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Frank Zappa, segreti e ritrovamenti del «Baffo» magico

Frank Zappa, segreti e ritrovamenti del «Baffo» magicoLa copertina di «Zappa '75/Zagreb/Ljubljana»

Tracce/Un elenco di alcune uscite postume del genio di Baltimora, tra inediti, rarità, live e versioni alternative. A 30 anni dalla morte Iperprolifico autore e archivista di se stesso, nella sua vita ha conservato tutto quanto ha scritto, annotato, filmato, provato, inciso

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 2 dicembre 2023

Mettiamola così: c’è il trend «completistico», un’enfia ridondanza così pesante da scoraggiare quasi chiunque (a meno che non si abbia il portafogli a fisarmonica e il tempo libero di un baby pensionato d’altri tempi, o di un riccastro di questi), ci sono le scoperte vere. Si parla di dischi, qui, e di ritrovamenti. Nel primo caso si sarà notato che gli ultimi vent’anni almeno hanno offerto, di certe figure del rock e del jazz, versioni di vecchi e indimenticabili album (o cd) gonfiati fino a sembrare la caricatura di se stessi. Non un cd o ellepì che diventa un doppio, a forza di alternate track e brani live, e fin qui ci starebbe, ma quadruplo, sestuplo, fino al delirio di chi pubblica cofanetti che sembrano cofani da venticinque, trenta pezzi. Le scoperte «vere» sono assai più rare. Frank Zappa, iperprolifico autore e archivista di se stesso nella sua breve vita, ha conservato tutto, ma proprio tutto quanto ha scritto, annotato sul pentagramma, filmato, provato, inciso in concerto. Aveva anche un senso, nella sua logica bislacca e razionale assieme: era il «project/object», ovverosia il considerare che un qualsiasi materiale inciso in una qualsiasi data avrebbe potuto interagire con qualsiasi altro frammento in tema da una qualsiasi altra sua data: le cosiddette «xenocronie».
Ciò premesso, si tratta di procedere con il benedetto «rasoio di Occam» anche con l’amato Maestro di Baltimora, e con tutto il rispetto per gli archivisti che devono sia confezionare le prolisse versioni «monstre» dei vecchi album, sia scovare gemme e portarle alla luce. Dunque: il principio del filosofo medievale diceva che gli enti non sono da moltiplicarsi senza ragione, per spiegare le cose. Quindi, anche nel mare magnum dei «vaults», lo sterminato archivio zappiano, esistono inediti e «live» davvero rilevanti, e non per completismo maniacale.

FUORI I TITOLI
Ecco qualche riga, allora, per quei «pezzi» che, dalla morte del Duca delle Prugne ad oggi, si possono considerare affioramenti preziosi realizzati dagli archivisti, in primis l’archivista principe, Joe Travers, in collaborazione con i figli di Zappa e, fin che c’è stata, con Gail. la moglie. Con un’avvertenza: è una scelta, e tutte le scelte lasciano fuori di necessità qualcosa che ad altri cultori zappiani sembrerà più rilevante, anche perché, dipanandosi l’opera del genio di Baltimora su diversi decenni, nonostante la morte precoce, ognuno considererà più importante un certo periodo o un altro. Vedremo di dare indicazioni laicamente ecumeniche.
Cominciamo dalla fine, tanto per rispettare l’ossimorico dadaismo ordinato zappiano. Il 2023 ha portato in dote Funky Nothingness, triplo cd con vari e corposi inediti concepito da Zappa in un periodo molto amato dagli estimatori, quello del 1970, interstizio sonoro tra Hot Rats e Chunga’s Revenge. Il «vero» inedito è il primo cd, undici tracce misteriosamente accantonate dal Maestro, nome preso da una favolosa e grezza session blues realizzata al tempo di Uncle Meat (gli altri due contengono versioni alternative e cose minori). Nel mezzo incredibili duetti chitarra-batteria con Aynsley Dunbar, neo assunto al momento, e due lunghi inediti assoluti che da soli valgono l’acquisto, in quel reame jazz rock che nel medesimo periodo frequentavano Miles Davis e i Soft Machine. Proseguiamo l’affondo nelle pubblicazioni post mortem con una serie annunciata che era iniziata bene, proseguita meglio, prometteva scintille emotive cronologiche ben dipanate nell’opera omnia zappiana, ed è finita nel nulla, inspiegabilmente.
Si tratta dei Road Tapes, una sorta di «diario di viaggio» con concerti strepitosi ben registrati e dipanati ognuno su doppio cd. Venue #1 è il deragliante concerto del 25 agosto 1968 alla Kerrisdale Arena di Vancouver, freakerie assortite fino a un travolgente King Kong finale, Venue #2 è la cronaca fedele dello spettacolo alla Finlandia Hall di Helsinki, 23 e 24 agosto 1973, pièce de resistánce una Father O’Blivion da ventitré minuti e una Dupree’s Paradise da sedici. Ultima pubblicazione la Venue #3, con il concerto al Tyrone Guthrie Theater di Minneapolis del 5 luglio 1970. Chi ama il cosiddetto «periodo Flo & Eddie», in cui Zappa era affiancato sul palco da una formidabile coppia di comici improvvisatori troverà pane per i suoi denti. Chi frequenta poco l’inglese strascicato e veloce lasci perdere.
Negli ultimi anni di vita, come sappiamo, il signor Zappa amava sperimentare, provare, scrivere per il gruppo di musicisti di estrazione classica che, finalmente, erano in grado di lanciarsi per le montagne russe delle sue partiture micidiali senza batter ciglio. È la storia di Zappa con l’Ensemble Modern tedesco e della meravigliosa avventura dello Yellow Shark, come fare musica contemporanea mettendo in conto parecchi sorrisi e risate.
Nel dicembre 1999 è uscito anche il magnifico Eveything Is Healing Nicely, dunque qualcosa come «Tutto quanto va rimarginandosi alla grande». Sono le prove (spesso esilaranti) di Zappa con l’Ensemble Modern, cronaca di un’intesa che fu subito costruttiva ed efficace. Ci trovate una versione «contemporanea» da vertigine del classico T’Mershi Duween e di Amnerika Goes Home, e, in Roland’s Big Event, il violino visionario di L. Shankar. Ma anche il pianista Herman Kretzchmar che, su suggerimento di Zappa, legge il bollettino internazionale del fan club del piercing. Pura lucida follia zappiana, che riesce a far improvvisare un gruppo abituato alla più severa disciplina dei suoni. Su queste stesse estremi e piacevoli avventure sonore potete recuperare anche il sorprendente Feeding the Monkies at Ma Maison, scovato nei vault zappiani da Pat Travers e pubblicato nel 2011. Leggenda (o realtà?) vuole che ci siano circa cinquecento composizioni inedite di Zappa al Synclavier DMS, lo strumento che in anticipo su tutti imparò a maneggiare per ovviare ai limiti tecnici dei musicisti sulle sue partiture, e per sperimentare episodi ritmici e astratti quasi impossibili. Qui, in un cd con copertina tridimensionale, trovate una silloge di inediti al Synclavier a dir poco stupefacente, in pratica il capitolo due di Jazz from Hell, a cominciare dal brano che intitola, venti minuti che sembrano arrivare da Marte.

