Gena Rowlands, scie di un personale esperimento di cinema
Cinema L’attrice statunitense è morta a 94 anni. Un’altra idea di diva nel legame unico con John Cassavetes. I ruoli da «Una moglie» a «Gloria», uno studio che trascende i singoli film, la bellezza che scompone gli stereotipi
Cinema L’attrice statunitense è morta a 94 anni. Un’altra idea di diva nel legame unico con John Cassavetes. I ruoli da «Una moglie» a «Gloria», uno studio che trascende i singoli film, la bellezza che scompone gli stereotipi
In un bel saggio su A Woman Under the Influence, il critico americano Kent Jones aveva concluso che Gena Rowlands era «in definitiva troppo bizzarra per diventare una superstar». Se è vero che Rowlands, mancata giovedì all’età di novantaquattro anni, non è mai stata una grande stella hollywoodiana, letteralmente parlando, alla Norma Desmond, la sua stardom era, e rimane, nell’aura. E poche aure, nella storia del cinema Usa, hanno avuto il peso e il potere lacerante della sua.
Nata a Madison, in Winsconsin (la madre are un’attrice e artista, il padre un banchiere, che poi intraprese una carriera politica) Rowlands – con quei suoi zigomi alti e distanti che facevano del volto un paesaggio sterminato e gli occhi blu come laghi – apparteneva a un canone di bellezza americana che ricorda quello di Angie Dickinson e Lauren Bacall: una bellezza longilinea, un po’ ferrea, che sa di forza fisica, outdoors, e il cui erotismo ha qualcosa di mascolino.
Ed è questa qualità hawksiana, geometrica dell’aspetto e della psicologia, che Rowlands ha scomposto fin da subito, quasi metodicamente – trasformando la raffinata limpidità midwestern dei suoi lineamenti in una tempesta continua e la sua carriera in un esperimento assoluto e personalissimo.
SAREBBE STATA, lo ha ammesso anche lei (che al tempo non voleva né marito né figli), una carriera diversa senza l’incontro, alla Academy of Dramatic Arts di New York, con John Cassavetes. I due giovani attori si sposarono nel 1954, pochi mesi dopo essersi conosciuti. Lo stesso anno, Rowlands debuttò in televisione nella serie Top Secret. Quello successivo fu la volta di Broadway, in una pièce di Paddy Chayefsky, Middle of the Night, al fianco di Edward G. Robinson. Gli esclusi (A Child Is Waiting), del 1963, è il primo film diretto da suo marito. Ma è Volti (1968) il momento della svolta. Nel bianco e nero abbagliante del cinema indipendente newyorkese di quel periodo – denso della ricerca di Shirley Clarke e Robert Frank (Pull My Daisy è dello stesso anno di Ombre) – Cassavetes riprende i suoi personaggi, una coppia in crisi e Jeannie (Rowlands) la squillo attratta dal marito, con lunghi movimenti di macchina in primi piani ravvicinatissimi. Quello studio sui volti e sui corpi, in cui ogni gesto o sguardo impercettibile porta con sé un’emozione e un dettaglio carichi di significato, è il lavoro che Cassavetes e Rowlands (insieme allo stretto gruppo di amici/attori – Ben Gazzara, Peter Falk e Seymour Cassel) porteranno avanti, di film in film, in una specie di unicum, che trascende le differenze tra progetti, sviluppando una collaborazione creativa in cui cinema e vita si incrociano, separano e scontrano in maniera irripetibile. Minnie e Moskowitz (del 1971, in cui Rowlands è Minnie Moore, curatrice di museo con marito abusante che diventa amica del guardiano di un parcheggio), Una moglie – A Woman Under the Influence (del 1974, la sua prima nomination all’Oscar e forse il più teorico dei loro film, in cui Rowlands fa esplodere con tragica ferocia gli stereotipi del femminile inquadrato nella trappola benevola di un matrimonio e della vita di casalinga); La sera della prima (del 1977; quello più «meta»), Gloria – Una notte d’estate (del 1980; la regia più mainstream di Cassavetes e la seconda nomination all’Oscar per Rowlands, nel ruolo della ex di un criminale, che si trova a carico un bambino di sei anni) e Love Streams – Scia d’amore (1982) sono i film che hanno realizzato insieme e che rimangono al cuore della filmografia di Rowlands, che Cassavetes filmava non solo con amore palpabile ma con la fascinazione con cui uno scienziato studia un vetrino al microscopio.
A FRONTE di questa stupefacente opera a due, che ha paralleli (dall’altra parte dell’oceano) con quella di Julie Andrews e Blake Edwards, è scusabile se ogni tanto ci si dimentica dei ruoli che Rowlands, specialmente dopo la morte di Cassavetes, nel 1989, ha intrapreso per Paul Schrader (La luce del giorno), Jim Jarmush (Taxisti di notte), Terence Davies (Serenata alla luna), Woody Allen (Un’altra donna) e per i suoi figli, Nick (She’s So Lovely – Così carina e il cult lacrimosissimo Le pagine della nostra vita) e Zoe (Broken English). La sua terza figlia, Xan, è anche lei una regista.
Interrogata qualche anno fa sul segreto della sua bellezza, Gene Rowlands aveva risposto che «per uscire di casa, bastavano gli occhiali scuri e un po’ di rossetto». Ci piace ricordarla così, una donna «qualunque», under the influence. E unicamente magnifica.
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