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Ghemon e la fragilità che va oltre gli stereotipi del rap

Ghemon e la fragilità che va oltre gli stereotipi del rapGhemon

Sanremo 69 Il cantautore campano porta in gara «Rose viola» - oggi nella serata dei duetti saranno con lui sul palco Diodato e i Calibro 35: «Credo che la sensibilità e il sesso non devono andare per forza di pari passo»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 8 febbraio 2019

«C’è un modo di dire campano che è ’Chi nun tene coraggio nun se cocca cu ’e femmene belle’ (Chi non ha coraggio non fa l’amore con le belle donne)». Ghemon esordisce così per parlare della sua Rose viola, brano in gara a Sanremo che racconta il punto di vista femminile quando l’amore non è né all’inizio, né alla fine ma in un limbo di rincorse e abbandoni: «Ho sempre trovato che nel rap, il mondo dal quale provengo, e che continuo ad amare tantissimo, non ci sia questo coraggio. La fragilità di solito viene scambiata o per debolezza, o probabilmente per una sessualità un po’ fluida, ma credo che la sensibilità e l’eros non per forza devono andare di pari passo. L’universo femminile è per me sogno e ispirazione ma anche mal di testa e ho sentito di dover trovare il coraggio di immergermi, come uomo, e far capire che esiste un altro modo di raccontare la donna, rispetto agli stereotipi machisti del rap. A livello semantico mi interessava dare più chiavi di lettura».

UNA SCRITTURA che, nel caso del cantautore campano, si è arricchita, soprattutto nell’ultimo periodo, anche grazie a un percorso di terapia dopo una forte depressione, raccontata nel disco precedente Mezzanotte: «Ho utilizzato la musica a scopo terapeutico. L’analisi influisce sulla tua percezione delle cose e sulla maniera in cui scrivi, arrivi più velocemente a trovare la frase o la chiave di un brano. In questo momento preciso mi piace ’paragonarmi’ allo scratch, quello che facevano i dj nel rap negli anni ’90. Non parlo di suoni ma di fraseggio. Lo scratch è il concetto a cui penso di più adesso quando compongo. La frase deve essere equilibrata e rapida.» Inevitabile domandargli cosa è rimasto di quel mondo rap e hip-hop che l’ha visto nascere ma che, a ondate, sembra allontanarsi per poi ritornare: «C’è questa ambivalenza sì, ma posso dire che oggi ho una gran voglia di rappare e questo viene dal fatto che prima tendevo a rifiutare il mio passato perché volevo unicamente imparare la melodia ma pensavo di non essere proprio capace fisicamente. Ed era un vero dramma che mi allontanava dal rap».

SPIEGA che abituarsi al suono della «sua voce» non è stato semplice, anzi: «Ora che questo sogno, non solo lo sto realizzando, ma finalmente mi rende libero, non penso più ai miei bisogni di riconoscimento perché queste mie due sostanze vitali, il rap e la melodia, si sono equilibrate. Dopotutto per me l’hip hop è come respirare. Se a chi leggerà potrà essere utile lo dico: tutte le fasi intermedie della vita, da bozzolo a farfalla, fanno veramente male, speri ma non credi mai che potrai diventare una farfalla. Poi però qualcosa ti sblocca e quello che volevo liberare dentro me era proprio l’essere versatile». Per Ghemon nessun disco di prossima uscita, anche se sta lavorando da tempo su nuove tracce: «Finito il tour estivo di Mezzanotte, sono entrato subito in studio visto che il mio motto è’Scegli un lavoro che ami e non lavorerai mai’ e poi è arrivato Sanremo, questo meraviglioso incidente, che ha richiesto un’attenzione particolare».

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