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Franceschini: «L’area archeologica va data ai privati». A chi? Agli sceicchi

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Pompei Riaperte le "case" restaurate. Ma manca il personale

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 18 aprile 2014

Nel giardino della domus di Romolo e Remo il ministro Dario Franceschini accetta di fare una breve sosta per i giornalisti, quasi impossibile fare domande. L’occasione per farsi fotografare ieri agli scavi di Pompei l’ha fornita l’apertura delle tre case restaurate, quella di Romolo e Remo, di Trittolemo e di Marco Lucrezio Frontone. La legge Valore cultura ha sovrapposto l’Unità Grande Progetto alla soprintendenza speciale, rallentando le procedure burocratiche, ma il ministro è sereno: «Abbiamo creato un’ottima sinergia tra le due strutture, si fa lavoro di squadra». I fondi, 105milioni, vanno spesi entro il 2015 oppure andranno persi, dei 39 cantieri attualmente ne sono aperti sette con un impegno di 40milioni: «C’è terreno da recuperare, ho incontrato qualche settimana fa a Parigi il commissario Ue e ne abbiamo discusso».
Gran finale con «in epoca di tagli alla spesa ci vuole l’ingresso dei privati. Vorrei che si superasse un dibattito ideologico assurdo. Stiamo lavorando a una convenzione-tipo, prendendo spunto da Ercolano dove opera il Packard Humanities Institute, con incentivi fiscali per i privati che fanno un atto di liberalità». Squadre di calcio o compagnia aerea, quando si tratta di trovare investitori si pensa agli emiri e anche Franceschini ha pronto il suo: «Ho ricevuto l’ambasciatore del Kuwait, lo sceicco Ali Kahled Al-Sabah. Il loro interesse nei riguardi di Pompei è forte e sincero». Come Angela Merkel, il ministro ha pagato il biglietto per sé e per lo staff e, lanciandosi verso l’uscita, si è buttato tra le braccia di una comitiva germanofona per sottolinea, forse, l’amicizia con Berlino. Peccato, erano austriaci.

A telecamere spente l’incontro con lavoratori e sindacati: il corpo di vigilanza è sottorganico di 200 unità, quello che si inaugura poi viene richiuso perché non c’è personale per gestire i turisti. Fino al primo maggio è stata siglata una tregua: due ore di straordinario volontario pagato in attesa che a maggio vengano distaccati 30 custodi dall’Ales, società in house del Mibact, per rendere accessibili di mattina le prime due domus aperte ieri e, di pomeriggio, la terza. Sperando che la tregua con i lavorati regga. La casa di Marco Lucrezio Frontone è uno scrigno di bellezze, l’affresco che ritrae l’uccisione di Neottolemo è ancora in restauro. Sulle pareti del giardino le scene di caccia sono pericolosamente sbiadite a causa delle intemperie. Per le tre domus sono stati spesi solo fondi ordinari, niente Grande Progetto: «Quando mi sono insediato a marzo – spiega il soprintendente Massimo Osanna – ho fatto una ricognizione con i funzionari per individuare le case che potevano essere riaperte in tempi brevi. In due casi i lavori sono stati fatti dal nostro personale, per la domus di Trittolemo abbiamo incaricato una ditta esterna».

Mentre il dibattito scivola da un ministro all’altro intorno alla visione di Pompei come un grande parco a tema con fondi privati, restano inevasi due nodi: un organico ridotto così all’osso da rendere il sito ingestibile e la qualità dei restauri, affidati tramite appalti al massimo ribasso a ditte esterne. La procura di Torre Annunziata ha appena aperto un nuovo fascicolo su gli ultimi cinque cantieri mentre, secondo la stampa svizzera, i lavori alla domus del Criptoportico l’hanno resa simile a una pizzeria. «Coinvolgerò istituti di ricerca e università, come faceva il mio predecessore Pietro Guzzo – replica Osanna -. Dobbiamo aprire un dibattito sotto la guida della soprintendenza. Le critiche alla domus del Criptoportico sono infondate. L’approccio progettuale ha tenuto conto delle esigenze prioritarie come la protezione degli ambienti». Quanto alle assunzioni? «La discussione è in corso col ministro. Mancano restauratori, progettisti, personale amministrativo. Vedremo».

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