Genova difende i cittadini contro la ludopatia
Intervista Interviene Elena Fiorini assessora ai diritti e legalità del omune di Genova: regole e consulta sono state messe in atto contro il proliferare dei locali dove si svolge il gioco d’azzardo. Con una quantità di ricorsi
Intervista Interviene Elena Fiorini assessora ai diritti e legalità del omune di Genova: regole e consulta sono state messe in atto contro il proliferare dei locali dove si svolge il gioco d’azzardo. Con una quantità di ricorsi
Pars destruens: il domino di nefaste ricadute sociali innescate dal gioco d’azzardo in Italia, qui dove, complici le liberalizzazioni degli scorsi anni, è la terza industria dello Stato, e dove, come un’onda mortifera, insidia esistenze già socialmente fragili, diffondendo dipendenze e patologie.
Pars construens: volendo sfidare il silenzio e/o certe ambiguità mediatiche volte a rimuovere la pericolosità di questi processi, li abbiamo pubblicamente affrontati sabato scorso, indagando il lavoro della scrittrice Marilena Lucente, dei documentaristi Brini e Policante, le inchieste di Libera. In quella occasione è stato lanciato il nostro invito a non tacere e ad agire congiuntamente. Invito cui già qualcuno ha fortemente risposto. In rappresentanza del Comune di Genova, mi scrive, Elena Fiorini, assessora ai Diritti e alla Legalità, inviandomi materiali e link, a condivisione di un già consistente tracciato di misure attuate dalla sua amministrazione, in sinergia con l’assessorato alle Attività economiche e con l’impegno della giunta tutta. Segue, attraverso le sue parole, l’energizzante testimonianza di una collettività che non si mostra sorda al disagio e all’infelicità, peraltro indotta, di coloro che ne fanno parte.
Ringraziandola della vostra risposta, le chiedo di riandare agli inizi delle azioni che avete intrapreso.
Quando, due anni fa, l’attuale amministrazione comunale si è insediata (giunta guidata da Marco Doria, ndr), si è trovata di fronte a un quadro normativo nazionale di estrema liberalizzazione: per ottenere le licenze e aprire una sala gioco è sufficiente una autorizzazione questurile di fatto formale (è richiesta soltanto la controllabilità dei locali e l’incensuratezza del titolare). A questo punto, i comuni, che sono il primo interfaccia con i cittadini, si sono trovati a dover ammortizzare la presenza sempre più capillare del gioco. Inoltre, sempre al momento dell’insediamento, il Tar Piemonte aveva condannato il comune di Verbania a risarcire la cifra di 1,3 milioni di euro per essere intervenuto illegittimamente, pregiudicando il diritto sancito dalle liberalizzazioni. Nel contesto di questa giurisprudenza, si può comprendere come la difficoltà amministrativa fosse reale e non dettata da timore reverenziale nei confronti delle società che svolgono attività di gioco. Anche perché se tu fai una normativa poi giudicata illegittima, alla fine sono gli stessi cittadini a dover risarcire, quindi hai lo scrupolo di agire anche evitando di innescare meccanismi del genere.
Come siete approdati al progetto del Regolamento.
Per fortuna noi avevamo un legge regionale, la L.17 del 2012 – in cui si affrontava la questione del porre paletti all’esercizio del gioco – che non era stata impugnata. Sulla scorta di questa, nel 2013 abbiamo approvato il Regolamento che prevede 4 punti essenziali. In primo luogo, per quanto concerne l’apertura di un qualunque spazio, è necessaria anche l’autorizzazione del sindaco; secondo: non si possono porre sale entro 300 m. da alcuni luoghi sensibili, come scuole, campi sportivi università … nonché entro 100 m. da uffici postali e bancomat. Ancora, si richiede rispetto delle normative urbanistiche, si pone divieto di pubblicizzare il gioco, e si stabilisce che i locali comunali non possano essere affittati a chi installa macchinette.
Avete anche creato una Consulta.
Sì, vede la partecipazione di consiglieri comunali, municipali, assessori, ma anche di associazioni di categoria, come i tabaccai, di associazioni che si occupano di dipendenza e del SERT. Vogliamo muoverci su due fronti, normativo, appunto, e culturale. Perché la cultura del gioco è ormai diffusa a tutti i livelli. Questo inietta l’idea che sia il colpo di fortuna a dare una svolta alla tua vita, e non il migliorarti. Un messaggio diseducativo insinuante, specie per i ragazzi. E così che abbiamo creato una giornata annuale contro il gioco d’azzardo, e vetrofanie a distinguere i locali no slot.
Immagino abbiate incontrato resistenze.
Siamo stati investiti da una trentina di ricorsi. La risposta del Tar Liguria è stata una serie di sentenze in cui stabilisce che è legittimo da parte dei comuni intervenire limitando la libera iniziativa economica, al fine di tutelare gli interessi dei cittadini. È stato legittimato anche il divieto a esercitare azzardo in prossimità di certi luoghi e quello di pubblicità. Certo, tutt’ora abbiamo ricorsi pendenti. In ambito giudiziario, la battaglia, in parte, è ancora in corso.
Sul sito avete scritto che “un radicamento ulteriore di forme di dipendenza tra la popolazione è un rischio che la comunità non può sostenere”. Se ne deduce l’importanza del compito che certi comuni (peraltro ne segnalate alcuni), si assumono nell’arginare la deriva presente, anche rispetto alle responsabilità dello Stato.
Per questo abbiamo elaborato un progetto in più tappe, la prima è appunto l’azzardo ma parliamo anche di alcol, di violenza di genere, di testamento biologico, di unioni civili o ancora di riforma della legge sulla cittadinanza. Sono temi fortemente politici. Credo si vedano in altro modo se si ha un contatto diretto con i cittadini, o se invece, come avviene con il Parlamento, è una relazione mediata.
Il nostro focus su “Alias” di sabato scorso: il suo feedback relativamente alle donne che giocano?
Secondo la mia esperienza anche alle Pari opportunità, la situazione delle donne ha una sua specificità, anche per fattori di attaccabilità sociale presenti in questo Paese. Si tratta dunque di temi che richiedono una cura differente.
Cosa l’ha toccata particolarmente in questo tracciato.
Penso a tanti genitori di ragazzi coinvolti nel gioco. E a quanto è avvenuto al Municipio 1, San Pier d’Arena, una piccola Las Vegas, con ben 19 sale, per lo più contigue. Non possiamo incidere sulle situazioni già radicate, ma possiamo impedire ne nascano di nuove, evitare i rinnovi. Così tanti
esercizi stanno gradualmente chiudendo. A distruggere ci vuol poco, ma ricostruire è una storia ben più complessa. Oltre la tanto discussa distanza tra politica e cittadini, ci sono situazioni che toccano talmente la vita delle persone … battaglie che non possono che essere comuni.
Da qui in poi, il nostro appello a istituzioni, singoli, associazioni, a chi voglia dirci quanto sta già agendo, cosa progetta di fare.
Maria Grosso
maria_grosso_dcl@yahoo.it
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