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Funerale lefebvriano, ma Priebke è respinto

Funerale lefebvriano, ma Priebke è respintoLa folla davanti alla comunità Pio X di Albano

I manifestanti bloccano il corteo funebre. Neofascisti a volto coperto provocano

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 16 ottobre 2013
Andrea PalladinoALBANO (ROMA)

Si sente sfregiata la città di Albano. C’è qualcosa di antico, profondo, radicato nei volti degli anziani che si stringono davanti all’ingresso della comunità Pio X. Il corpo del criminale di guerra Eric Priebke è in viaggio, partito dall’ospedale Gemelli, con la scorta di tre automobili civili. Da poche ore è arrivata la notizia che qualcuno temeva: i funerali religiosi si terranno qui, in questa énclave del cattolicesimo tradizionalista, spesso incline a un certo antisemitismo. I religiosi a capo della comunità non hanno avuto neanche un attimo di incertezza, spalancando le porte della lussuosa villa a pochi metri dalla via Appia alla bara del boia delle Fosse Ardeatine. «Preghiamo anche per lui», racconta una suora mentre cerca di scappare dai giornalisti, con un libro di catechismo in mano.

Sono bastati pochi minuti di passaparola per far accorrere chi alla memoria sa accostare la giustizia e la democrazia. I militanti del comitato No Inc in prima fila, insieme ai figli dei partigiani. I carabinieri e il reparto celere arrivato da Roma cercano in qualche maniera di proteggere il funerale infame, che nessuna città voleva. Aveva provato il sindaco della città a bloccare il corteo funebre, con un’ordinanza firmata alle 16. Nulla da fare, «ordine revocato dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro», spiega il primo cittadino. Alle 17.15 si mette la fascia, mentre le forze dell’ordine indossano i caschi antisommossa. Fa pochi passi, prende posto in prima fila, ripetendo «è uno sfregio, è intollerabile». Passano pochi minuti e arriva anche il sindaco di Genzano, comune che conta due partigiani morti alle Fosse Ardeatine, per mano del criminale Priebke.

Se Roma ha garantito una detenzione dorata al criminale di guerra, il gruppo religioso fondato da Marcel Lefebvre nel 1970 gli ha assicurato un funerale che neanche il vicariato di Roma voleva celebrare. Aprendo una ferita difficilmente sanabile. All’interno del giardino – dietro il cancello guardato a vista dai carabinieri e dalla polizia – alcuni operai preparavano con cura il giardino, mentre due uomini – con l’aspetto di security – vigilavano l’ingresso. Al cancello secondario – in una piccola via laterale – due donne sedute davanti all’entrata che porta verso il parco della villa giuravano che da lì nessuno sarebbe passato: «Siamo figlie di una staffetta partigiana e ricordiamo quando nostra madre ci portò da piccole a visitare le Fosse Ardeatine e non possiamo sopportare quello che sta avvenendo oggi. Da qui non ci muoverà nessuno».

Manca poco alle sei quando si intravede il piccolo corteo con al centro il carro funebre senza insegne. Una ragazza tenta per prima di bloccare le automobili, respinta da una agente di polizia che letteralmente l’abbraccia. Riesce per qualche secondo a coprire il carro con la bara di Priebke con una bandiera rossa, subito tolta dagli agenti. Il presidio si gira verso il corteo. Nessuno riesce a fermarli. Insulti, sputi, pugni. La memoria profonda dell’antifascismo conquista quel minuto lunghissimo, prima che le automobili e il carro funebre riescano ad superare il cancello di ferro.

«L’ho visto entrare, subito dopo il parapiglia», raccontano nel presidio. C’era un ospite particolare davanti alla comunità Pio X: Massimo Boccacci – esponente di spicco delle formazioni neonaziste romane, arrestato nel 2010 nell’inchiesta su Militia – non ha voluto perdere l’occasione. Scortato da una decina di teste rasate, ha aspettato il momento giusto, infilandosi nel cancello subito dopo il passaggio della bara di Priebke, raccontano alcuni testimoni del presidio. Prima per circa un’ora ha osservato – a mo’ di sfida – l’ingresso della comunità Pio X. Sussurrava appena, sembrava coordinare quel gruppetto di neofascisti arrivati prima alla spicciolata, e poi in un gruppo nutrito con l’evidente intenzione di provocare gli scontri. Dopo l’ingresso del corpo di Priebke era sparito, segno evidente della sua partecipazione al funerale. Passano pochi minuti e in fondo alla strada appaiono una ventina di neofascisti, armati di caschi. Fino a quel momento i funzionari della Digos e dei carabinieri avevano ignorato la presenza del gruppo che accompagnava Boccacci. Solo quando i neofascisti con il volto coperto dai caschi sono arrivati a poche decine di metri dal presidio, un cordone di una ventina di poliziotti si è schierato facendo da cuscinetto.

Sullo sfondo di una giornata infausta per la storia italiana rimane il ricordo di un’altra morte, quella di Adolf Eichmann, processato e condannato a morte in Israele nel 1962. La scelta, in quel caso, fu chiara: il corpo cremato e le ceneri disperse nel Mediterraneo. Raccontano che il secchio che le conteneva venne ripulito varie volte con l’acqua di mare: nulla del suo corpo poteva tornare alla terraferma. La memoria, accompagnata dalla giustizia, è il miglior antidoto per la banalità del male.

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