LE MOTHERS
Ritorniamo sul pianeta Terra con un dvd e cd che vi farà vedere e ascoltare in azione la favolosa versione delle Mothers nei tre concerti concerti al Roxy, in California 1973: un momento particolarmente caro al Maestro, con la folletta vocalist e polistrumentista Ruth Underwood, da cui fu tratto Roxy & Elsewhere, ma anche il postumo Roxy By Proxy, 2014. Sembrava una missione impossibile recuperare e restaurare i video azzoppati da mal funzionamenti delle telecamere e altri incidenti di percorso, con clamorosi «vuoti» nel sonoro, John Albarian c’è riuscito, con un lavoro certosino, in Roxy the Movie, pubblicato nel 2015. Procediamo in ordine sparso, con altre chicche (e l’avvertenza ulteriore e definitiva che molto altro è uscito, e uscirà). Imprescindibile Zappa Wazoo, uscito nel 2007: due cd con il formidabile concerto al Music Hall di Boston del 1972 che coronò il sogno di Zappa di avere una vera big band da venti elementi a proprio agio con la sua musica spigolosa ed erratica e intrisa di jazz del periodo Grand Wazoo/Waka Jawaka. Chi ne cercasse una versione in epitome, si procuri Imaginary Diseases, uscito nel 2006, dov’è all’opera, sempre nel ’72, una «piccola big band» (la cosiddetta Petit Wazoo) da dieci musicisti in Canada, a Kansas City, Filadelfia, Washington, Waterbury.
Un altro gruppo pochissimo documentato nel continuo avvicendarsi di organici dell’esigente Maestro lo trovate nello smagliante Philly ’76, doppio cd che riporta il concerto allo Spectrum di Filadelfia: ci trovate le uniche registrazioni con Zappa di «Lady» Bianca Odin, strepitosa vocalist e tastierista nera, che canta l’impossibile in Black Napkins, aggiungendo vernice gospel, jazz e blues al tutto. I nostalgici a oltranza dell’ultimo Zappa con la band e non impegnato in avventure orchestrali possono senz’altro indirizzarsi su Zappa ’88: The Last U.S. Show, Baltimora, 25 marzo, la sua città natale, pubblicato nel 2021: con l’unica versione reperibile di un sorprendente Beatles Medley, Whipping Post degli Allman Brothers, una disarticolata Stairway to Heaven dei Led Zeppelin. I nostalgici e anche cacciatori di concerti speciali, invece, si procurino Zappa ’75: Zagreb/Ljubljana: Zappa nella Jugoslavia socialista di Tito, pubblicato lo scorso anno. Anche qui una particolarità al femminile: la presenza di Norma Bell al sax, appena due mesi con il baffuto Maestro, ma che hanno lasciato il segno.

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