«Fuocoammare», storie di isolani e migranti
In concorso il nuovo film di Gianfranco Rosi, girato a Lampedusa Sapevamo che stava girando, ormai da quasi un anno Gianfranco Rosi viveva a Lampedusa, l’isola degli sbarchi, di quella infinita battaglia quotidiana che vivono i migranti di ogni parte del […]
In concorso il nuovo film di Gianfranco Rosi, girato a Lampedusa Sapevamo che stava girando, ormai da quasi un anno Gianfranco Rosi viveva a Lampedusa, l’isola degli sbarchi, di quella infinita battaglia quotidiana che vivono i migranti di ogni parte del […]
Sapevamo che stava girando, ormai da quasi un anno Gianfranco Rosi viveva a Lampedusa, l’isola degli sbarchi, di quella infinita battaglia quotidiana che vivono i migranti di ogni parte del mondo. E per un cineasta, anche se bravo come lui, confrontarsi con questa realtà così prepotente e insieme ripetuta nelle immagini in tutti i modi è davvero una sfida complicata. Trovare un punto di vista, rifiutare la retorica della pietà o il perimetro della vittima. Il film lampedusano di Rosi si chiama Fuocoammare, sarà in concorso alla prossima Berlinale, poi in sala sempre a febbraio, il soggetto è dello stesso Rosi da un’idea di Carla Cattani, il protagonista è un ragazzino lampedusano, Samuele, ha dodici anni, va a scuola, ama andare a caccia, tirare con la fionda.
Come gli altri lampedusani Samuele è testimone, a volte partecipe, a volte muto, della tragedia di migliaia di donne, bimbi, uomini. « È sempre difficile staccarmi dai personaggi e dai luoghi delle riprese, ma questa volta lo è ancora di più. Più che in altri miei progetti, ho sentito però la necessità di restituire al più presto questa esperienza per metterla in dialogo con il presente e le sue domande. Sono particolarmente contento di portare a Berlino, nel centro dell’Europa, il racconto di Lampedusa, dei suoi abitanti e dei suoi migranti, proprio ora che la cronaca impone nuovi ragionamenti» ha detto Rosi all’annuncio ufficiale della selezione del suo film. Le voci dicono che è molto bello, noi non vediamo l’ora di vederlo.
In concorso che quest’anno sembra di qualità speciale ci sarà anche il nuovo film di Lav Diaz, il regista filippino riferimento per i più giovani filmmaker di quella «nuova onda» filippina emersa qualche anno fa. E della quale sembra essere l’unico a continuare con lucida progettualità poetica le intenzioni di partenza. A Lullaby to the Sorrowful Mystery intreccia nel tempo e nello spazio tre storie che percorrono mitologie, letteratura, storia delle Filippine: tra la ricerca del corpo di suo marito della vedova Gregoria de Jesus e la riscrittura di El Filibusterismo di José Rizal.
L’avenir è invece firmato da Mia Hansen-Love (Eden), protagonista Isabelle Huppert in una storia femminile di cambiamento e rinascita.
Sempre francese, ma di un’altra generazione, André Téchiné con Quand on a 17 ans, nelle parole del regista «la storia di due ragazzini che si battono sempre e che le famiglie non riescono a separare». Con Kacey Mottet Klein e Sandrine Kimberlain.
Tra i titoli annunciati in corsa per l’Orso d’oro, ci sono poi Death in Sarajevo di Danis Tanovic con Jacques Weber, United States of Love di Tomasz Wasilewski, Kollektivet nuovo interno familiare di Thomas Vinterberg, una coppia di universitari, Erik e Anna, che si trasferiscono in una comune di Hellerup con la figlia, il cui equilibrio viene frantumato dall’arrivo dell’amante di lui …
Cartas da guerra di Ivo M. Ferreira, le lettere d’amore che António Lobo Antunes scriveva a ventotto anni alla moglie, quando era soldato in Angola con l’esercito portoghese. E l’iraniano A Dragon Arrives! di Mani Haghighi. A questi si aggiungono i titoli già annunciati nei giorni scorsi, Boris sans Béatrice di Denis Côté, Genius di Michael Grandage, Alone in Berlin di Vincent Perez, Midnight Special di Jeff Nichols con Michael Shannon, Joel Edgerton, Kirsten Dunst, Adam Driver, Zero Days, il nuovo documentario di Alex Gibney.
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