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Fuga picaresca da una colonia penale: Sorj Chalandon pesca negli archivi

Fuga picaresca da una colonia penale: Sorj Chalandon pesca negli archivi

Scrittori francesi La vicenda della colonia penale di Belle-Île-en-Mer ricostruita a partire dalla grande evasione del 1934: «La furia», quasi un romanzo d'avventura, da Guanda

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 1 settembre 2024

Nonostante il nome ameno, l’isola bretone di Belle-Île-en-Mer è stata per gran parte del Novecento il teatro di un incubo: ha ospitato sul proprio suolo una famigerata colonia penale per minori, dove si sono perpetrate per decenni quelle che oggi si chiamerebbero senza mezzi termini torture, stupri e violenze su bambini e adolescenti di diverse età. La casa di correzione – o meglio la galera – è stata dismessa soltanto nel 1977, e nel 1934 avvenne il fatto più celebre legato alla sua storia: una grande rivolta dei ragazzini, che facendosi largo tra le guardie, evasero e si nascosero sull’isola per diversi giorni.

Con l’assistenza dei solerti abitanti del luogo, i gendarmi riacciuffarono uno a uno i fuggiaschi – oltre cinquanta, perlopiù «colpevoli» soltanto di essere rimasti orfani – e li riportarono in prigione. Alla conta finale, però, mancava un nome: un bambino, uno solo, era riuscito a far perdere le proprie tracce definitivamente: non sarebbe stato mai più ritrovato.

La vicenda fece sensazione in Francia, e da allora le condizioni di vita nella colonia penale migliorarono. Grandi artisti resero omaggio all’episodio: in versi Jacques Prévert, con Chasse à l’enfant, poesia poi musicata da Joseph Kosma, in cui non mancano strali contro «l’onesta gente» che per qualche moneta si incaricò di aiutare la polizia; al cinema Marcel Carné, con La Fleur de l’âge, film tratto da una sceneggiatura dello stesso Prévert, che restò tuttavia incompiuto.

Sebbene meno conosciuti, anche i romanzi sull’argomento non sono mancati, e a distanza di novant’anni dai fatti di Belle-Île-en-Mer ne arriva un altro che si distingue dai precedenti per l’idea di fondo che lo ispira: nel suo La furia (traduzione di Silvia Turato, Guanda, pp. 339, € 19,00), infatti, Sorj Chalandon – scrittore e giornalista di lungo corso per «Libération» e «Le Canard enchaîné» – dà un nome e un volto al ragazzino scomparso, e immagina il prosieguo della sua fuga e della sua vita.

Chalandon è noto in Francia per aver raccontato in altri libri e con toni aspri, esenti da inclinazioni lacrimevoli, la propria infanzia difficile, vittima di violenze soprattutto da parte del padre. La voce rabbiosa che l’autore aveva già fatto sentire nei racconti autobiografici si trasmette, fin dal titolo (nell’originale, L’enragé), anche alla storia di Jules, ovvero il giovane evaso.

La sua vicenda comincia due anni prima della rivolta, nel 1932, quando viene assegnato alla colonia penale. Tra le sue mura, dove il lettore viene paracadutato ex abrupto attraverso la prima persona singolare di Jules, imperversano bullismo, umiliazioni e abusi di ogni tipo. Lui è un piccolo uomo, e un delinquente, già abituato alla violenza del mondo, ma anche uno spirito nobile che cerca di aiutare gli orfani più deboli. A un terzo del libro arriva la tumultuosa sequenza della grande evasione, conclusa da una decisiva nuotata à la Papillon, fino al peschereccio che vuol dire salvezza.

Con una prosa tutta finalizzata alla narrazione, senza indugiare in imitazioni di qualsivoglia parlata (d’epoca, per esempio, o di quella che dovrebbe appartenere a un adolescente analfabeta) e prediligendo la forma del dialogo, Chalandon lascia scorrere da qui in avanti le avventure di Jules come in un appassionato romanzo picaresco: dal viaggio in nave all’incontro con Prévert in persona, all’arruolamento più o meno informale nella militanza politica, fino a sfiorare la Spagna – quella della guerra civile, naturalmente – e la Resistenza in Francia. È attraverso questa scelta che l’enragé trova infine la chiave per declinare altrimenti la sua furia privata, nel nome dei compagni di sventura di Belle-Île-en-Mer, mai dimenticati.

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