Franco Marcoaldi
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Cultura

Franco Marcoaldi, una vita aperta al mondo nel suo «spettacolo» quotidiano

Scaffale «I cani sciolti», l’autobiografia intellettuale del poeta in forma di saggio, per Einaudi. La presentazione domani a Bookcity a Milano
Pubblicato circa 6 ore faEdizione del 16 novembre 2024

«Quando sei presente, sii presente/veramente. Quando cammini,/guardati bene intorno: malgrado/tutto, lo spettacolo del mondo/resta stupefacente, scriveva anni fa Franco Marcoaldi in alcuni versi di una sua memorabile raccolta, La trappola. E proseguiva, qualche strofa più avanti, in quella stessa poesia: «Non coltivare/mai sogni di gloria o chissà/quali attese: nel pianeta terra/transita tutto a gran velocità,/compresi i fallimenti e i successi,/i lamenti, i desideri, le pretese».

TUTTO SI TIENE, nel pensiero e nell’opera di Marcoaldi. È una questione di postura, per quanto abusata sia questa parola; è un modo di stare nel mondo, quale che sia la forma espressiva in cui viene declinato. La medesima postura che ritroviamo ora nel breve, e «aureo» saggio I cani sciolti. Comunità di solitari (Einaudi, pp. 146 , euro 15).

A ben vedere è più di un saggio, I cani sciolti: è quasi un’autobiografia intellettuale e sentimentale, una rappresentazione di sé a metà strada fra narrazione e riflessione, in forma di passeggiata fra le cose del mondo. «Narrazione», nel senso che Marcoaldi racconta anche della propria vita personale, quasi intima: come quando trascrive addirittura alcune parti di un diario che suo padre aveva tenuto dopo la Seconda guerra mondiale. «Riflessione», perché gli stessi episodi autobiografici risultano sempre inscritti dentro uno sguardo sulla realtà, dentro considerazioni più generali. E sono molte, le più varie, le considerazioni contenute nel libro: da quelle su questioni apparentemente piccole, quale il piacere della coltivazione di un orto, ad altre più grandi o epocali, come il conflitto Israelo-palestinese. Ma sia chiaro: senza mai la minima presunzione di voler elargire verità o impartire lezioni.

SE PROVIENE UNA LEZIONE, da Marcoaldi, è semmai proprio questa: che dovremmo tutti astenerci dal voler impartirne, dal pensare che il mondo possa essere imprigionato dentro verità assolute, valide una volta per tutte e per tutti. È già difficile averne di personali, di verità; sarebbe perfino arrogante pretendere di imporne ad altri. Ed è in fondo il senso anche di quell’avvertimento che nel suo diario il padre di Marcoaldi rivolgeva al figlio più grande, fratello maggiore di Franco: «Ricòrdati che c’è un’unica cosa che nessuno potrà mai toglierti. Ciò che hai imparato, conosciuto, vissuto. Sulla tua pelle, in prima persona».

Ecco, è in questo che consiste la «comunità di solitari» alla quale pensa Marcoaldi, e cui sente di voler aderire: una comunità di «cani sciolti» che accettano il rischio dell’estraneità a qualunque «banda», a qualunque opinione precostituita e necessariamente «precisa» su ogni cosa, su ogni argomento. Se il rischio è quello della solitudine, la posta in gioco è tuttavia vitale, perché si traduce nella possibilità stessa di «vivere la vita che si è immaginata», come la prefiguravano quei versi della Trappola: una vita aperta al mondo nel suo «spettacolo» quotidiano, nella consapevolezza della vanità di qualunque sogno di «gloria» o di «chissà quali attese». Il punto non è rinunciare a sé, ma rinunciare alla vanità di sé, è «fare anima» piuttosto che «fare banda». Vale a dire: dimenticarsi di sé per «dare più aria e luce ai nostri pensieri», come scriveva Thoreau, che non a caso Marcoaldi annovera fra i suoi compagni di viaggio. Il premio sarà la conquista o riconquista di una relazione più intima e piena con il mondo e con le cose; poter sentire il mondo e le cose tornare a risuonare. Quasi come l’inveramento di un sogno di solidarietà fra tutti i viventi, di fraternità universale.

MARCOALDI NON È SOLO, nella passeggiata che ci invita a fare, è con amici e maestri. E quello che rappresenta meglio lo spirito che anima la sua «comunità», solitaria ma al contempo solidale, è Albert Camus, che per primo era proprio così. Marcoaldi non chiede altro che questo, «solidarietà e solitudine», per «sigillare» il suo libro e per sé: niente di più, ma neppure di meno.

La presentazione domani a Milano a Bookcity: ore 18 Museo Nazionale Scienza e Tecnologia con l’autore e Stefano Mancuso.

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