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Frenano i contagi ma i decessi mettono ancora paura

Frenano i contagi ma i decessi mettono ancora pauraVaccino antinfluenzale a Milano – LaPresse

Covid Bufera per le parole di Crisanti sui vaccini. Ma i dati disaggregati sul vaccino Pfizer potrebbero arrivare solo nel 2025

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 22 novembre 2020

Nelle ultime 24 ore si sono registrati 34764 nuovi casi positivi al coronavirus e 692 decessi per Covid-19. Il rapporto tra i nuovi casi e i 237 mila tamponi effettuati è sceso al 14,6%. Significa che risulta positivo circa un test su sette. I numeri del giorno segnalano un contagio sostanzialmente stabile.

Il segnale più incoraggiante viene dalle cifre dei ricoveri. In terapia intensiva ci sono solo 10 pazienti in più del giorno precedente e in tutto gli ospedalizzati crescono solo di 116 unità. Ora sono 3758 in rianimazione e 34 mila in area medica. Il picco di quattromila pazienti in terapia intensiva toccato ad aprile potrebbe rimanere insuperato, se la tendenza dovesse confermarsi. Il ministro Roberto Speranza rimane cauto: «i primi segnali in controtendenza dopo le settimane di crescita vertiginosa del contagio si vedono, ma sono ancora del tutto insufficienti. La pressione sui sevizi sanitari è fortissima. Rt sta calando ma dovrà ancora scendere strutturalmente sotto l’1. Sola allora vedremo risultati più significativi», dice il ministro partecipando al congresso annuale degli Ordini dei farmacisti.

Dopo la richiesta di autorizzazione del vaccino Pfizer, ufficialmente presentata ieri, organizzare in modo tempestivo la distribuzione delle prime dosi è ora la priorità del governo. Speranza parla di «una campagna di vaccinazione anti-Covid nel Paese che probabilmente sarà senza precedenti». Potrebbe iniziare «dalla fine di gennaio, quando appare in questo momento possibile che potremo avere le primissime dosi», rivela il ministro.

Nessuno al governo sembra dubitare dell’efficacia e della sicurezza di quelli che sarebbero i primi vaccini basati sull’Rna mai utilizzati. Sul tema, piovono ancora critiche al microbiologo Andrea Crisanti, che aveva affermato: «il vaccino me lo faccio quando ci sono e vengono condivisi con la comunità scientifica i dati su efficacia e sicurezza».

Lo attaccano come un militante No Vax i suoi colleghi. «Parole inaccettabili» è il parere unanime del Comitato Tecnico Scientifico. Le sperimentazioni «vengono fatte sotto rigidissimi controlli» scrivono gli esperti, secondo cui «sarebbe opportuno evitare posizioni personali che nulla hanno a che vedere con la scientificità della questione». Crisanti ribatte di non aver nulla contro i vaccini e di aver affermato una banalità: «ho detto una cosa che pensa l’80% della popolazione. Prima ci sono i dati e poi arriva il vaccino, è questa la consequenzialità, la tempistica giusta. Io non escludo che un vaccino contro Covid-19 possa essere efficace e sicuro, ma dico solo: fate vedere i dati».

In realtà, la richiesta di Crisanti non è affatto banale. È vero che la Pfizer, prima di ottenere un’autorizzazione di emergenza per il vaccino, dovrà fornire prove della loro efficacia alle agenzie regolatorie. Ma perché la comunità scientifica possa verificare le evidenze, è necessario disporre dei dati disaggregati (ovviamente anonimizzati) secondo la filosofia dei “dati aperti” ormai fatta propria dalle principali riviste scientifiche. Questa elementare regola di trasparenza non sarà applicata per il vaccino. Infatti, secondo il protocollo pubblicato dall’azienda stessa «Pfizer renderà disponibili i dati dello studio clinico 24 mesi dopo il completamento dello studio». Cioè, stando ai documenti depositati al momento della registrazione dello studio, due anni dopo l’11 dicembre 2022. Il monitoraggio dei volontari proseguirà per altri due anni. Perciò, solo nel 2025 i dati raccolti durante lo studio clinico saranno resi pienamente trasparenti per un esame indipendente.

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