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Galizia, l’alta marea delle microplastiche

Inquinamento Nella sola Unione Europea si stima che ogni anno oltre 167 mila tonnellate di pellet di plastica vengano scaricate nell’ambiente

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 18 gennaio 2024

Da settimane le spiagge della Galizia, nel nord-ovest della Spagna, sono invase da milioni di granuli di plastica (o pellet) trasportati dal mare. La catastrofe ambientale è iniziata lo scorso 8 dicembre, quando la nave Toconao (Maersk) ha perso 6 container al largo di Viana do Castelo mentre si trovava in acque portoghesi. Uno dei container conteneva sacchi da 25 kg di pellet di plastica, di proprietà della società Bedeko Europe, che le forti correnti dell’Atlantico hanno trasportato fino alle Rías Baixas galiziane.

Le prime notizie del disastro sono arrivate il 13 dicembre, quando i primi sacchi hanno cominciato a invadere le rive del Complesso delle Dune di Corrubedo, a Ribeira, e in altri punti dell’estuario di Muros-Noia. Nei giorni successivi, sempre più consigli comunali e organizzazioni ecologiste e ambientaliste hanno iniziato a richiamare l’attenzione sull’accaduto. Solo il 4 gennaio è arrivata la conferma dell’entità del danno, quando l’avvocato della Bedeko Europe ha dato una stima del contenuto del container: un migliaio di sacchi di pellet. Con 25 kg in ogni sacco, si stima una fuoriuscita totale di circa 25.000 kg di granuli di plastica, una quantità in grado di inquinare tutta la costa, dall’estuario di Vigo fino ad alcuni punti delle Asturie, con un impatto particolarmente rilevante sulle Rías Baixas e sulla Costa da Morte.

La Giunta della Galizia nel frattempo ha attivato il Camgal, il piano di emergenza per l’inquinamento marino accidentale, mantenendo però il livello di emergenza a 1 (per intenderci, quello assegnato a episodi di inquinamento di piccola gravità ed estensione). Il 5 gennaio, il Governo ha notificato alla Giunta di dover attivare il livello di emergenza 2 per poter ricevere “un sostegno efficace” nella raccolta e nella pulizia dei pellet con palline di plastica. Intanto molte persone si sono autorganizzate per andare a pulire le coste galiziane, come le volontarie e i volontari di Greenpeace Spagna, ma nessuna amministrazione ha finora rilasciato una comunicazione ufficiale su come procedere alla raccolta dei pellet, sulla loro composizione esatta e quindi sulla loro eventuale tossicità.

Non conosciamo ancora nel dettaglio le conseguenze di questo disastro, ma numerosi studi e ricerche ci avvertono degli impatti negativi di plastiche e microplastiche sulla salute umana e su quella degli ecosistemi durante tutto il ciclo di vita di questo materiale. La stessa Commissione Europea ricorda che l’esposizione alle microplastiche negli studi di laboratorio è stata collegata a una serie di effetti negativi sugli organismi viventi e che è probabile che le microplastiche siano tossiche anche per l’uomo.

Ciò che sta accadendo in questi giorni in Galizia è grave, ed è solo una piccola parte di un problema enorme. Nella sola Unione Europea si stima che ogni anno oltre 167 mila tonnellate di pellet di plastica vengano scaricate nell’ambiente (equivalenti in peso a circa 20 torri Eiffel). Un problema comune anche alle aree costiere su cui insistono impianti petrolchimici, come ha svelato un’inchiesta di Greenpeace Italia a Brindisi, specializzati proprio nella produzione di pellet. I granuli, detti anche nurdles, rappresentano il materiale di partenza da cui si ricavano gli oggetti in plastica di uso comune impiegati, ad esempio, nel packaging, nel settore automobilistico, in edilizia e in agricoltura. Sono microplastiche della dimensione di una lenticchia prodotte dalla raffinazione di idrocarburi come petrolio e gas fossile. Una volta dispersi nell’ambiente, sono molto difficili da rimuovere, possono restare a lungo in mare, essere trasportati molto lontano dalle correnti ed entrare nella catena alimentare degli organismi marini come uccelli, pesci e cetacei, che scambiano i granuli per cibo.

Da anni esistono iniziative volontarie da parte dell’industria per azzerare questa contaminazione, come Operation Clean Sweep, ma numerose evidenze mostrano che la dispersione di questa pericolosa tipologia di microplastiche prosegue. Analisi recenti hanno trovato un’elevata presenza di pellet nelle aree portuali vicine agli impianti petrolchimici specializzati nella produzione di plastica anche in Europa (come Anversa e Rotterdam). In alcuni casi, a seguito di vertenze legali, le aziende responsabili dell’inquinamento sono state costrette a farsi carico dei costi di pulizia dell’ambiente.

Infine, quello dei granuli è solo una parte del problema: se consideriamo tutte le tipologie di plastica la quantità che finisce negli oceani può raggiungere 12 milioni di tonnellate. L’inquinamento da pellet, e in generale da plastiche e microplastiche, è un’emergenza globale. Non possiamo più continuare a ignorare l’impatto che ha sulla salute del mare e degli organismi marini.

Per questo Greenpeace ha lanciato una petizione rivolta ai governi delle Nazioni Unite per chiedere un trattato globale sulla plastica legalmente vincolante, con regole comuni in tutto il mondo, che riduca drasticamente la produzione, a partire dall’usa e getta. Solo con regole ambiziose possiamo fare in modo che l’era della plastica e dei suoi disastri resti solo un brutto ricordo.

* Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia

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