Gel, il rap all’inferno e ritorno
Note sparse Il caso del rapper capitolino in cui l'incubo della tossicodipendenza diventa strumentale alla narrativa di un messaggio deciso
Note sparse Il caso del rapper capitolino in cui l'incubo della tossicodipendenza diventa strumentale alla narrativa di un messaggio deciso
I giornalisti, ma più in generale il pubblico, sono sempre attratti da storie in cui alla caduta segue la rinascita artistica. La sensazione è che i tormenti intimi estranei al virtuale possano restituire più veridicità a un’opera. Ne è un esempio il rapper capitolino Corrado Ferrarese, in arte Gel, con il disco dal titolo Gel Legge: Angeli e Demoni (No Pimps/Distr. Believe Digital) in cui l’incubo della tossicodipendenza diventa strumentale alla narrativa di un messaggio deciso. Gli è bastata una speranza datagli da Fabri Fibra per ripartire. Nel disco Gel scopre la sua integrità superato l’inferno, dopo aver aperto gli occhi su un presente in cui ci sono «tossici schiavi dei social tristi». La sua sembra più una performance di un randagio con skit, rappate con testi decisamente lirici, sprazzi moderati di auto-tune e una base oscura, in cui agita il fondo dell’angoscia. Gel ora lavora in un centro per il trattamento della tossicodipendenza. Capito la musica?
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