Cultura

«Fuzilâz», una riabilitazione storica oltre il racconto epico

«Fuzilâz», una riabilitazione storica oltre il racconto epicoIn trincea, Grande Guerra

Saggi Due pubblicazioni curate da Franco Corleone «Claudio Graziani. Un episodio di guerra» e il recente «Il tempo dell’onore. Il Friuli Venezia Giulia rivendica il diritto alla memoria» (Menabò edizioni) per smontare una narrazione eroica rispetto alla realtà tragica

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 26 novembre 2021

Archiviate le manifestazioni ufficiali e le celebrazioni istituzionali relative al centenario del Milite Ignoto restano aperte questioni rilevanti rispetto la storia e il discorso pubblico sugli eventi della Grande Guerra. Ricomporre il contesto degli avvenimenti; rappresentare una resa di complessità attraverso la ricostruzione della dimensione reale e umana degli eventi; offrire un orizzonte di senso agli accadimenti che sia scevro da strumentalità e retoriche celebrative sono alcuni dei caratteri necessari alla rielaborazione del passato e alla rivisitazione dei suoi significati nel presente.

È IN QUEST’OTTICA che si collocano le due pubblicazioni curate da Franco Corleone Claudio Graziani. Un episodio di guerra e il recente Il tempo dell’onore. Il Friuli Venezia Giulia rivendica il diritto alla memoria (Menabò edizioni, pp.144, euro 15).
Attorno ai due testi Corleone, già deputato, senatore e sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001, organizza un ragionamento che muove dalle memorie individuali dei fatti e giunge alla misura collettiva del loro lascito nel tempo contemporaneo.
Il primo libro (uscito nel 2019) ripubblica un racconto breve del 1919 dello scrittore Silvio Villa dedicato al capitano degli Arditi Claudio Graziani, fucilato dalle gerarchie militari del regio esercito italiano per aver rifiutato di compiere con gli uomini della sua compagnia un’operazione suicida lungo una trincea in Carnia.

IL SECONDO RICOSTRUISCE il complesso e contrastato (a livello nazionale) iter istituzionale che ha portato il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ad approvare all’unanimità il 28 maggio 2021 la legge per «restituire l’onore» ai soldati (nati o caduti nel territorio della Regione) che nella prima guerra mondiale vennero fucilati dai plotoni di esecuzione del proprio esercito per ordine dei tribunali militari di guerra che li condannarono per rivolta in faccia, ammutinamento e ribellione dopo aver rifiutato di eseguire ordini suicidi delle gerarchie.

IL TEMA È ANCORA OGGI particolarmente controverso in ragione della refrattarietà e del rifiuto delle istituzioni dello Stato (a partire dal parlamento) a riconoscere e riparare compiutamente con una legge nazionale le vicende che riguardarono oltre 750 soldati vittime di esecuzioni sommarie in base alle circolari del generale Luigi Cadorna. Paradigmatico dell’impaccio istituzionale appare il carteggio, pubblicato nel libro, intercorso tra Corleone e la presidente della Commissione difesa del Senato Roberta Pinotti nel novembre 2020. In quelle pagine il primo chiede impegni precisi per una legge di dignità e la seconda immerge la questione nello stallo degli iter parlamentari, segnando – come commenta amaro Adriano Sofri – «quanto è distante l’anima migliore della cavalleria da una commissione o un’aula parlamentare».
Restano aperte la battaglia per una legge nazionale di riabilitazione storica dei fuzilâz e la questione dei conti con una vicenda che vede l’Italia in colpevole ritardo «l’esercito italiano – ricordò l’ex presidente del Senato Franco Marini nel 2016 – ha registrato in assoluto il più alto numero di fucilati e giustiziati tra quelli coinvolti nel primo conflitto mondiale. Già solo questo fatto fa comprendere l’asprezza senza pari utilizzata dai comandi italiani».

I TESTI CURATI da Corleone si propongono, dunque, non solo come elementi ricostruttivi del passato ma come spinta e sprone all’adozione di misure che restituiscano da un lato la dignità di uomini a quei soldati uccisi ed espulsi dal racconto nazionale e dall’altro la giusta dimensione e interpretazione delle vicende della Grande Guerra liberate dalla retorica celebrativa e rese nella drammaticità materiale del primo conflitto totale moderno. Quella «inutile strage», come ebbe a definirla Benedetto XV, investì le masse contadine, operaie e popolari brutalizzandone la misura sociale e civile. Interrogarne il senso ci racconta molto dell’Italia che sarebbe stata. Racconta delle fratture interne alla comunità nazionale; dei conflitti sociali e politici che la attraversarono e della crisi sistemica che emerse dalla faglia della guerra e che ebbe l’esito tragico della dittatura fascista.
Decostruire il racconto epico-eroico e renderne visibili scismi e distonie rispetto alla realtà tragica del vissuto delle trincee concorre a fare dello spazio pubblico un luogo di formazione della cittadinanza repubblicana declinata sul rifiuto della guerra (con l’articolo 11 della Costituzione) e sulla cancellazione della pena di morte. Un percorso aperto dall’intervento di Sergio Mattarella il 4 novembre scorso quando, in occasione del centenario del Milite Ignoto, il presidente della Repubblica ha condannato le condotte delle gerarchie militari dell’epoca, ree di aver scaricato le loro responsabilità «in modo scellerato sulle truppe, sino all’orrore del sorteggio, per decidere con la decimazione, i soldati da destinare alla fucilazione».

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