Europa

Gay, anti-Islam e no-euro, l’astro nascente Philippot

Il personaggio Il numero due del Fn e consigliere di Marine Le Pen è il volto presentabile dell’estrema destra, odiato dai duri del partito. I sondaggi lo danno vincente nell’europea Strasburgo

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 6 dicembre 2015

Alla fine, pure papà Jean Marie Le Pen si è dovuto arrendere. Fiutata l’onda nero-blu in arrivo, nonostante i calci (metaforici) presi dalla figlia Marine si è piegato alla ragion di partito e ha annunciato che voterà Front National. Non solo. Pur lamentando «l’influenza statalista» sull’estrema destra francese, si è detto pronto a sostenere persino l’uomo considerato il simbolo della normalizzazione del partito da lui fondato: l’ex funzionario del ministero degli Interni Florian Philippot, un ex gollista e poi «chevenementista» (aveva aderito al Movimento dei cittadini dell’ex socialista Jean Pierre Chevènement) diventato numero due del Front National e l’uomo più ascoltato da Marine Le Pen.

Philippot, ancor più dell’ex segretario di Reporters sans frontières Robert Ménard (diventato sindaco anti-immigrati della cittadina di Béziers, nella Languedoc), è il volto presentabile della destra che si candida a vincere questa tornata elettorale: è un prodotto dell’Ena, la Scuola della pubblica amministrazione che forma il fior fiore dei politici e dei funzionari pubblici d’oltralpe. È a lui che papà Jean Marie si riferisce quando parla di «deriva statalista», ed è sempre a lui che ammiccava quando sosteneva che il Front National è diventato un partito di «froci».

Immortalato sulla rivista Closer con il suo compagno, il suo outing ha scosso le fondamenta ideologiche del Fn e inquietato i duri e puri del partito, ma non ha interrotto l’ascesa personale dell’uomo che sdoganata l’estrema destra francese dall’immagine da nostalgici del regime di Vichy. Candidato alla presidenza della mega-regione Alsazia-Lorena-Champagne-Ardenne, potrebbe essere lui il vero vincitore delle elezioni e diventare l’uomo forte di un Front National che si propone di governare l’intera Francia. Gli ultimi sondaggi lo danno in testa, con il 37 per cento dei consensi, sia al primo che al secondo turno. Se così fosse, la mappa realizzata da una società specializzata per il Centro di ricerche politiche (Cevipof) dell’università Sciences Po di Parigi (visibile sul sito di Rue89), colorerebbe di nero la terza regione della Francia oltre alle due già date per acquisite al Front National (il Nord-Pas-de-Calais dove si candida Marine Le Pen e la Provenza della nipote Marion Marechal). Con il paradosso che Florian Philippot si troverebbe a governare sulla Strasburgo delle odiate istituzioni europee.

Sovranista e anti-euro (basta farsi un giro sul suo account Facebook per capire come la pensa), il numero due del Fn si troverebbe a dover gestire la contraddizione di dover convivere con l’Europarlamento (che si trasferisce da Bruxelles a Strasburgo per una settimana al mese) e la Corte europea. Rischiano inoltre di ritorcersi contro di lui gli slogan sulla chiusura delle frontiere in una regione che confina, oltre che con la Germania, con un paradiso fiscale come il Lussemburgo e con la Svizzera, meta di numerosi frontalieri. Non appare un caso che sia andato a chiudere la campagna elettorale a Mulhouse, città che condivide addirittura un aeroporto con la svizzera Basilea. Qui il traffico transfrontaliero è a dir poco sostenuto: al di là del confine ci sono i campus e i centri di ricerca della Novartis e della Roche, di qua migliaia di pendolari dalla Svizzera quotidianamente si spostano per lavoro o solamente per fare la spesa perché, a causa dei dazi e del franco forte, nel giro di pochissimi chilometri le merci possono anche raddoppiare i prezzi. Philippot è stato costretto a una mezza marcia indietro e ha proposto solo un «pass» per i frontalieri. Altri temi della sua campagna: un no deciso alla costruzione di una seconda moschea a Strasburgo, l’insistenza sui temi della sicurezza. Nessuna menzione, invece, delle esternazioni di papà Jean Marie che, insieme alla dichiarazione di voto ha pronunciato il suo “je ne regrette rien” (“non mi pento di nulla”): “Il maresciallo Petain? Non era un traditore. Le camere a gas sono un dettaglio della storia, è un’affermazione incontestabile. Sono stato condannato per aver detto questo ma senza prove”, ha affermato paragonandosi al capitano Alfred Dreyfus, accusato di tradimento e  difeso da Emile Zola nel celebre “J’accuse”. Curiosa coincidenza, Dreyfus era originario  proprio di Mulhouse.

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