Garofano verde, la scena omosessuale
A teatro Un'altra manifestazione senza più contributi pubblici quella diretta da Rodolfo Di Giammarco, giunta alla 24esima edizione. Fra gli spettacoli «Artemy» di Simone Carella che ripropone il dramma di essere gay in Russia
A teatro Un'altra manifestazione senza più contributi pubblici quella diretta da Rodolfo Di Giammarco, giunta alla 24esima edizione. Fra gli spettacoli «Artemy» di Simone Carella che ripropone il dramma di essere gay in Russia
Un’altra manifestazione senza più contributi pubblici, ma che alla 24° edizione dimostra ancora un senso e una indiscutibile «necessità». È Il garofano verde, scenari di teatro omosessuale, a cura di Rodolfo Di Giammarco. Unico aiuto pubblico la disponibilità per tre sere di una sala dell’India, da parte dello stabile. Inaugurazione l’altro ieri con un doppio programma, ieri una seducente messa in parallelo di Paolo Poli e David Bowie ad opera di Marco Cavalcoli, stasera Enzo Moscato ripropone dopo trent’anni il testo densissimo che lo rese famoso, Occhi gettati. Artemy è il titolo del testo di Simone Carella, giovane drammaturgo torinese, ma è anche il nome di uno dei due protagonisti della vicenda che con delicatezza ripropone il dramma di essere omosessuali in Russia. L’altro è Anton, suo antico compagno di studi: si ritrovano su un treno notturno che sembra attraversare tutte le Russie, in un viaggio alla riconquista di se stessi e dei propri sentimenti, che la regia di Tommaso Rossi trasforma da reading in un compiuto racconto di palcoscenico.
Dall’iniziale estraneità, o atteggiamento difensivo per le conseguenze pubbliche e familiari che quel rapporto si è attirato, il viaggio si trasforma da ferroviario in coscienziale, anzi in vera presa di coscienza che lascia intravvedere un finale quasi lieto, dopo lo scherno e la persecuzione che è toccata loro in passato. Capeggiata, prima ancora che dalla comunità post sovietica, dalla madre possessiva e sprezzante di uno dei due. Angelo Di Genio e Francesco Martino, due attori giovani ma già noti, qui si conquistano i ruoli di protagonista, mentre Emanuela Villagrossi appare con stile (quasi nazi) a dar corpo ai fantasmi tremendi della madre. Spettacolo «pedagogico» ma anche molto commovente. Quasi «a specchio», subito dopo Massimiliano Civica, forse il più importante dei nostri nuovi registi, ha condotto un viaggio ermeneutico nell’essenza dei Biglietti tondelliani, letti e articolati da Carmelo Alù, scoprendo linee sentimentali insospettate in quelle frasi dedicate alle presenze importanti della sua vita, un testamento del cuore capace di legare Pier Vittorio per sempre alla vita.
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