Col bel titolo Il cinema in agguato, Fuori orario dedica la notte di domani e di domenica (Raitre, dalle 2.30) a Deflorian/Tagliarini continuando quella esplorazione delle relazioni che intrecciano teatro e schermo intrapresa da diverso tempo, con una speciale attenzione ai gruppi nel cui lavoro il cinema è «in agguato» – e in una forma che non necessariamente rimanda all’uso delle immagini in scena. Questo appuntamento però oltre al suo tema ha qualcosa in più: potremmo dire infatti che l’immagine si fa qui archivio e memoria di un’esperienza artistica, non solo degli spettacoli di cui viene proposta la ripresa, – Quasi niente, Scavi, Avremo ancora l’occasione di ballare insieme – ma dell’intero lavoro di questa meravigliosa coppia creativa che come tale non esiste più, visto che Deflorian/Tagliarini si sono separati. Dolorosamente, come ripetono spesso nella lunga e densa intervista curata da Fulvio Baglivi nella quale parlano anche di ciò che sarà il «dopo» – Tagliarini in questi giorni ha esordito alla Triennale di Milano con Un’andatura un po’ storia ed esuberante. Emersione n.1. Mentre oltre ai suoi progetti come autrice, tra cui un libro, Deflorian sarà nel debutto alla regia teatrale di Nanni Moretti, Diari d’amore – due atti unici di Natalia Ginzburg, Dialogo e Fragole e panna – in ottobre.

SARÀ una scommessa, entrambi al successo sono arrivati grazie a questa unione artistica e amicale, affettiva fortissima, vicini di casa sino a poco tempo fa, capaci di creare un’alchimia che ha funzionato mescolando i mondi e gli attraversamenti esistenziali di uno e dell’altra. Il cinema tra questi, che nel loro teatro è un riferimento seppure «indiretto», e vi entra come suggestione, scivola tra i movimenti narrativi, nella scrittura, nelle atmosfere, Antonioni e Deserto Rosso per Quasi niente, e una frase dello stesson regista, «Il mio lavoro è uno scavo, una ricerca archeologica tra gli aridi materiali del nostro tempo» per Scavi. – «Deserto rosso ci ha colpito perché il film non è la sua trama, e questo ci corrisponde».

In Avremo ancora l’occasione di ballare insieme, ultimo lavoro in coppia, l’ispirazione è Fellini e il suo Ginger e Fred (che sarà anch’esso programmato nella notte) da cui lo spettacolo prende il titolo ribaltando, come spiegano gli autori, quello che Amelia (Masina) dice a Pippo (Mastroianni) – «Non credo che avremo ancora l’occasione di ballare insieme». «La nostra è prima di tutto una ballata dedicata agli artisti, al loro desiderio di essere un altro, alla loro determinazione a giocare per tutta la vita, a cadere ad ogni ciak, a mettere nei dettagli insensati la loro biografia più segreta, al loro smascherarsi ’intenzionalmente senza intenzione’ come ha detto Fellini parlando del lavoro dell’attore. È quindi è un progetto su Marcello Mastroianni. Su Giulietta Masina. È un progetto su Fred Astaire e Ginger Rogers. È un progetto su di noi. Un lavoro sulla coppia e un lavoro sul dialogo. Il dialogo come possibilità di procedere insieme, di generare azioni, anche immaginarie».

STRUGGENTE nella sua grazia e nella riflessione che fluttua in un tempo sospeso, Fellini guardava al fare-cinema, Deflorian/Tagliarini si interrogano sul teatro ancor più negli anni pandemici di crisi e di arresti forzati, di un tempo che ha mutato il suo ritmo e la sua scansione che è quando lo spettacolo ha visto luce. E in quella scena – che con loro condividono Francesco Alberici, Martina Badilucci, Monica Demuru, Emanuele Valenti – liberano un’ autofinzione, la biografia che passa ai personaggi, e nella distanza narrativa si fa racconto di qualcosa che accade dentro e fuori dal palco, testimoniando lo struggimento di un vissuto. Dello spettacolo c’è la ripresa, che offre una sua possibile documentazione, e lo ha impresso perché rimanga nel futuro. Ma: si può riprendere il teatro? È una domanda antica che per anni ci si è posti, quel filmato cosa è dello spettacolo? Una memoria, forse parziale, l’unica però possibile, che è come quella degli spettatori che ricordano ognuno in modo differente secondo la seduta, lo stato d’animo, e quant’altro. Servono a questo i materiali che sono lì, dichiarando la loro natura ibrida e documentale, che permette di trasmettere e di conservare l’attimo teatrale.

È una questione di margini, che coglie il magnifico film con protagonisti Deflorian/Tagliarini di Greta De Lazzaris e Jacopo Quadri, Siamo qui per provare, nel quale questo spettacolo è sempre il riferimento ma al centro c’è la sua creazione, dunque le domande, le crisi, il distacco, i confronti, ciò che avviene dentro e fuori la scena, i bordi dell’esistenza, della creatività, la sua trasformazione in qualcos’altro, i dubbi e l’ansia, la malinconia e i cambiamenti. E è incredibile perché è come se fosse uno specchio di ciò che poi accadrà sul palco, di quello che noi spettatori vedremo, amplificato e insieme frammentato. Il cinema lo ha colto, il gesto teatrale se ne è appropriato, proprio come di quella «lezione» felliniana nell’incedere teneramente malinconico dei personaggi che si danno appuntamento, che balleranno ancora insieme con la consapevolezza che non accadrà in una trama di riferimenti, di un’arte che si libera dalle sue etichette del «genere», di cui questa notte ci offre una preziosa visione.