mezzo mondo, nasce El Grito, un poetico «circo contemporaneo all’antica» – contemporaneo per la sperimentazione con la musica, la danza, il teatro, l’opera, la letteratura… e antico per il fascino della strada e del tendone, per l’artigianalità, per essere fatto da una famiglia allargata. Wu Ming 2 fa parte di Wu Ming che fa parte della Wu Ming Foundation, «un collettivo di collettivi (di collettivi, e così via)».
Nel 1999, a 25 anni, partecipa alla scrittura del romanzo Q firmato Luther Blissett, un «nucleo di destabilizzatori del senso comune» che l’anno dopo «si suicida» e rinasce come Wu Ming. Wu Ming in cinese significa «senza nome» e così si firmano molti dissidenti cinesi. Firmarsi «senza nome» implica sia il rifiuto dei meccanismi che trasformano gli scrittori in divi – i membri del collettivo non appaiono né in foto né in video ma solo «in carne e ossa» (le poche immagini che si trovano in rete non rispettano la loro decisione) – sia del copyright a favore del copyleft. Nella sezione «e-book al popolo!» del sito della Wu Ming Foundation i loro libri, dopo qualche tempo dalla pubblicazione, sono scaricabili gratuitamente. Quando scrivono o partecipano individualmente ad altri progetti, come in questo caso, lo pseudonimo è seguito dal rispettivo numero. Da bambino Wu Ming 2 non amava il circo, che lo intristiva e che ha completamente riscoperto grazie a El Grito. L’idea dello spettacolo L’Uomo Calamita inizia a circolare fuori dalla testa dei suoi due autori a fine 2013 e la sua forma embrionale è stata messa in scena nel 2017.
Il circo è apparso più volte nella letteratura, ma l’opposto è una novità. Mi raccontate del vostro eccentrico incontro?
Wu Ming2: Non conosco scrittori che vanno a leggere testi sotto a un tendone. Ci siamo conosciuti in uno dei miei laboratori di narrazione, non di scrittura creativa ma su come si racconta una storia, una decina di anni fa. Giacomo mi colpì perché voleva capire come applicare le strutture narrative al circo. Da lì è iniziata la nostra sperimentazione. Mi ha convinto l’idea di far evadere un testo letterario dai luoghi anche bellissimi – librerie, teatri, sale conferenze, festival – di solito preposti alla letteratura. Il circo non ha un pubblico selezionato, soprattutto quando è sotto al tendone nel prato vicino a un paese la gente va a vederlo anche senza sapere quello che contiene. Mi fa incontrare pure persone che non andrebbero in libreria e non leggerebbero un libro, e per me questo è grandioso.
Giacomo Costantini: Mi permetto di precisare che non solo non si fanno reading sotto a uno chapiteau, ma soprattutto non ci sono altri scrittori che diventano circensi amalgamando completamente il loro linguaggio con quello dello spettacolo. Il nostro è un esperimento nuovo e estremamente fecondo. I Wu Ming sono i miei supereroi letterari preferiti. Ho partecipato a un loro laboratorio per acquisire strumenti indispensabili per la narrazione che mancavano al circo, che è evocativo. Ho scoperto che lo schema del viaggio dell’eroe (sviluppato dallo sceneggiatore Christopher Vogler e basato sugli studi dello storico junghiano Joseph Campbell) funziona anche col linguaggio evocativo, ed è diventato il modello che uso sia per lo spettacolo nella sua interezza e nei singoli numeri, che per la musica che compongo. Nell’Uomo Calamita il risultato è evidentemente più della somma, e il terzo addendo, al pari del circo e della letteratura, è la musica. In scena ci sono tre personaggi: il circense, il letterato e il musicista Cirro, Fabrizio Baioni, che sfoga su una batteria dub cattiva tutta la rabbia accumulata da quando i fascisti hanno ammazzato suo fratello.
E del vostro funambolesco equilibrio fra narrazione storica e fantasia?
Wu Ming2: È quello che stiamo sperimentando di più nei nostri libri negli ultimi tempi. Ibridiamo riferimenti al reale del passato e del presente – presi direttamente da archivi e fonti – con elementi di fantasia resi verosimili perché impastati con gli altri – e spesso costruiti facendo riferimento a fonti a loro volta fittizie. Nel nostro ultimo libro Ufo 78 (ora in libreria) c’è una bibliografia di libri finti che fanno da fonti alle parti fittizie del libro. Nel momento in cui qualcosa sembra reale, ciò che attraverso la fantasia si dice in maniera metaforica arriva più forte perché il lettore o lo spettatore non è dietro quello schermo che innalza di fronte a qualcosa di evidentemente finto. Questa confusione, che non creiamo in un articolo di giornale dando una presunta notizia, ma in un romanzo o in uno spettacolo, rende più attivo il lettore o lo spettatore. L’Uomo Calamita rientra perfettamente in questa nostra sperimentazione. I suoi spettatori, grazie a una storia di fantasia, si fanno delle domande e magari scoprono delle cose vere che non conoscevano, come la partecipazione di rom e sinti alla Resistenza, che era italiana ma in senso più ampio perché dentro c’erano tante anime di provenienze differentissime.
Giacomo Costantini: Tutti gli autori che insieme ai Wu Ming mi hanno formato come essere umano, Jodorowsky, Calvino, Márquez, Murakami, Fellini, nel reale inseriscono l’elemento magico. Io sono assolutamente attratto dal rapporto tra il soggetto narrativo, il circo, la musica e la magia e intendo continuare a esplorarlo. Non so se sarebbe così senza l’incontro con i Wu Ming, ma questa è diventata e sarà a lungo la mia cifra stilistica.
Harry Houdini era ebreo e i suoi numeri erano affronti alle autorità di un mondo ferocemente antisemita. Wu Ming 2 dice che «nel numero della Tortura cinese dell’acqua» la vasca e i suoi strumenti di contenzione simboleggiano il fascismo: l’apnea richiama i vent’anni di regime, e le manette e la tortura sono gli strumenti che utilizzava con gli oppositori politici». Riuscirà il supereroe assurdo a liberarsi e uscirne vivo? Lo scopriremo oggi e domani pomeriggio all’Auditorium Parco della Musica di Roma. L’Uomo Calamita chiude la rassegna OPS! prodotta dal Sic / Stabile di innovazione circense iniziata il 3 gennaio nella stessa Sala Petrassi.
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