Francesco Arena, sculture da flash emotivi
Mostra Francesco Arena (Cassano delle Murge, Bari) in una mise-en-scène quanto mai poetica, nella mostra «Il fulmine governa ogni cosa», a cura di Davide Pellicciari e Carlotta Spinelli, appena inauguratasi presso la Fondazione Nicola Del Roscio di Roma
Mostra Francesco Arena (Cassano delle Murge, Bari) in una mise-en-scène quanto mai poetica, nella mostra «Il fulmine governa ogni cosa», a cura di Davide Pellicciari e Carlotta Spinelli, appena inauguratasi presso la Fondazione Nicola Del Roscio di Roma
Nel 1922 il filosofo Martin Heidegger e sua moglie Elfride si fecero costruire a Todtnauberg (nella Foresta Nera) una hütte di circa 50 mq, realizzata in legno, poggiante su un basamento di pietre, spartana e senza acqua corrente. Qui, Heidegger compose gran parte dei suoi saggi come Essere e Tempo (1927) oltre a ritornarci durante tutta la vita. Quel rapporto tra filosofia e architettura, tra pensiero e spazio era già stato indagato nella mostra Machines à penser alla Fondazione Prada di Venezia (2018), accomunando maîtres à penser come Wittgenstein, Adorno e Heidegger sulla necessità dell’isolamento intellettuale.
Francesco Arena (Cassano delle Murge, Bari) in una mise-en-scène quanto mai poetica, nella mostra Il fulmine governa ogni cosa, a cura di Davide Pellicciari e Carlotta Spinelli, appena inauguratasi presso la Fondazione Nicola Del Roscio di Roma, scardina il concetto di aiuto, supporto, assistenza (svanito in questa società altamente individualista) in una interpretazione alchemica e reinventiva. Lo fa partendo dalla machine à penser di Heidegger, riproducendo la pianta interna della sua hütte in cartongesso, di 6 per 7 metri, in scala 1:1 con l’opera Pavimento (2023).
La sua volumetria si incastra tra pavimento e soffitto della Fondazione e si erge come una sorta di poligono bianco, strambo e poderoso, consentendo di accedere all’interno con delle pantofole per non scalfire il pavimento, composto da ben 210 assi di cera rossa. In essa sono allocati oggetti mirabolici che affondano nel mondo del sapere e dell’emozione affettiva e che da oggetti funzionali divengono sculture sinestetiche e flash emotivi.
È proprio questo lo scarto concettuale che Arena opera: ri-attribuire alla banalità dell’oggetto un magnetismo che lo impregna di quella dimensione fenomenica che è l’acquisizione dell’aura. Cosa assai rara. Le sculture sensibili sono tutte realizzate in bronzo, come Sedia (2023) che ripropone in scala 1:1, la famosa sedia «psichica» di Glenn Gould, progettata dal padre (pieghevole e regolabile, con una seduta a 35 cm da terra) per sfruttare al meglio la tecnica pianistica.
Arena introduce nella spalliera della sedia un quotidiano arrotolato, che va sostituito ogni giorno in modo che la scultura stessa assorba lo scorrere del tempo (come in Masso con gli ultimi 5 giorni, 2022 al Museo Maxxi dell’Aquila).
Stupore e meraviglia per Maniglia (2023). Concettuale nel concettuale. L’opera è il rifacimento di due maniglie delle porte disegnate dal filosofo Ludwig Wittgenstein per la casa che l’architetto Paul Engelmann costruì a Vienna nel 1926 per la sorella Margaret Stonborough-Wittgenstein. La scultura è installata sulle due facce di una parete e contiene due motorini elettrici che le fa ruotare come se dovessero aprire la porta. Una vera epifania, mentre Cintura (2023) è una installazione aerea e rotante, ampliata per contenere al suo interno due persone congiunte. È un omaggio a Cy Twombly il quale, nell’ultimo periodo della sua vita, si faceva sostenere dal suo assistente quando doveva dipingere grandi tele.
La specchiante Cassetta (2023) riabilita invece la cassetta di legno utilizzata da Marat assassinato, per poggiare fogli e calamaio mentre era immerso nella vasca da bagno, nel dipinto La Mort de Marat di Jaques-Louis David del 1793. Cartello (2023) è un chiaro riferimento al mondo della contestazione di massa in cui la candela accesa, posta sopra al cartello, sciogliendosi, pervade la superficie priva delle usuali scritte. Il fulminante titolo della mostra chiude il cerchio e allude ad Asse, che ricalca in cera rossa, la frase, tratta dai Frammenti di Eraclito, Der blitz steuert alles, fatta scolpire da Heidegger in tedesco, sull’architrave della porta di ingresso della sua hütte.
Arena è un artista bruciante e immaginifico che innesta la sua ricerca scultorea sulla soggettività e sulla storia. Dalla sua installazione 3,24mq (2004) che rievoca la prigione in cui fu rinchiuso Aldo Moro dalle Br nel 1978 alla Trilogia di Giuseppe Pinelli, per arrivare poi al Peso del mio corpo da un blocco di pietra del peso di una barca (2010) sullo sbarco dei profughi a Lampedusa. Ha indagato anche la strage di Bologna del 1980 con Pleur qui peut, rit qui veut, l’assassinio di Carlo Giuliani durante il G8 nell’opera Genova (foto di gruppo) (2011), fino a quel Marmo con 3274 giorni (2019), un masso marmoreo scavato in cui sono inseriti fogli di agende corrispondenti ai giorni intercorsi tra l’uccisione di Stefano Cucchi e l’incriminazione dei carabinieri coinvolti.
Per scoprire il suo processo creativo, l’artista ci guida all’interno della Fonderia Battaglia a Milano e si racconta in questo video.
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