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Franco Fontana, il mistero del colore

Franco Fontana, il mistero del colore

Intervista Un fotografo alla ricerca dell'invisibile nel paesaggio

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 24 aprile 2021

Franco Fontana è forse il fotografo italiano più conosciuto all’estero. Definito il «maestro del colore», insieme alle sue splendide immagini, ci dona una straordinaria lectio filosofica esortandoci a investire sulla qualità della vita: «Occorre rischiare sempre per allontanare quel cimitero che è dentro di noi…». È da sempre interessato all’invisibile nascosto nel paesaggio e al mistero del colore. L’intervista è un excursus sul percorso creativo e sui momenti basilari della sua lunga carriera artistica sempre fuori dal coro.

Baia delle Zagare è l’icona e il segno indelebile del tuo percorso. Da qui principia tutto. Ci racconti la storia di questo scatto?
Baia delle Zagare 1970 è una foto «icona» del mio percorso iniziale come lo sono tante altre. Io la definirei una «radice» del mio lavoro, l’inizio di una maturazione del mio pensiero espresso poi nel tempo identificando il codice del mio paesaggio. Fu utilizzata dal ministero della Cultura Francese per promuovere il «pensiero francese»: paesaggio e fotografo italiani… molto gratificante!

Esaminando il tuo tragitto artistico, emergono con determinazione il colore e la geometria, tanto da rendere il tuo linguaggio immediatamente identificabile e unico. Cosa esprimono questi due elementi nelle tue fotografie, in particolare il colore, prediletto negli anni Settanta, periodo in cui tutti preferivano il bianco e nero?

Non definirei il mio percorso artistico: determinato dalla geometria. Io cerco di significare la forma in chiave artistica e significativa perciò nulla a che vedere con la geometria e la grafica ma con l’esistenza. Ed il colore non ha un significato di creazione arbitraria ma un movimento che significa vita ed è per questo fondamentale.

Hai trattato più generi: paesaggi, reportage, nudo, pubblicità. Come definiresti il tuo nudo?
Non ho fatto più «generi» per divertimento, ma per continuare a sperimentare a 360° quello che gli stimoli mi suggerivano, per continuare a crescere, pur rischiando, cercando di non fossilizzarmi sul paesaggio. Con il nudo ho voluto significare il corpo femminile con tutta la sua sensualità ed anche la dolcezza e l’armonia della natura feconda.

Com’è nata la tematica delle ombre, approfondita minuziosamente nella serie Presenza Assenza?

Il collaudare ed esprimere altri temi oltre al conosciuto paesaggio non ha una spiegazione: come ho già detto tutto parte da uno stimolo o da un piccolo seme che nel frattempo è germogliato e attendeva solo di crescere.

Cosa ha significato per te la mostra «Dietro l’invisibile», tenutasi nel 2018 a Bergamo presso il Complesso Monumentale di Astino?
Il significato della mostra al Complesso di Astino a Bergamo «Dietro l’invisibile» ha solo confermato la mia identità rendendola visibile, identificando e testimoniando il mio pensiero.

Quali sono i progetti in cantiere?
Non esistono progetti ma esiste l’ispirazione che non è programmabile e non importa da dove viene. Per ciò che invece riguarda i progetti di mostre, che invece sarebbero programmabili, tutto è purtroppo fermo. Avevamo in «cantiere» cose molto interessanti ma bisogna attendere tempi migliori che sono sicuro arriveranno.

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