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Gantz, nemico di Netanyahu non delle sue politiche

Gantz, nemico di Netanyahu non delle sue politiche

Israele/Elezioni Il vincitore, di misura, delle elezioni del 17 settembre, in politica estera e nei confronti di Iran e dei palestinesi non è lontano dalle posizioni del premier sconfitto

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 20 settembre 2019
Michele GiorgioGERUSALEMME

Benyamin “Benny” Gantz in politica interna prenderà, in parte, le distanze dalla linea di Benyamin Netanyahu e promuoverà la «serenità sociale» tra ebrei laici e religiosi. Ma non farà alcuna rivoluzione nei rapporti tra gli israeliani ebrei e i cittadini di serie B, gli arabi, i palestinesi d’Israele. E in politica estera non marcherà una differenza sostanziale da quella svolta dal leader della che ha sconfitto il 17 settembre. Userà il pugno di ferro, come Netanyahu, con l’Iran e i suoi alleati – che alla Conferenza di sicurezza di Monaco dello scorso febbraio ha indicato Tehran come una delle principali sfide all’Occidente – e non rinuncerà all’abbraccio di Donald Trump. Il presidente Usa mercoledì sera ha segnalato che lui ha rapporti non solo con Netanyahu ma con tutto lo Stato di Israele. Se Netanyahu è, come sembra, avviato sul viale del tramonto, ciò non vuole dire che la fine della sua lunga era politica genererà una svolta.

Nato 60 anni fa, sposato, quattro figli, una vita trascorsa nelle forze armat, conclusa con il grado di generale e l’incarico di capo di stato maggiore, Gantz solo in apparenza è un uomo di centro. Il programma del suo partito “Resilienza” – che ha fondato lo scorso dicembre e ha poi unito ad altre formazioni dando vita a “Blu e Bianco” – si avvicina molto a quello della destra quando sul tavolo ci sono questioni come l’Iran, il mondo arabo e i territori palestinesi occupati. Gantz non rientra nel solco del sionismo religioso, che ha ispirato Netanyahu e ora domina nella società israeliana, ma non è riconducibile ideologicamente neppure al sionismo di marca laburista (tramontato da tempo). Semplicemente è un sionista laico fautore delle politiche israeliane di sicurezza e di mantenimento dell’ occupazione.

In questa campagna elettorale, e in quella per il voto del 9 aprile, l’ex capo di stato maggiore non ha fatto mai riferimento alla soluzione a “Due Stati”, Israele e Palestina. Il sito progressista, +972, sostiene che a Gantz piace lo status quo, l’occupazione, con Israele che controlla tutto il territorio della Palestina storica senza però annettere ufficialmente la Cisgiordania come vorrebbe fare Netanyahu. Gantz si era recato a fine luglio nella Valle del Giordano dichiarando che quel territorio palestinese rimarrà sotto Israele in qualsiasi futuro accordo. Pochi giorni dopo, il 6 agosto, si presentò nelle comunità israeliane di confine di Gaza promettendo «azioni incisive per abbattere i leader di Hamas». In pratica una nuova guerra. D’altronde da comandante delle forze armate ha guidato due offensive contro Gaza, nel 2012 e nel 2014, che hanno provocato oltre duemila morti palestinesi, migliaia di feriti e distruzioni immense. La scorsa primavera Gantz, per recuperare voti a destra, si vantava di aver ridotto in macerie Gaza.

A differenza di Netanyahu è probabile che cessi gli attacchi continui al presidente Abu Mazen e adotti una linea più morbida nei confronti dell’Autorità nazionale palestinese. Senza però proporre soluzioni che riconoscano i diritti dei palestinesi oltre la blanda autonomia amministrativa assegnata ai loro principali centri abitati dagli Accordi di Oslo. Guarderà con favore al «piano di pace» Usa, Accordo del secolo, cucito addosso al premier sconfitto e che esclude lo Stato di Palestina. Nel 2016 in una conferenza Gantz affermò: «È importante raggiungere un accordo diplomatico con i palestinese, dovremmo continuare a vivere con la spada in mano ma almeno saremo in grado di dire ai nostri figli che ci abbiamo provato». Non ha ripetuto queste frasi in campagna elettorale.

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