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Gerardo Marotta, l’avvocato della speranza

Gerardo Marotta, l’avvocato della speranza

Il ricordo La foto ritrae Gerardo Marotta e me con lui, dinanzi al portone ancora chiuso del palazzo Serra di Cassano. È il 1994 e Gerardo sta aspettando che gli venga passata […]

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 31 gennaio 2017

La foto ritrae Gerardo Marotta e me con lui, dinanzi al portone ancora chiuso del palazzo Serra di Cassano. È il 1994 e Gerardo sta aspettando che gli venga passata la pesante e antica chiave per riaprire il catenaccio che da quasi due secoli tiene sbarrati i vecchi battenti di legno. A decidere di chiuderlo – e di riaprirlo solo quando e se Napoli fosse diventata libera – era stato il Duca Serra di Cassano affranto perché sulla Piazza del Mercato il giovanissimo figlio Gennaro era stato appena decapitato assieme agli altri rivoluzionari giacobini dopo la sconfitta del 1799.

In quel palazzo di Montedidio da più di vent’anni aveva trovato sede l’Istituto Italiano di Studi Filosofici voluto e gestito dall’avvocato Marotta, che ne è stato, sin dall’inizio, presidente. Era lui che aveva ritenuto giunto il momento di riaprire il portone, mai usato dal 1799 (si entrava da una porta minore) che il Duca aveva dichiarato dovesse esser riaperto solo e se Napoli fosse stata finalmente liberata.

Così era: dopo decenni di corrotte giunte di destra era stato eletto un sindaco di sinistra, Antonio Bassolino. Che infatti, riaperto il varco, entrò con la fascia tricolore a tracolla, alla testa di un corteo di popolo esultante, invadendo le sale sontuose del Palazzo. (Era così popolare che la sua statuina troneggiava sempre fra quelle del Presepe esposte sulle bancarelle dei vicoli).
A raccontare questa storia oggi sembra siano passati secoli, tante ne sono successe nel frattempo. Ma penso sia bello ricordare sul manifesto Gerardo Marotta in quel momento di ottimismo e speranza.

È stato già scritto su questo giornale, e lo ha ripetuto il sindaco attuale De Magistris, che la scomparsa tre giorni fa di Gerardo Marotta rappresenta una grande perdita per Napoli. Perché di Palazzo Serra lui aveva fatto non solo un punto di eccellenza per gli studi filosofici, ma anche un vivissimo centro di dibattito politico culturale, aperto ai grandi temi contemporanei. Perché così era Gerardo e io gli sono davvero grata per l’amicizia di cui mi ha privilegiato.

In quegli stessi anni ero presidente della commissione cultura del Parlamento Europeo e con lui organizzammo a Strasburgo una affollatissima presentazione delle opere complete di Giordano Bruno curate da Nuccio Ordine, iniziativa poi ripetuta a Parigi dove, alla Sorbonne, l’avvocato Marotta ricevette una laurea honoris causa. (E la sera cenammo con Jaques Derrida, una conversazione fra i due davvero da ricordare). È sempre stato un po’ curioso chiamare Gerardo «avvocato», perché benché si tratti di una nobile professione, definirlo così era davvero riduttivo.

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