Oggi a Brisbane, in Australia, comincia il G20, l’incontro economico tra i grandi, cui quest’anno sono invitati come osservatori la Mauritania, in quanto attuale presidente dell’Unione africana, Myanmar, al momento alla presidenza dell’Asean, Senegal, in rappresentanza della Nuova associazione per lo sviluppo dell’Africa (Nepad), Nuova Zelanda e Singapore.
Dalle dichiarazioni dei giorni precedenti, rilasciate dai capi di Stato, si intuisce che l’argomento principale sarà legato alla crescita, trattandosi di forum economico. Ma la realtà ormai spinge questi eventi a concentrarsi sempre di più su argomenti di natura internazionale. E in Australia si prevede che si parlerà prevalentemente di sicurezza, sia militare, con priorità data a Ucraina e Isis, sia sanitaria, con l’emergenza ebola. Il fatto – però – è che questi appuntamenti internazionali, che anticipano temi di grande portata, di solito arrivano al loro giorno d’apertura con alcune delle decisioni da prendere, già ampiamente stabilite da precedenti incontri bilaterali da parte di Paesi di un certo peso negli equilibri internazionali.
Oppure sono superati da equilibri regionali che superano ampiamente le possibilità decisionali dei G20 (in particolare nelle aree asiatiche e sudamericane). Il recente patto raggiunto a Pechino – ad esempio – tra Cina e Obama per quanto riguarda la questione legata alla promessa di ridurre le emissioni da qui al 2030 – un agreement su cui ancora pesa la poca chiarezza di alcuni numeri specie da parte cinese – elimina dunque dall’agenda delle cose importanti la questione climatica, e lascia il campo ad argomenti piuttosto generici, come la crescita e un sistema di regolazione bancario mondiale.
Il primo obiettivo dichiarato è dunque approvare misure «per rafforzare l’economia e la crescita sostenibile». Domani verrà pubblicata la dichiarazione denominata «Piano d’azione di Brisbane» capace, dicono, di rimettere in sesto l’economia mondiale, portando la crescita mondiale ad aumentare di almeno il 2% nei prossimi 5 anni, anche attraverso la leva degli investimenti, sopratutto quelli in infrastrutture e «con la partecipazione di capitale privato, da realizzare con una potenza di fuoco da 2 mila miliardi di dollari».
Ma l’attenzione di tutti sarà, più pragmaticamente, su Vladimir Putin: escluso dal G8 lo scorso giugno, a Brisbane avrà l’opportunità di incontrare i leader occidentali. Al momento si sa che vedrà la cancelliera tedesca Angela Merkel (contro cui ieri Putin è stato molto duro) ed il premier britannico David Cameron, mentre è poco probabile un incontro formale con il presidente Usa Barack Obama, con cui ha avuto una breve conversazione nei giorni scorsi a Pechino, a margine del vertice dell’Apec.
Il presidente russo ieri ha rilasciato alcune dichiarazioni prima di partire per l’Australia, all’agenzia di stampa Itar-tass. Putin ha lasciato chiaramente intendere che la sua partecipazione al G20 avrà come principale obiettivo quello di ridiscutere le sanzioni economiche che hanno colpito il paese a seguito della guerra in corso in Ucraina. «Le sanzioni – ha dichiarato – sono contrarie ai principi stessi delle attività del G20 e al diritto internazionale perché potrebbero essere varate solo attraverso le Nazioni unite ed il Consiglio di sicurezza. Inoltre sono contrarie ai principi del Wto e del Gatt».
L’attenzione di Putin alle sanzioni arriva in un momento particolare: nel Donbass proseguono i combattimenti e lunedì il primo Consiglio dei ministri degli esteri della Ue presieduto da Federica Mogherini, si concentrerà sull’aumento della tensione in Ucraina e sulla risposta europea alla crisi, che probabilmente si tramuterà in nuove sanzioni contro Mosca. «Rispetto agli scorsi mesi stiamo assistendo a un’escalation – ha spiegato un alto funzionario Ue alle agenzie – a un aumento dei movimenti militari, così come ai bombardamenti a Donetsk e in altre città e incidenti a Mariupol.
Oltre a esaminare gli sviluppi della situazione sul terreno, i ministri degli esteri valuteranno le possibili risposte che la Ue può dare, muovendosi fra dialogo e fermezza». Il G20 potrebbe cambiare le carte in tavola, se gli incontri bilaterali al suo margine otterranno qualche risultato.