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Frankenstein, i mostri siamo noi

Frankenstein, i mostri siamo noi

Videogame Di tutto il franchise Resident Evil, Village è il più «silenthill-iano»

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 3 luglio 2021

Di tutto il franchise Resident Evil, Village è il più «silenthill-iano»: i mostri terrorizzano perché non si possono sconfiggere, e non si possono sconfiggere perché fondamentalmente i mostri siamo noi.
Da un punto formale, Village è la conclusione del dittico iniziato con VII e complessivamente costituiscono una sorta di prequel alla sequenza canonica: VIII infatti rivela lo stadio antecedente alla scoperta del T-virus quando si riponevano le speranze della guerra batteriologica in un fungo in grado di fondersi con gli organismi conferendo loro poteri. Ethan Winters, dopo aver salvato la moglie Mia da una famiglia in Louisiana stravolta fisicamente e mentalmente dagli effetti del mutamicete, si rifugia in Europa per una nuova vita con la figlia Rose. Solo per scoprirsi braccato da chi pensava amico ed alleato: Chris Redfield e la sua squadra speciale che apparentemente uccidono la moglie Mia e rapiscono la figlia di pochi mesi: Rose. Ethan si lancia al salvataggio solo per scoprirsi confinato in un villaggio dominato da quattro «signori» a loro volta alle dipendenze della misteriosa Madre Miranda. I quattro signori sono la vera trovata geniale di Villagenon tanto e non solo per le loro specifiche caratteristiche e per i loro poteri, quanto perché ognuno di loro è immerso in un proprio caratteristico ambiente che è il vero nemico contro cui Ethan dovrà lottare. Il più affascinante ed il più lontano dal classico mood di Resident Evil è la villa di Donna Beneviento, oscura creatrice di bambole e di allucinazioni che il giocatore – nei panni del protagonista – dovrà affrontare senza alcuna arma a disposizione. Ma parimenti affascinanti sono anche il castello delle vampire di proprietà di Alcina Dimitrescu (presente anche nei demo rilasciati prima dell’uscita del gioco, che ha scatenato l’immaginazione memetica della Rete) e la fabbrica di soldati potenziati di Karl Heisenberg.

ENTRAMBI COMPLESSI labirinti in cui – soprattutto il secondo – non sempre è facile orientarsi e i cui ambienti ammaliano ed atterriscono. Meno riuscita come ambientazione le grotte e le case allagate che costituiscono il dominio di Salvatore Moreau. Ma l’unica vera delusione del gioco è proprio il boss finale, Madre Miranda, scopritrice del mutamicete e responsabile non solo delle mutazioni del villaggio e dei poteri dei quattro signori, ma anche della degenerazione della famiglia cajun del gioco precedente. Nessun vero dominio la definisce se non l’insieme di tutto il villaggio, ed al massimo un rifugio dove Ethan – e noi con lui – possiamo scoprire i vari gradi dello sviluppo del mutamicete come strumento per creare supersoldati e la motivazione alla base degli esperimenti della ricercatrice trasformatasi in Madre Miranda: riportare alla vita la figlia perduta, figlia che vede rinata in Rose Winters.
Il più «umano» dei signori è Heisenberg che offre ad Ethan la salvezza della figlia in cambio dell’alleanza contro Miranda. Ethan rifiuta, ma forse più d’un giocatore avrebbe la tentazione d’accettare lo scambio. Tanto più che Heisenberg rivela ad Ethan che anch’egli è uno degli esperimenti di Madre Miranda, altrimenti come avrebbe potuto sperare di sconfiggere i quattro signori coi loro «superpoteri»?
In Village Ethan è la reincarnazione del mostro di Frankenstein, che fugge dagli uomini per vivere in pace la propria esistenza, ma dagli uomini è sempre raggiunto e tormentato e non può non ribellarsi e liberare la propria furia.

E (SOPRATTUTTO ALL’INIZIO) la distinzione tra i mostri creati da Madre Miranda e l’unità speciale di Chris Redfield (che crivella di colpi la moglie di Ethan davanti ai suoi occhi) non è poi così chiara.
Anche l’arsenale a disposizione, man mano ampliato e migliorato, è alla fin fine niente a fronte della furia di Ethan che spazza via non solo mostri e grandi e piccoli boss ma che ignora addirittura la morte stessa.
Ed è proprio qui, nell’attingere a piene mani non solo nell’horror e nella fantascienza, ma nel tessuto di cui è fatto il mito, che Resident Evil Village riesce a farsi perdonare il fatto di essere poco equilibrato a livello di storia e soprattutto di gameplay (sviluppatissima la parte di Lady Dimitrescu, appena abbozzata – come già osservato – quella di Moreau, anche a livello di difficoltà).
Chiaramente però il giocatore, giunto alla fine della storia con l’ormai immancabile sequenza post titoli, non starà nella pelle per vedere cosa farà la cresciuta Rose nel mondo sconvolto dal virus…

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