Cultura

Franco Rella, l’inesausta passione di nominare il mondo nei suoi orli umbratili

Franco Rella, l’inesausta passione di nominare il mondo nei suoi orli umbratiliPaul Klee, licenza wikicommons

RITRATTI Un breve profilo bio-bibliografico del filosofo morto a Rovereto a 79 anni. Tra i suoi numerosi saggi: «Miti e figure del moderno» (1981) e «Ai confini del corpo» (2000)

Pubblicato più di un anno faEdizione del 18 luglio 2023

Un pensiero va indagato e interrogato. E ciò vale per la filosofia, ma anche per la letteratura come per l’arte, in una costellazione che le tenga insieme e al contempo ne lasci splendere ciascuna. Ne è sempre stato persuaso Franco Rella, filosofo e docente di Estetica allo Iuav di Venezia, morto il 14 di luglio all’età di 79 anni nella sua Rovereto, cui lo legavano non solo i natali ma una salda affezione che lo aveva portato a essere, tra le altre attività, uno degli animatori del museo Mart. Autore di libri tanto rigorosi quanto preziosi, Rella del pensiero ha sempre intravisto quello spazio liminale e incarnato in cui si deposita la storia delle rappresentazioni e delle idee.

I NOMI DI RIFERIMENTO sono molti, a cominciare da Georges Bataille, da quando nel 1973 firma l’introduzione a La parte maledetta pubblicata da Bertani per poi intervenire anche in anni più recenti, ad esempio curandone la Storia dell’erotismo (Fazi 2006) e, con Susanna Mati, dedicandogli un volume dal titolo Georges Bataille, filosofo (Mimesis, 2007), disseminandolo poi in altri saggi, ricordiamo Ai confini del corpo (Feltrinelli 2000) fino a Il compito dell’impossibile, (Orthotes 2015). Se agli albori della sua ricerca dedica a Lacan, Deleuze e Foucault Il mito dell’altro (Feltrinelli 1978) è Benjamin che convoca in Critica e storia (Cluva 1980). Del resto, insieme a Baudelaire e Valéry (di cui ha curato negli anni diverse edizioni italiane), Benjamin resta interlocutore nella produzione di Rella, basterebbe citare Metamorfosi. Immagini del pensiero (Feltrinelli 1984) o il dialogo costante che mantiene con Klee, presente tra gli altri nei suoi brevi inventari filosofici che illuminano il filo tra pensiero ed esistenza come accade in Micrologie (Fazi 2007). Letteratura, arte e filosofia sono al centro di un altro saggio decisivo: Miti e figure del moderno, pubblicato per la prima volta nel 1981 da Pratiche, aggiornato con parti inedite fino alla edizione Feltrinelli del 2003.

GLI INESAUSTI RICHIAMI a Rilke, Aragon, Flaubert, o ancora a Nietzsche, Freud, e soprattutto Proust e Kafka, fanno da contrappunto alla dedizione più specifica di Rella per l’Edipo (Sofocle e Hölderlin) fino al Monsieur Teste del già citato Valéry o all’ultima riflessione a proposito del suo La solitudine del Minotauro (Aragno 2023). Emergono non solo i temi del bene e del male ma anche quelli della disgregazione e la vertigine, dell’esilio e lo spaesante. Domandano profondità al nostro abitare il mondo, mentre baluginiamo tra l’esperienza di imperfezione e l’enigma di una bellezza nominata sia pure nel limite che l’urto del linguaggio prevede.
In fondo questo dare del «tu» alla storia, alla propria come a quella più grande, è un ulteriore strumento che il filosofo ci consegna (ne ricostruisce il segno in Narrare, per Jaca Book nel 2020). Se allora il pensiero va indagato e interrogato, sono i suoi orli umbratili che lo rendono prossimo alla condizione umana, lo ha scritto con acutezza Franco Rella: «la morte è nudità, come nudo è l’amore».

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