Freccero: «Dirò no a una Rai con il diabete culturale»
Intervista Il neoconsigliere: «Renzi vuole la tv che manda lo zucchero al cervello, ma così poi si muore». «Torni Santoro, basta con l’azienda dei no e delle sottrazioni. Saremo una città aperta» «Io lottizzato? Grillo e Sel hanno evitato l’algoritmo Gasparri» «Oggi servizio pubblico è non puntare al ghetto più basso»
Intervista Il neoconsigliere: «Renzi vuole la tv che manda lo zucchero al cervello, ma così poi si muore». «Torni Santoro, basta con l’azienda dei no e delle sottrazioni. Saremo una città aperta» «Io lottizzato? Grillo e Sel hanno evitato l’algoritmo Gasparri» «Oggi servizio pubblico è non puntare al ghetto più basso»
Carlo Freccero, colpo di scena, lei torna in Rai. Se lo aspettava?
Ma no, mi sembra di essere sull’ottovolante. Ma mi fa piacere. Da Raidue sono stato mandato sul satellite, poi sul digitale. Ora nel cda. Sono come quei bocconi che non vanno giù e tornano su. Resto sempre sullo stomaco. Ci vorrà il digestivo Antonetto.
Gli elettori 5 stelle non ricorderanno la pubblicità del mitico Nicola Arigliano. Perché lei è diventato consigliere grazie a Grillo e Sel. Ora è un lottizzato anche lei?
Ma per carità. Grillo è stato abile a posare la fiche sul tavolo, scrivendo nel suo blog che Freccero «non c’entra nulla con noi», e così tenendosi fuori dall’algoritmo della legge Gasparri.
Del resto lei non è mai stato tenero con Grillo.
Per niente. Pensi a quello che gli ho detto quando in Europa si è alleato con Farage. La mia sensibilità è più vicina alla sinistra. E ho visto i commenti negativi al post di Grillo,di gente che, come Totò, dice “così ci buttiamo a destra”. Hanno fatto una psicoanalisi in diretta. Ma alla fine Sel e M5S hanno messo insieme i voti. Meglio se l’avessero fatto per altre cose importanti, sin dal 2013…
Intanto lei ora siederà nel cda di viale Mazzini. Che farà?
Intanto bisogna aspettare il presidente e il direttore generale. Poi bisognerà affrontare la complessità in cui si trova la Rai. Fra tre mesi ci sarà la concorrenza di Netflix, il potenziamento della video on demande di Infinity e di Sky. La pay tv ormai è ormai anacronistica e l’unico suo punto forza è il calcio. Sky compra il canale 8, Discovery il canale 9. Insomma, la Rai è accerchiata. Dunque, primo: non bisogna ridimensionare la Rai. Nello scenario dei nuovi consumi la tv generalista rischia di finire in un ghetto. Il suo prodotto principale è la telenovela spagnola Il Segreto. Mediaset, che ha privilegiato la tv a pagamento per le partite, nelle generaliste mette prodotti di second’ordine. Per cui da una parte abbiamo la tv per gli intelligenti che hanno soldi, dall’altra quella per chi fa consumo basso.
Invece un servizio pubblico contemporaneo cos’è?
Il servizio pubblico oggi deve accettare una sfida che passa per due supergeneri: l’informazione e la fiction. L’informazione, che non è comunicazione, è l’antidoto alla manipolazione che avviene attraverso internet. La fiction invece deve essere modulata per diversi pubblici.
Parliamo di informazione. A Renzi non piacciono i talk politici. A lei, che li frequenta, piacciono?
A Renzi certe cose non piacciono per motivi bulgari. Il suo talk ideale è quello di Gianni Riotta: un disastro. Serve un’informazione che sveli, che riveli, non che crei ottimismo e che eviti l’ansia, come dice lui. Se no si rischia il diabete culturale, ti va lo zucchero al cervello e muori. Lui che è stato un rottamatore ora riecheggia le polemiche di Andreotti contro il neorealismo. Va in Giappone e chiede strade pulite. Ormai parla come un pensionato. Non è più in forma.
Renzi perde smalto?
Mi sembra che certe tecniche, come pompare le notizie, quello che fa Filippo Sensi (il portavoce del presidente del consiglio, ndr) siano un po’ in disuso. Renzi dovrebbe tornare più creativo e meno conformista.
A proposito, nel cda Rai c’è Guelfo Guelfi, che si è occupato della comunicazione di Renzi.
Non lo conosco. Del cda conosco solo Arturo Diaconale: ho vinto una causa contro di lui e poi, siccome avrei fatto chiudere L’Opinione, l’ho transata. Lui può confermare.
I suoi colleghi sono competenti?
Non mi sembra che abbiano lavorato nella prima linea della tv. D’altra parte il cda non è un comitato programmi. Spero che siano pronti a rendere la Rai una città aperta. Su questo darò battaglia e sarò inflessibile.
Tre anni fa lei e Santoro vi siete candidati a presidente e direttore Rai. Ora lei farà il consigliere. Santoro?
Spero che possa dare ancora tanto alla Rai, so che al momento è libero e lavora a progetti di docu-fiction. Non toccherà a me scegliere, ma terremo le porte aperte.
Lei ha scritto: per la tv bisogna lavorare sull’intelligenza più che sulla cultura. Che significa?
È uno dei temi che più mi affascino, come gli algoritmi di internet. Google lavora sulla rilevanza, ma ora c’è qualcuno che lavora anche su algoritmi sulle minoranze. Così la tv è passata dal praticare la maggioranza in modo persino dittatoriale a praticare, con gli ultimi prodotti, la minoranza e la differenza. Oggi la tv è arrivata a una sua maturità, raccoglie l’eredità del cinema d’autore, costruisce messaggi complessi. La critica sociale più feroce passa attraverso la fiction americana di Breaking Bad. House of cars spiega cos’è il potere, per l’Italia è il perfetto manuale per il patto del Nazareno. Ecco, la tv deve lavorare su questa dimensione, non culturale in senso classico. Come Gomorra e 1992: per un pubblico informato.
Ma quelle sono produzioni Sky. La Rai può ambire a tanto?
Sì. Cultura in tv non è riprodurre il passato, ma parlare alla sensibilità contemporanea. Oggi la tv deve esprimere una sua poetica. È successo a suo tempo anche con il cinema, nel momento in cui ha superato il complesso che aveva verso la letteratura e l’arte. E qualche volta la Rai l’ha già fatto, con alcune fiction, alcuni film. L’importante, quando si vogliono massimizzare gli ascolti, è non cadere nel ghetto del più basso.
Lei è stato nominato con la Gasparri. Le piace la riforma proposta da Renzi e poi abbandonata?
No. Una legge nella poetica politica di Renzi, quella della disintermediazione: eliminare i partiti e dare tutto a uno. Cancellare la burocrazia a favore del potere assoluto.
Chi dovrebbe nominare il cda Rai?
Vedo bene una fondazione libera dai partiti.
Cosa dirà alla prima riunione?
Prima ascolterò il piano del direttore generale. L’unica cosa che non vorrò sentire è “questo non si può, questo non si fa, questo è volgare”. La tv di qualità si fa con le addizioni, non le sottrazioni. Sono stufo di sentire che la tv di qualità “non è” qualcosa. Ce l’ho con la presidente Tarantola, per essere chiaro. E lo dice uno che ha studiato cos’è la qualità per la tv americana.
Se un politico la chiama, ci parlerà?
Ma certo, di politica. E con piacere. Mica qualcuno penserà di chiedermi favori?
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