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Freccero: «Grillo in Rai? È la storia della tv»

Freccero: «Grillo in Rai? È la storia della tv»Carlo Freccero

Intervista «Propongo anche Benigni, Celentano e Fiorello. Un grande spettacolo sulla schizofrenia di tutti noi». «Propaganda per i 5 Stelle? Io ho orrore della propaganda. Anche per questo non mi piace la riforma Rai: sparisce il ruolo del servizio pubblico»

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 26 gennaio 2016

Ha già il titolo, A volte ritornano. Quattro protagonisti, per 16 prime serate su Raiuno. E «chi pensa che io sia al servizio di 5 Stelle perché mi hanno indicato per il consiglio d’amministrazione della Rai, non mi conosce».

Carlo Freccero, la proposta che lei intende fare al direttore di Raiuno – riprendere lo spettacolo teatrale «Grillo vs Grillo» per mandarlo in onda in primissima serata – susciterà inevitabilmente polemiche.

Io non penso solo a Grillo. Ma a personaggi che siano stati protagonisti di eventi televisivi e che rappresentino punti di vista e aree culturali differenti. Ne ho in mente quattro, gli altri tre sono Roberto Benigni, Adriano Celentano e Fiorello. Quattro prime serate ciascuno, di varietà e approfondimento: garantisco ascolti tra il 30 e il 40%. Questa è la missione del servizio pubblico.

Ma Benigni o Fiorello non sono leader politici o comunque – visto che Grillo dice di non essere un leader e di voler fare un «passo di lato» rispetto al M5S – punti di riferimento di un partito.

Grillo dice che vuole tornare a fare il comico? Allora torni sul mercato. Lui ha lo stesso problema che hanno Celentano o Benigni. Benigni vuole fare il papa, ha portato in tv la Bibbia, spiega la Costituzione, gli manca solo il Talmud… Celentano vuole fare il profeta e il cantante…

Ma ancora ieri Grillo tuonava dal suo blog, e proprio contro la Rai: ha lanciato la campagna #iospengolarai perché sarebbe «una televisione fascista che censura le notizie scomode per il governo che ne ha nominato i vertici come in Polonia».

Io non condivido questa legge non perché, come dicono tutti, disegna una Rai governativa. Lo spiegherò nel mio intervento di domani (oggi, ndr) in cda: i critici si soffermano sull’accentramento del potere di nomina dei dirigenti nelle mani della politica, senza che ciò avvenga in modo mediato come in precedenza. Ma l’anomalia è il ruolo che nelle nomine viene assegnato al ministero dell’economia, non ad esempio a quello della cultura, perché ci si concentra sulla visione aziendale della Rai, mentre nella legge non si parla mai di cultura, appunto. E poi anche la nomina del consigliere interno, il dipendente della Rai, rischia di avvenire in base non a criteri professionali, ma politici. Perché il servizio pubblico viene ridotto a strumento di propaganda, anche da parte di chi critica la legge e il governo proprio per questo motivo. La mia preoccupazione non è che la possibilità di fare propaganda finisca per essere garantita soltanto alla maggioranza, è un discorso che riguarda sia la maggioranza che la minoranza. Io ho votato l’amministratore delegato Antonio Campo Dall’Orto pensando che farà bene o male rispetto al rinnovamento del significato del servizio pubblico, alla sua funzione critica che non può essere ignorata. Invece questo nella legge non c’è: c’è il punto di vista aziendale produttivo, e c’è la propaganda politica, ma ciò non giustifica la sussistenza del servizio pubblico. Così potrà solo essere privatizzato. La nuova legge è un’estremizzazione in chiave aziendale-liberista della Gasparri.

Lei è entrato in cda con la Gasparri, indicato da Sel e 5 Stelle. Michele Anzaldi, dem della vigilanza Rai, dice: «Freccero vuole riportare in tv chi lo ha nominato, non pensa a Santoro»…

Anzaldi è un politico, ma molto comico. Non si può pensare che io intenda fare propaganda, ho orrore della propaganda. Leggendo l’intervista di Grillo al Corriere della sera mi sono detto: qui c’è l’idea base per una serialità. Quell’intervista spiega la schizofrenia di tutti gli uomini di spettacolo. Vorrei fare anche un «Celentano vs Celentano», «Benigni vs Benigni». Sono comici poi politici, santoni, predicatori… Sono gli amleti dello spettacolo televisivo. Grillo diventa politico di fronte alla mancanza della politica. Ma è evidente che non ne può più della politica.

Dunque porterà la sua proposta in cda?

Sarebbe una messinscena formidabile, un copione teatrale che si addice a chi ha fatto la storia delle tv, uno spettacolo sulla schizofrenia, siamo tutti schizofrenici. Chi fa tv oggi è schizofrenico. Ovviamente potrei fare anche un «Santoro vs Santoro». E dopo la bocciatura del referendum sulla riforma costituzionale inviterei Renzi a fare il comico. Del resto lui avrebbe voluto fare tv, poi si è messo a fare politica perché nel campo della tv c’era già Pier Silvio.

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