Paroliere – ma anche produttore preparatissimo e altrettanto esigente, Franco Migliacci – morto ieri a Roma a 92 anni – è stato una delle firme più importanti della canzone italiana. Innovatore nella stesura dei testi, ai classici ’cuore amore cuore’ sostituisce intuizioni poetiche e talvolta sociali , in realtà inizia la sua carriera in tutt’altra direzione. I primi passi li muove nel mondo del cinema dove farà da comparsa per una ventina di pellicole, poi in qualche sceneggiato per la nascente tv, si misura con il doppiaggio e si ingegna anche come illustratore. Ma il destino è legato al mondo delle sette note: preso dallo sconforto in una giornata che appare negativa ha l’intuizione di «mandare a quel paese il mondo dipingendosi le mani e la faccia di blu per sparire nel blu dipinto di blu». Quella frase scritta sotto forma testo, entusiasma l’amico Modugno a cui la invia che ha già in testa il ritornello, e su quell’idea lavoreranno duro per ben sei mesi.

IL TRIONFO sanremese li ripagherà dello sforzo: il canto liberatorio, quel Volare oh oh e le mani aperte a mò di gesto liberatorio di Modugno sul palco del festival, segneranno uno spartiacque nella musica leggera italiana oltre i confini nazionali e l’inizio della carriera d’autore di Migliacci. Un anno dopo scrive il testo di Tintarella di luna che dà il la alla carriera travolgente di Mina, mentre continua la collaborazione con Modugno che frutta successi come Notte lunga notte, Libero, Addio Addio (vincerà Sanremo nel 1962 in doppia esecuzione con Claudio Villa). Dopo Come te non c’è nessuno (1963) per una giovanissima Rita Pavone, inizia un altro fondamentale sodalizio di Migliacci, quello con Gianni Morandi. «Me lo presentò – racconta a Maurizio Becker nel volume C’era una volta la Rca (Coniglio editore) – Nanni Ricordi, un giorno mi parlò di un ragazzino che a suo giudizio aveva proprio le caratteristiche che stavo cercando (Migliacci era tornato da un viaggio negli Stati uniti doveva aveva intuito l’importanza del pubblico dei teenagers, ndr…). Inciampai letteralmente in una bobina dove c’erano i due pezzi cantati da Morandi: Non arrossire di Gaber e 24 mila baci di Celentano».

La bambola prima di Patty Pravo venne rifiutata da Cinguetti, Caselli e i Rokes

IL SODALIZIO funziona alla grande, il dinoccolato ragazzo di Monghidoro nel giro di pochi anni incide decine di 45 giri che diventeranno hit da milioni di copie: Fatti mandare dalla mamma, In ginocchio da te per passare alle più seriose C’era un ragazzo che come amava i Beatles e i Rolling Stones, dove su musica di Mauro Lusini, Migliacci compone un inno antimilitarista. «Con lui – scrive in un post Morandi – se ne va una persona che ho avuto la fortuna di incontrare e che ha cambiato completamente la mia vita e la mia carriera». La firma di Migliacci appare in altri classici del periodo, per Nada Il cuore è uno zingaro e Ma che freddo fa e Che sarà per i Ricchi e Poveri e Josè Feliciano (1971) «In quel testo – confessa ancora a Becker – parlo di Cortona, il paese dove sono nati i miei genitori. Quando scrissi quel verso ‘paese mio che stai sulla collina disteso come un vecchio addormentato’ pensavo proprio a Cortona e alla mia infanzia».

Migliacci crede anche nella Bambola che diventa un classico con Patty Pravo ma che nessuno all’inizio vuole cantare: «L’avevo portata alla Cinguetti ma la madre sentenziò che non l’avrebbe mai cantata perché la figlia non era una bambola. L’avevo proposta alla Caselli ma neanche lei la volle incidere». La carriera di Migliacci prosegue e nel 1973 produce il primo album di Renato Zero, No mamma, no! Sul declinare dei settanta scriverà perfino due sigle (milionarie) di cartoni animati come Heidi e Mazinga e contribuirà al ritrovato successo di Morandi (Uno su mille, 1986) e alla scoperta di Eduardo De Crescenzo (Ancora, 1981) e di Scialpi (Rocking rolling, 1983).