Export record, Germania nel mirino di Bruxelles
Berlino rischia la procedura di infrazione Dopo gli Usa, anche l'Ue emette critiche alla persistenza dell'avanzo commerciale tedesco, che importando domanda, penalizza i partner e la zona euro. Oggi a Parigi il Forum sull'occupazione giovanile in Europa con Hollande e Merkel
Berlino rischia la procedura di infrazione Dopo gli Usa, anche l'Ue emette critiche alla persistenza dell'avanzo commerciale tedesco, che importando domanda, penalizza i partner e la zona euro. Oggi a Parigi il Forum sull'occupazione giovanile in Europa con Hollande e Merkel
Oggi, Angela Merkel, che sarà a Parigi per l’apertura del forum europeo sull’occupazione giovanile, potrebbe approfittare dell’occasione per rispondere alle inquietudini dei partners sull’eccedente commerciale della Germania, che a settembre ha battuto un nuovo record, 20 miliardi di euro, oltrepassando quello del giugno scorso (19,4 miliardi). A settembre, rispetto allo stesso mese del 2012, l’export tedesco è salito dell’1,7%, mentre l’import è diminuito dell’1,9%, l’Fmi prevede che l’eccedente commerciale tedesco sarà di 159 miliardi di dollari quest’anno, paragonabile a quello cinese.
Secondo Die Zeit, la Commissione europea, che esaminerà il caso mercoledì, potrebbe addirittura aprire una procedura di infrazione contro Berlino e mettere il paese sotto sorveglianza macro-economica per eccesso di avanzo commerciale. Difatti, lo squilibrio commerciale a favore della Germania, che dal 2007 è maggiore del 6% del Pil e, secondo l’Fmi, dovrebbe continuare con questo ritmo fino al 2015, pesa negativamente sulla situazione della zona euro, rendendo ancora più deboli i paesi in crisi. Olli Rehn, commissario agli affari monetari, ieri ha cercato di gettare acqua sul fuoco, affermando che Bruxelles auspica un’uscita “winner-winner” per la Germania e la zona euro. Per la Commissione, Berlino dovrebbe agire per creare condizioni, in particolare fiscali, che permettano una crescita della domanda interna. La Germania è in situazione di sovrapproduzione e, per collocarla, “importa” domanda dagli altri pesi, in particolare da quelli periferici in crisi. Un riequilibrio, per Rehn, “rafforzerebbe le performances economiche e la prosperità” della stessa Germania, dove tutto non è rosa: secondo gli ultimi dati disponibili, del 2011, un tedesco su sei vive al di sotto della soglia di povertà (980 euro al mese per un celibe), 13 milioni di persone sono in questa situazione, pari al 16,1% della popolazione, una percentuale in crescita negli ultimi anni. Un riequilibrio, per Rehn, “avrebbe un impatto positivo significativo sull’economia dell’eurozona”, che sta pagando con un’impennata della disoccupazione la corsa al miglioramento della produttività imposto dall’austerità. La disoccupazione giovanile è ormai un’emergenza enorme.
François Hollande ospita oggi il Forum europeo, promesso mesi fa assieme a Angela Merkel. Anche Mario Draghi, il 7 novembre scorso, ha accennato al disequilibrio tra nord e sud dell’Europa, ma ha comunque messo in guardia: la correzione va fatta, “ma senza indebolire il più forte”. A criticare l’eccedente tedesco a chiare lettere sono stati gli Usa, che hanno sottolineato i rischi di deflazione che corre la zona euro. Questo ha spinto la Bce ad abbassare i tassi allo 0,25%, nella speranza di dare un po’ di fiato all’economia. Ma la Germania, finora, ha sempre respinto le critiche e proseguito la politica mercantilista, che di fatto si equipara a un protezionismo mascherato.
Un’eventuale correzione tedesca, cioè un aumento dei salari per rilanciare la domanda interna, non sarà pero’ sufficiente. Bruxelles fa pressioni anche sulla Francia, perché acceleri le riforme. Il downgrading della Francia da parte dell’agenzia di rating S&P, l’8 novembre, ha causato l’abbassamento immediato anche del rating del Fondo europeo di stabilità finanziaria, per il semplice motivo che Parigi ne è un importante azionista.
Ieri, malgrado la crisi causata dalla rivelazioni di Snowden sullo spionaggio del datagate, sono ripresi i negoziati tra Ue e Usa in vista del trattato di libero scambio, la “Nato del commercio”, che secondo Washington abbattendo le barriere non doganali, omogeneizzando le norme, potrebbe favorire la ripresa e la creazione di più di 700mila posti di lavoro oltre-Atlantico e, si spera, almeno altrettanti nella Ue.
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