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Genova, il pesce buono è anche alieno

Eventi Fino a domenica al Porto Antico torna il «festival» della pesca di Slow Food, con le storie dei pescatori e il cibo sostenibile, i laboratori e le lezioni di cucina

Pubblicato più di un anno faEdizione del 1 giugno 2023

L’acqua è un bene primario del sistema alimentare. La questione acqua è talmente cruciale che Atlas for Justice, osservatorio sulle crisi belliche mondiali, ci dice che tra il 2010 e il 2018 i conflitti legati all’acqua sono diventati 263. Mentre la Fao ci avvisa che entro la metà del secolo avremo bisogno di oltre un terzo di acqua in più per produrre il cibo per sfamare la popolazione in crescita nel mondo. Il nostro è in effetti il pianeta blu: coperto per più del 70% di acqua, fonte di proteine per milioni di persone e in grado di produrre più del 50% dell’ossigeno che respiriamo. Eppure continuiamo a trattare il delicato ecosistema marino e costiero, come risorsa finanziaria: «Per l’homo oeconomicus capitalistico ha valore solo la realtà da cui ricava profitto», ci ricorda Piero Bevilacqua nel volume Un’agricoltura per il futuro della Terra.

QUANDO MIO FIGLIO MAGGIORE frequentava la scuola primaria l’avevamo sensibilizzato sul tema del tonno: il giorno in cui alla mensa scolastica servivano tonno, lui spiegava ai compagni le ragioni per cui non si doveva mangiare. Ovviamente aveva assunto un atteggiamento un po’ estremo, bambinesco appunto, ma la consapevolezza che le nostre azioni hanno un impatto globale dovremmo averla tutti.

L’80% DI TUTTO IL TONNO ROSSO PESCATO nel mondo è destinato al Giappone, e alcune varietà, come il tonno rosso del Pacifico, hanno visto il numero di esemplari ridursi di oltre il 96% dall’inizio della pesca industriale negli anni ’50. In quel periodo, infatti, si è imposto il sushi: oggi fenomeno globale, visto da molti come alternativa raffinata al fast food, di larghissima diffusione in Italia, basti pensare che a Milano ne esistono 400 – più che a Los Angeles.

DALLA FINE DEGLI ANNI SESSANTA, con la creazione dei primi allevamenti di salmone in Norvegia e Scozia, la popolarità e la diffusione del salmone d’allevamento, è aumentata in modo esponenziale, raggiungendo circa 2,8 milioni di tonnellate nel 2021, ovvero quattro volte il volume del salmone selvatico pescato. Questa esplosione è legata primariamente all’invenzione, tutta occidentale, dell’utilizzo del salmone come ingrediente del sushi.

AVERE CONTEZZA DELL’IMPATTO GLOBALE delle nostre abitudini alimentari ci serve per esercitare il grande potere che abbiamo di scegliere: cioè di sostenere un tipo di filiera, depotenziare una pesca eccessiva, negare o garantire una prospettiva ai piccoli pescatori e alle comunità costiere, incidere sulle disuguaglianze economiche e sulla tutela degli ecosistemi marini. D’altronde abbiamo la possibilità di conoscere – e sostenere – esperienze alternative: storie di pescatrici e pescatori, di ostesse e osti, di mitilicoltrici e mitilicoltori, persone che cercano di interpretarne i cambiamenti in un’ottica sistemica, tenendo insieme dati tecnici e saperi tradizionali in una prospettiva di ampio respiro che include questioni ambientali e gastronomiche, ricadute sociali ed economiche, implicazioni culturali e identitarie. A Slow Fish ne raccontiamo tante nei Laboratori del Gusto e nei forum La parola ai pescatori.

NEL MEDITERRANEO viene segnalata una nuova specie aliena ogni 9 giorni, stanno di fatto invadendo i nostri mari e ormai si stanno sperimentando anche in cucina. Penso al pesce siluro: specie aliena conosciutissima, predatore senza predatori, che Daniele Provezza, coraggioso cuoco dell’Alleanza dei Cuochi Slow Food, propone nel menù della Dispensa Franciacorta. «Abbiamo compreso che questo pesce è commestibile, ci siamo messi al lavoro per riuscire a valorizzarne il sapore, estremamente delicato. È un pesce versatile: lo si può consumare crudo, cotto, e ne lavoriamo anche le trippe, cucinate alla bresciana. Il suo gusto delicato lo rende adatto anche ai bambini, e lo vedrei bene anche nel menù delle scuole».

E ANCORA, LA START UP Le Mariscadoras, cinque donne riminesi che stanno trasformando il granchio blu (Callinecteds sapidus), una specie oceanica sbarcata accidentalmente nel Mediterraneo circa 15 anni fa e che ora lo sta colonizzando. Le Mariscadoras lo propongono come alternativa a specie autoctone ipersfruttate: da emergenza a risorsa, perfetta interpretazione di un atteggiamento rigenerativo necessario.

PADRONI DI CASA IN TERRA DI LIGURIA sono i muscolai spezzini, allevatori di bivalvi, che si definiscono contadini del mare: «I muscoli e le ostriche sono organismi filtratori, e sono pertanto molto accurati nel registrare le alterazioni dell’ecosistema. Per questo è importante studiare le loro interazioni con l’ambiente» dice Paolo Varrella, presidente della Cooperativa Mitilicoltori. Aggiunge: «Noi facciamo un mestiere antico, ma ci stiamo dotando di strumenti di monitoraggio contemporanei. Abbiamo messo a punto il progetto Smart Bay di Santa Teresa, un laboratorio naturale di ricerca, tecnologia, turismo sostenibile e molluschicoltura». Anche qui torna il tema delle specie aliene: in questo caso la Sparus aurata, cioè l’orata da allevamento. Le orate selvatiche non costituivano un problema, quelle di allevamento sì: «Per noi quello delle orate d’allevamento costituisce una minaccia seria. (…) Le orate nel 2022 hanno razziato il 70% dei nostri muscoli, circa 30.000 quintali andati quasi tutti in fumo». Di nuovo, abbiamo il potere di scegliere cosa acquistare e cosa promuovere.

RITENIAMO NECESSARIA UNA GESTIONE partecipativa da parte delle comunità locali come modello sociale alternativo a quello imposto dalle politiche dominanti. L’acqua, oggi, non può essere considerata l’ennesima frontiera di sfruttamento, ma un ecosistema, insieme alle coste, fragile e da cui dipende la sopravvivenza di milioni persone al mondo: l’acqua non è di chi la può «comprare», ma di chi ha sete e fame.

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