La pubblica istruzione si rovescia, purtroppo e non di rado, in distruzione privata (nel senso della libertà e sviluppo interiori dell’individuo). Tra i tanti che sono sopravvissuti a un simile iter c’è chi si dà da fare per evitare una simile esperienza ai figli propri e altrui. In Scozia, per esempio, esiste una scuola superiore dove non ci sono esami né test, dove ci si siede poco dietro i banchi, non ci sono cattedre e dove i compiti in classe vengono spesso svolti fuori della classe, in tutti i sensi. Drumduan Upper School è stata fondata dalla magnetica Tilda Swinton, madre di due gemelli adolescenti, Xavier e Honor. Con un altro genitore, l’amico Ian Sutherland McCook, nel 2013 l’attrice ha creato la prima scuola superiore di chiara ispirazione steineriana, che ribalta il modello autoritario e competitivo che ostinatamente permane nella scuola cosiddetta tradizionale, ispirandosi ad idealità diverse da quelle – utilitaristiche – che dovrebbero «preparare il giovane alla vita adulta». Lo ha fatto dopo che i figli avevano finito la propria esperienza nella scuola elementare steineriana. Un salto pericoloso, tra due realtà pressoché antitetiche, e che può lasciare disorientati. Ma una scuola superiore steineriana non c’era, né era in preparazione. I due si sono dunque messi in moto per crearne una. E ci stanno riuscendo: Drumduan ha passato brillantemente il feroce scrutinio delle ispezioni da parte dell’Ofsted, l’agenzia britannica autonoma garante dell’efficienza scolastica, la cui occhiuta pressione spinge le scuole fin quasi a falsificare i propri risultati, pena il taglio dei fondi governativi (in una società meritocratica che si rispetti, tali fondi vanno ai più meritevoli e, di norma, le scuole che danno i migliori risultati si trovano nelle zone più benestanti).
Iniziative come quella di Swinton & McCook sono dunque doppiamente utili: non solo per la salute mentale di figli, genitori e insegnanti, ma anche per indicare una possibile alternativa all’istruzione tradizionale. Ed è incoraggiante vederne fiorire di simili anche in Italia, pure se per ora si limitano alle materne e alle medie inferiori. Tra le regioni italiane, leader in questo senso è senz’altro la Toscana, dove figurano due realtà – una ancora ai primi passi, l’altra consolidata – esemplari per merito e metodo. La prima è il Giardino d’infanzia Maggiociondolo. A poca distanza dal borgo medievale di Vicopisano, Maggiociondolo s’ispira alla pedagogia Steiner Waldorf e si trova in un villaggio di campagna, una vecchia casa colonica ristrutturata e un tempo adibita a frantoio. Fondato nel 2014 e diretto da Gaia Belvedere, accoglie una ventina di bambini da tre a sei anni. È gestito dall’Associazione pedagogica Violaciocca, presieduta da Belvedere e di cui fanno parte anche i genitori dei bambini, perché, come accade nelle realtà educative che si ispirano al pensiero di Rudolf Steiner, i genitori partecipano attivamente al progetto educativo».
La pedagogia di riferimento è quella del fondatore della prima scuola steineriana a Stoccarda nel 1919 e oggi diffusa in tutto il mondo. Se in alcune sue parti va senz’altro presa con le molle, sull’educazione e lo sviluppo del bambino l’antroposofia di Steiner, classica figura d’intellettuale tedesco «irrazionalista» d’inizio Novecento, è saggia e preziosa. «Aveva capito l’importanza dell’educazione come strumento di rinnovamento sociale e che le potenzialità dei bambini, ancora latenti, potessero essere di grandissimo valore – spiega Belvedere – L’obiettivo fondamentale è quello di risvegliare le facoltà del bambino e di aiutarlo a diventare se stesso, libero da pregiudizi e capace di orientare la sua vita verso le mete che egli stesso si dà». Da analoghe premesse, già nel 1988 era partita l’esperienza dell’Asilo del Sole e della Libera Scuola Michelangelo (medie ed elementari) a Colle Val d’Elsa (Siena). Per la fondatrice, Rosa Stella Fallaha, tra genitore e scuola tradizionale «s’interpone l’’istituzione’ ostacolando un dialogo sincero; una sorta di gerarchica situazione sui saperi, con il genitore che non può ’ostentare’ una maggior conoscenza culturale o pedagogica, neppure se riferite al proprio figlio». Si rischia un muro contro muro fra genitori e insegnanti insomma, in cui questi ultimi spesso tendono a chiudersi in un atteggiamento di sprezzante rifiuto di qualsiasi autocritica o analisi. E con i primi che migrano: troppe volte verso la scuola privata, altre verso una realtà pedagogica più aperta e, spesso, autogestita.
Una ricerca che ha portato Sandro Furlanis, geologo veneto, e la sua famiglia proprio a Colle Val d’Elsa: «Cercavamo una scuola che fosse comunità, che stimolasse la partecipazione e che soprattutto mettesse al centro delle attenzioni e strategie pedagogiche ogni singolo individuo con le sue specificità, mancanze, talenti.». Un mondo di differenza rispetto alla stanca burocrazia che spesso affligge la scuola pubblica. E, soprattutto, una ricerca che non aveva niente dell’atteggiamento da clientela insoddisfatta assunto sempre più spesso da famiglie più o meno abbienti che poi diventano giocoforza munizioni nella guerra a favore di una privatizzazione scolastica già dilagante in tutta Europa. Qui in gioco c’è la serenità di genitori e figli uniti nella – e non divisi dalla – scuola. E uniti in una terapia comunitaria, dove alle riunioni con i genitori sidiscutono progetti comuni, facendo cadere le note barriere e reticenze e «nessuno si sente abbandonato, solo, anzi. Viene indirettamente stimolato ad autoeducarsi, a partecipare alla gestione della scuola di cui siamo tutti soci alla pari.». Elementi che, sommati all’«amore evidente del maestro per il suo lavoro, a quel suo insegnare per scelta e non per opportunità, e quindi per ogni singolo ragazzo, l’utilizzo di moltissima arte in tutte le materie, il peso dato ai lavori manuali, il costante lavoro per favorire una sana socialità del gruppo classe e della scuola», creano una realtà pedagogica diversa. Quella di una scuola «non privata, ma autogestit!». Dalla Sicilia alla Scandinavia, passando per la Scozia, la scuola pubblica prenda nota. A meno che non voglia essere inghiottita dalla marea montante del «soddisfatti o rimborsati» tipico della compravendita, dove a una precaria soddisfazione dei genitori-acquirenti corrisponde la solida frustrazione dei figli.
Per ulteriori informazioni: www.ecopedagogia.it e www.rslaformica.org