Gianna Fracassi, vice segretaria unica della Cgil, domani alle 10 (senza corteo) tornate in piazza del Popolo a Roma, stavolta da soli, per chiedere «pace, lavoro, giustizia sociale e democrazia».
La manifestazione chiude un percorso ricco di iniziative territoriali con 140 assemblee pubbliche fatte nelle piazze assieme ad associazioni, istituzioni, politici come deciso nella Conferenza di organizzazione e nel Direttivo di marzo, mentre il 20 maggio approveremo il documento congressuale. Abbiamo ascoltato migliaia di delegati descrivere la loro condizione. Come dice sempre Maurizio Landini la condizione sociale è sempre più difficile: la guerra che continua, le condizioni materiali delle persone con i problemi di lavoro, salario, inflazione. Il tema sociale emerge in tutta la sua crudezza assieme alla precarietà specie nei settori del turismo e del commercio che invece vengono descritti come senza lavoratori a causa del Reddito di cittadinanza o la poca voglia di lavorare dei giovani. Ecco, mentre l’Istat ci dice che a un bambino su 5 le famiglie non riescono ad assicurare i beni essenziali, attaccare il Reddito di cittadinanza è eticamente inaccettabile. Per tutti questi motivi torniamo in piazza.

Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della Cgil

Tornate in piazza del Popolo – il luogo della manifestazione per lo sciopero generale del 16 dicembre – in un momento di forte tensione confederale: la Cisl di Sbarra sembra avere imboccato la strada del Patto sociale con il governo Draghi a tutti i costi e sono già molti gli scioperi Cgil-Uil, ultimo dei quali quello importantissimo europeo contro Ryanair.
Siamo convinti che l’obiettivo dell’unità sindacale vada perseguito. Per questo cito i documenti unitari fatti sulla Delega fiscale e le pensioni. Spero che non ci siano più scioperi non unitari perché non è utile in questa fase. Dopo di che noi torniamo in piazza per dare voce ai nostri delegati per chiedere, come Cgil, pace, lavoro e diritti.

Mercoledì è stata definitivamente approvata dal Consiglio europeo la Direttiva sul salario minimo. Voi auspicate la via parlamentare o un accordo con il governo fra parti sociali?
Come ogni Direttiva deve essere recepita con una legge ma chiediamo che faccia seguito a un confronto con il governo. Siamo a favore della proposta del ministro Orlando: il salario minimo sia definito tramite il Trattamento economico complessivo fissati nei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni più rappresentative. Per definirle però in parallelo serve una legge sulla rappresentanza anche delle imprese.

Voi però siete contrati a fissare un pavimento comune a tutti i settori, un salario di dignità?
Noi diciamo che il valore di dignità lo fissano i contratti collettivi, anche con le loro differenze a seconda del settore. Il Trattamento economico complessivo è un valore che contine Tfr, tredicesima, ferie e altri diritti fondamentali per i lavoratori che di sicuro vanno al di sopra dei 9 euro proposti. Bisogna invece evitare che la fissazione di un valore unico sia controproducente per i contratti in essere.

Citava prima il XIX congresso della Cgil che si svolgerà a dicembre probabilmente a Rimini. Sono passati tre anni e mezzo dall’elezione a Bari di Maurizio Landini e di lei (e Vincenzo Colla, ora assessore in Emilia Romagna) a vice. Se li immaginava così? Le aspettative erano più alte.
Io non avrei mai immaginato che avremmo dovuto affrontare pandemia, guerra, assalto fascista alla Cgil. Sono stati anni straordinari, ma in negativo: nessun altro gruppo dirigente della Cgil ha dovuto gestire una situazione così difficile condensata in pochi anni. Io al congresso lascerò la segreteria confederale ma do un giudizio positivo del lavoro svolto, conscia che di certo se non ci fosse stato questo quadro la nostra prospettiva sarebbe stata ben diversa. Ma proprio da piazza del Popolo noi vogliamo rilanciare la nostra azione e non rinunciare a quell’idea di trasformazione della società e di ricostruzione di dignità e diritti nel lavoro che abbiamo delineato a Bari.