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«Furbetti» pubblici, a Sanremo assolto il «vigile in mutande»

«Furbetti» pubblici, a Sanremo assolto il «vigile in mutande»Un fermo immagine del video del vigile di Sanremo che timbrava in mutande

Pubblica Amministrazione Dopo 4 anni si scopre che l’inchiesta era in gran parte demagogia: il dipendente aveva due mansioni, durante il video multò un’auto

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 21 gennaio 2020

È stato il simbolo dei «furbetti del cartellino», spregevole definizione affibbiata ai dipendenti pubblici licenziati per assenteismo. Il video della sua «timbratura» in mutande era stato usato dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi – «è una cosa enorme» – per attaccare l’intera categoria. Ora scopriamo che Alberto Muraglia, vigile del comune di Sanremo che – proprio a causa dei tagli alla pubblica amministrazione perpetrati da tutti i governi – era costretto alla doppia mansione con la custodia del mercato Annonario, per questo motivo aveva la timbratrice davanti a casa.

IL GIORNO DEL VIDEO TIMBRÒ alle 6 e 23 «nella fretta di andare a rimuovere un veicolo, chiamando il carro atrezzi e alle 6 e 30 ha elevato contravvenzione al mezzo, come confermato dai documenti», racconta il suo avvocato fuori dall’udienza preliminare chiusa ieri dopo oltre 4 anni dai fatti.
Accanto a questo c’era un altro video che lo aveva esposto al pubblico ludibrio: mostrava sua moglie e sua figlia strisciava il badge e al posto suo. Anche qui pare tutto chiarito: «Lui abita lì e quando finisce l’orario di lavoro – fisso dalle 6 alle 12 e non può percepire straordinari – e magari, come tanti altri dipendenti pubblici, sta facendo un lavoro in più per il comune, la moglie che abita accanto all’ufficio, timbra per lui. Ma per quei periodi lui non ha percepito un centesimo, non c’è alcuna richiesta di pagamenti per straordinari o compensazioni».

MURAGLIA DOVEVA APRIRE il mercato alle 5 e 30 ed entrare in servizio alle 6, dopo aver timbrato in abiti civili, perché il tempo di indossare la divisa rientra nel tempo lavoro. In particolare, in quattro occasioni Muraglia è salito in casa, dopo aver aperto il mercato, dimenticandosi di timbrare il cartellino. Per questo motivo, è sceso alla timbratrice in mutande o ha mandato la figlia a timbrare. L’ex vigile ora si è riciclato come artigiano: ha impugnato il licenziamento e attende adesso, con l’assoluzione in tasca, gli esiti della causa di lavoro patrocinata dal suo avvocato, Alessandro Moroni.

L’UDIENZA PRELIMINARE del processo penale a carico dei cosiddetti «furbetti del cartellino di Sanremo», quasi tutti ex dipendenti del Comune finiti nella rete della Guardia di Finanza il 22 ottobre 2015, si è chiusa con dieci assoluzioni in rito abbreviato, 16 patteggiamenti con pene dai 10 a 19 mesi, 16 rinvii a giudizio.

L’inchiesta mise sotto la lente d’ingrandimento il 72% della forza lavoro del Comune: una indagine su larga scala che ipotizzava, a vario titolo, il reato di truffa ai danni dello Stato per l’infedele timbratura del cartellino.
L’ex vigile Muraglia, che aveva chiesto e ottenuto il rito abbreviato, è stato assolto «perché il fatto non sussiste» in quanto c’era una disposizione del comandante della polizia locale secondo cui il vigile doveva timbrare dopo aver aperto il mercato e in abiti borghesi.

Per il sostituto procuratore Grazia Pradella «l’impianto accusatorio vede una sostanziale conferma, con i 16 patteggiamenti e i 16 rinvii a giudizio».
Tra coloro che hanno patteggiato (19 mesi) c’è anche Alessandro Vellani, 57 anni, assegnato al servizio Progettazione-Arredo urbano che secondo la Guardia di Finanza timbrava il cartellino, usciva dal Comune e si dedicava al canottaggio.

La Commissione disciplinare del Comune in pochi mesi aveva disposto 32 licenziamenti, 98 sospensioni da alcune settimane a sei mesi, 21 sanzioni, 19 rimproveri e 28 archiviazioni. Tra i sospesi figuravano anche alcuni dirigenti, non toccati dall’inchiesta penale ma puniti per omesso controllo.

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