Europa

Fuoco e fiamme contro i profughi nel «far east» tedesco

Fuoco e fiamme contro i profughi nel «far east» tedescoBautzen, il rifugio per profughi dato alle fiamme – Ap

Germania Cresce il clima di odio xenofobo: bus e rifugio presi d'assalto. A Bautzen la folla plaude e impedisce l’accesso ai soccorsi. L’agente che maltratta un minore libanese in Sassonia diventa caso politico. Polizia sotto accusa anche per non aver impedito l’attacco di Bautzen

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 23 febbraio 2016

Un autobus di rifugiati preso d’assalto da cento persone e un albergo destinato ai profughi bruciato, fra le grida di gioia della folla e il blocco dei soccorsi. Succede in Sassonia, far east della Germania e bunker dei populisti di destra in guerra contro i rifugiati. E accade, ancora una volta, sotto gli occhi delle forze dell’ordine incapaci di sradicare il mob che terrorizza gli immigrati nel Land più nero del Paese.

Due fatti distinti egualmente sintomatici del clima di odio che appesta la Bundesrepublik, un’altra coppia di puntini sulla mappa delle aggressioni razziste ai profughi che nel 2015 ha superato quota 1.600. Segnali inequivocabili della metastasi del «malessere» di un Volk sempre più violento e organizzato, per niente intimorito dalla «tolleranza-zero» sulla xenofobia perseguita, a parole, dal governo federale.

«Chi ha tentato di bloccare i pompieri è un criminale» scandisce Stanislaw Tillich (Cdu), primo ministro della Sassonia e rappresentante della comunità soraba, gli slavi tedeschi. Ha appena finito di leggere il rapporto-choc della polizia sull’incendio del rifugio per i profughi a Bautzen, 40.500 abitanti nella lingua di confine con Polonia e Repubblica Ceca: cronaca nera sotto tutti i punti di vista.

«Attorno al rogo si è riunito un gruppo di persone, soprattutto giovani e alcolizzati, che osservavano divertiti l’accaduto. È in corso un’inchiesta su chi ha tentato di bloccare lo spegnimento dell’incendio dei vigili del fuoco. L’albergo era vuoto, per fortuna non ci sono feriti» riassume la relazione.

Fa il paio con l’autobus di rifugiati assaltato il 19 febbraio a Clausnitz, sempre in Sassonia, immortalato da immagini che hanno fatto il giro sui social-network: bambini, donne, uomini in lacrime insultati da decine di “dimostranti” che gridano «Fuori dai coglioni» e li costringono a scendere, terrorizzati, dal mezzo. Una scena raccapricciante, «insopportabile» secondo il ministro degli interni della Sassonia Markus Ulbig e tutt’altro che imprevedibile.

La struttura data alle fiamme a Bautzen avrebbe dovuto aprire i battenti a marzo secondo un piano deciso da mesi, confermano gli amministratori locali, mentre l’assalto ai 20 migranti nel bus sarebbe già al centro di un’indagine interna per capire perché il cordone di 30 poliziotti a protezione del convoglio non ha impedito l’assalto. Anzi.

In Rete spunta il video che riprende un agente impegnato a far scendere con la forza dal bus un ragazzo libanese di 14 anni, che scoppia a piangere. Così scattano le denunce ai massimi livelli: il leader dei Verdi in Sassonia Jürgen Kasek deposita un esposto contro la polizia mentre il deputato della Linke al Landtag Rico Gebhardt accende i riflettori sui problemi «cronici» delle forze dell’ordine nella regione più esposta alla violenza contro gli stranieri. La più dura è Nadia Khalaf, delegata Spd, che parla apertamente di «violazione della convenzione sui diritti del fanciullo».

Misure ben diverse da quelle applicate ai militanti di Pegida che continuano a ottenere piena agibilità nei “comizi dell’odio” a Dresda, e maniere forti mai utilizzate contro «chi aggredisce migranti, incendia le auto di politici e attacca i giornalisti» ricorda l’informazione non solo progressista.

Mentre a Bautzen, capitale della Sorabia, i residenti non riescono a scrollarsi di dosso la «Gelbes Elend» (miseria gialla) ereditata dalla Ddr. Ai tempi della Stasi era il centro delle prigioni politiche del regime di Honecker, oggi l’avamposto del fronte nero che si oppone con tutti i mezzi alla Wilkommenkultur di Angela Merkel.

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