Genova vince: su bingo e slot decide il Comune
Gioco d'azzardo Il Tar ligure respinge i ricorsi delle aziende dei settori contro i regolamenti emanati da Palazzo Tursi
Gioco d'azzardo Il Tar ligure respinge i ricorsi delle aziende dei settori contro i regolamenti emanati da Palazzo Tursi
Il capoluogo ligure vince la sua prima battaglia legale contro il gioco d’azzardo. Dopo essere stato il primo Comune a introdurre un regolamento articolato per limitare il proliferare di slot machine e sale da gioco, ieri ha visto sancire dal Tar della Liguria la piena legittimità istituzionale nel tutelare i suoi cittadini.
Nove sentenze, depositate martedì, che esaminano quindici i ricorsi presentati dalle principali imprese del settore (Bingo King, Lottomatica, Videolot, Slot Machine srl ed altri), sostenute da Confindustria e dalle associazioni dei commercianti che avevano definito «abolizionista» il regolamento di Palazzo Tursi. Diverso il parere del Tar che ha detto in sostanza che il Comune è competente a emanare un regolamento limitativo del fenomeno del gioco d’azzardo e che la libera concorrenza non può essere considerata prevalente rispetto alla salute dei cittadini e alla tutela delle fasce deboli. Nel maggio scorso Genova ha stabilito (estendendo quanto previsto dalle legge regionale 17/2012 da cui è nato tutto l’impianto) che non possano sorgere nuove sale slot a meno di 300 metri da una serie di luoghi considerati sensibili: scuole, luoghi di culto, cimiteri, impianti sportivi ma anche giardini, parchi e spazi pubblici attrezzati e altri spazi verdi. Non solo: il regolamento sancisce il divieto di aprire e meno di 100 metri da «sportelli bancari, postali o bancomat» e da «agenzie di prestiti di pegno o attività in cui si eserciti l’acquisto di oro».
Il Tar ha sancito la legittimità del Comune a vietare «qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco». Perciò sotto la Lanterna non si vedrà più alcun cartellone pubblicitario come quelli apparsi poco meno di un anno fa quando l’ex consigliera regionale lombarda Nicole Minetti era stata scelta come testimonial per l’apertura di una mega sala slot nel quartiere di Pegli. All’inaugurazione vi fu una vera e propria sollevazione di popolo con associazioni e cittadini in piazza e Don Gallo ad arringare la folla. Lì si era capito che per Genova la misura era colma e le associazioni (Arci, Acli, Libera comunità di San Benedetto e molte altre) si erano messe al lavoro con Comune e Municipi per stilare quello che è diventato il provvedimento di cui la Giunta Doria, e buona parte della città, va più fiera. Due soltanto, e di poco rilevo, i punti su cui i ricorsi sono stati accolti.
Gli orari, che secondo il Tar si possono disciplinare (il Comune prevedeva la chiusura alle 19.30), ma non attraverso il regolamento bensì con un’ordinanza del sindaco. E la possibilità di aprire sale anche ai piani superiori degli edifici.
Il regolamento, dicono a Tursi, i suoi frutti li ha già dati: a sei mesi dall’approvazione, a Genova non ci sono state nuove richieste di apertura di sale slot bensì due chiusure: «Non sembriamo un Comune troppo accogliente in questo senso» ha detto con soddisfazione l’assessore comunale ai Diritti e alla Legalità Elena Fiorini. In città attualmente le sale da gioco sono una sessantina, più le migliaia di slot installate all’interno di bar, ristoranti ed edicole, dove sono sopratutto le persone anziane o quelle socialmente più deboli a far tintinnare le macchinette per giocarsi fino all’ultimo spicciolo. Una piaga sociale che ingrassa le lobby dell’azzardo e lo Stato a scapito dei suoi cittadini. E ci è mancato poco, un paio di mesi, fa che il Parlamento approvasse un emendamento (contenuto nel decreto «Salva Roma») finalizzato proprio a «punire» attraverso tagli ai finanziamenti i Comuni che avessero emanato norme restrittive sulle sale slot. I Comuni insorsero e alla fine l’emendamento fu ritirato. La battaglia è all’inizio, per Genova e per chi seguirà il suo esempio.
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