Roberto Ghiselli, da pochi mesi presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps, avete da poco approvato il Bilancio di Previsione 2023: assieme all’atteso disavanzo, spicca la stima sul patrimonio dell’ente, che dovrebbe scendere di ben 5 miliardi, arrivando a 11,7 miliardi.
Da tempo siamo davanti a una tendenziale erosione del patrimonio Inps che ad esempio nel 2010 viaggiava sui 48 miliardi. Il disavanzo previsto per il 2023 evidenzia la non corrispondenza fra i costi per l’aumento delle funzioni gestite dall’istituto, e i trasferimenti garantiti dallo stato. Serve un’inversione di tendenza per consolidare patrimonialmente l’istituto. Ovviamente questo non pregiudica affatto la capacità di garantire le prestazioni dovute alle persone, ad iniziare dalle pensioni.

Roberto Ghiselli, presidente del Civ dell’Inps

All’aumento fortissimo di funzioni e servizi gestiti dall’Inps – dall’Assegno unico al Reddito di cittadinanza, ai tanti bonus – non fa da contraltare un aumento del personale. I problemi che denunciava riguardano anche i costi di gestione e del personale?
Assolutamente no, tutt’altro. Al proliferare di funzioni e servizi non fa da contraltare un aumento del personale. Anzi, per effetto del disallineamento fra uscite e nuove assunzioni, siamo davanti a un drastico ridimensionamento. L’organico dovrebbe essere di 29.600 dipendenti mentre a oggi siamo meno di 24 mila. Ne mancano almeno 5 mila, in particolare funzionari ma anche alcune professioni, come i medici per certificare le varie invalidità, su cui stiamo accumulando pesanti ritardi: le 180 assunzioni fatte a luglio sono certamente insufficienti. Mancano anche avvocati e informatici. A fine 2022 si è completata la selezione per 1.800 funzionari che verranno assunti nei primi mesi dell’anno, ma servirebbero tutti i 5 mila risultati idonei al concorso.

L’avvento del governo Meloni e l’annunciato spoil system rischiano di affrettare la sostituzione dei vertici dell’Inps. Molti esponenti di Fratelli d’Italia parlano di un parere dell’Avvocatura dello stato che anticiperebbe di un anno la scadenza dell’attuale presidente Pasquale Tridico rispetto a quello di tutto il cda, dal quale si è dovuto dimettere il marito della ministra Marina Calderone. Così invece si concretizzerebbe ad aprile l’occasione per piazzare tanti esponenti di destra all’Inps.
Non conosciamo i contenuti del parere dell’avvocatura che immagino verranno esplicitati nel momento in cui il governo dovrà eventualmente decidere rispetto all’assunzione degli atti di sua competenza. In ogni caso l’Inps non può essere considerato uno strumento della politica, come troppo spesso invece è stato fatto anche nel passato.

In che senso? Si riferisce all’uso che i vari governi – anche sedicenti di sinistra – hanno fatto dell’Inps in questi anni?
L’Inps è un patrimonio del paese ed è la principale istituzione sociale che deve garantire ai cittadini e alle imprese le prestazioni e i diritti previsti dal legislatore, con efficacia e tempestività. Quindi è necessario consentire all’istituto di lavorare in stabilità e la fisiologica scadenza del mandato dei suoi organi, nella più totale trasparenza, dovrà essere quella prevista dalle norme. Ricordo che comunque è il Civ ad avere la funzione di indirizzo e vigilanza sull’attività dell’Inps.

La legge di bilancio, se da un lato non affronta una riforma organica della legge Fornero, dall’altra rischia di creare confusione ai pensionandi.
La legge di bilancio con gli ulteriori cambiamenti per il solo 2023, con la nuova Quota 103 e le modifiche a Opzione donna rischia di creare incertezza a chi attende di poter andare in pensione. È positivo che la ministra del Lavoro abbia dichiarato di riaprire il confronto con i sindacati: sarebbe importante arrivare al più presto a una riforma che finalmente dia stabilità, flessibilità e maggiore equità al sistema. L’Inps invece potrebbe diventare il punto di incontro tra le politiche passive (che ora gestisce) e le politiche attive del lavoro, ora troppo frammentate tra tante istituzioni.