Cultura

Gastone Novelli, segni e tracciati che scavano fra le acque sulfuree

Gastone Novelli, segni e tracciati che scavano fra le acque sulfureeGastone Novelli, La farfalla perde colori, 1967

Mostre Presso il Polo culturale Pietro Aldi di Saturnia la personale dedicata all'artista che unisce Maremma e Grecia, visitabile fino all'8 gennaio 2023

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 30 dicembre 2022

Una serie di venticinque disegni su carta, tutti eseguiti nel 1965 a Saturnia, e una selezione di quadri e sculture, datati tra il 1964 e il 1966, sono al centro della mostra Gastone Novelli. Saturnia, le origini, la magia del segno, ospitata presso il Polo culturale Pietro Aldi di Saturnia (fino all’8 gennaio 2023).

QUESTA RACCOLTA DI OPERE, selezionate da Guglielmo Buda e Anna Cristina Caputi, vuole rendere omaggio al forte legame che Novelli aveva instaurato con la città della Maremma. A Saturnia, infatti, l’artista aveva acquistato nei primi anni Sessanta un appezzamento di terra a pochi passi dalle cascate del fiume Stellata e su quel terreno aveva costruito una piccola casa, che era diventata presto ritrovo per gli amici artisti, poeti e galleristi: tra gli altri Achille Perilli, Gabriella Drudi e Toti Scialoja, Sofia e Pietro Consagra, Carla Panicali e Carlo Battaglia, Nanni Balestrini, Alfredo Giuliani, Germano Lombardi, Carlo Cego, Renzo Romero, Agnese De Donato e Sergio Pogliani.

CON SATURNIA, dove ritornava con regolarità anche negli ultimi anni di irrequieti e ripetuti spostamenti tra Roma, Venezia e Milano, Novelli aveva stabilito una «relazione panica», ha scritto Franco Purini, «era in sintonia con l’acqua, l’aria, gli alberi, la luce. Ritrovava un rapporto diretto con la scrittura terrestre della campagna, con i suoi segni, i suoi tracciati». Segni e tracciati che ha registrato proprio su questi piccoli fogli oggi in mostra, su cui si susseguono frammenti di paesaggi, riflessi di aurore e cascate, orizzonti boscosi, sagome di thuje, rocce e muri con antiche iscrizioni, qui e là costellate dalle irregolari trame delle loro superfici, catturate sulla carta con l’antica tecnica, amata dai surrealisti, del frottage. Una raccolta che è una «mimica minuziosa dei segni linguistici che coprono la terra, umani e altri, e il cielo che li brucia nel sole di qui», come disse Alfredo Giuliani, e che Novelli aveva iniziato a collezionare, riempendo pagine e pagine di taccuini, già durante i suoi viaggi in Grecia.
Dopo oltre un decennio di ricerche alimentate dell’automatismo dada e informel, poi acquietate da una breve, ma forse indispensabile, tabula rasa, la Grecia, con i suoi templi, i suoi reperti e le sue antiche pietre, con la sua storia e i suoi miti, era stata scelta da Novelli come luogo dove trovare segni e figure utili a rifondare il suo personale vocabolario.

QUESTO ATTACCAMENTO alla Grecia e all’idea che il linguaggio sia frutto di un processo non lineare ma circolare, i cui elementi costitutivi, sia visivi sia concettuali, affondano le loro radici nella storia, lo avevano forse ugualmente spinto fino all’etrusca Saturnia. «Loutraki – scrive nel suo libro Il viaggio in Grecia nel 1966 – è una stazione balneare con sorgenti di acqua bicarbonata calda. A dodici chilometri e mezzo da Corinto. Sterce, successore di Giano, venne in Italia dalla Tessaglia 146 anni prima della guerra di Troia e fondò Saturnia, dove esiste un’acqua naturale, ma sulfurea».
Così Novelli indica il legame tra la storia mitica della Tessaglia, territorio sui cui confini sorge il Monte Olimpo, patria, tra gli altri, di Achille e dei Mirmidoni, di Giasone e dei Centauri, alla fertile regione della Maremma. Un legame che la mostra ricostituisce attraverso un raffronto tra i suoi disegni, quadri e sculture con alcuni oggetti provenienti dalla collezione Ciacci del Museo archeologico di Saturnia. Un dialogo che crea rimandi suggestivi tra forme, simboli e figure distanti nel tempo, svelando bene quel carattere «magico», ricordato anche nel titolo della mostra, che Novelli riconosceva come qualità essenziale del linguaggio artistico: la capacità di rifondarsi ogni volta in un nuovo sistema rielaborando frammenti di civiltà del passato.
Una convinzione che sembra preludere agli sguardi rivolti verso il passato e alle revisioni del concetto di modernità che caratterizzeranno tutto il decennio successivo.

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